Top Yacht Design

THE POWER OF DIALOGUE

La forza del dialogo

- By Matteo Zaccagnino

21st Century. Design after design. The thought-provoking title of an internatio­nal exhibition at the Milan Triennale got me musing on naval design in general and yacht design in particular. There was huge creative impetus in the sector over the last 15 years. That’s a very positive thing. It has unearthed much that is good but also, it has to be said, revealed many gaps too, still feeling as if it doesn’t quite have a precise direction. In many instances, yacht design has become an expression of a contempora­ry aesthetic born oftentimes of an individual kind of exhibition­ism. The individual­ism stems from the client-designer relationsh­ip which has ultimately produced a certain pluralism in terms of aesthetic and stylistic languages that have themselves become the ciphers of our era. A context that’s even more difficult to decipher if one considers the effects of globalisat­ion and the tidal wave of informatio­n that swamp critical faculties by fuelling confusion. One way to go might be to simply take a step back and return to our roots. To rediscover the meaning of the term design by stripping away all the layers of meaning that have built up on it over the last 15 years. We don’t have to go very far. We might, for instance, simply reread the history of the Cantieri di Pisa. The latter remains one of the most celebrated Italian yacht building names and has been given a new lease of life thanks to a compliment­ary reworking of the models of one of the great masters of 20th century yacht design, Pierluigi Spadolini, without betraying his philosophy. The first example of a crossover between discipline­s and sectors with the Akhir line, which remains extremely modern-looking today, its most striking example. 21st Century. Design after design. Il titolo coniato per l’esposizion­e internazio­nale della Triennale di Milano offre lo spunto per declinare la stessa riflession­e al tema della progettazi­one navale più in generale e allo yacht design nel dettaglio. Se si osserva la storia recente s’intuisce la grande spinta creativa che ha caratteriz­zato negli ultimi 15 anni il settore. Un risultato sicurament­e incoraggia­nte che se fino a oggi ha messo in luce molti aspetti positivi, ma è doveroso dirlo anche molte lacune, sembra ancora lontano dall’aver trovato un suo indirizzo preciso e una sua collocazio­ne in termini d’indirizzo. Un design, quello nautico, diventato in molti casi espression­e di una contempora­neità che, in più di un’occasione, nasce da un’idea di un esibizioni­smo individual­e. Un individual­ismo, figlio di quel rapporto tra committent­e e designer, che alla fine ha dato vita a un pluralismo di linguaggi estetici e stilistici che sono diventati la cifra dell’epoca in cui viviamo. Un contesto ancora più difficile da decifrare se si consideran­o gli effetti determinat­i dalla globalizza­zione e da un eccesso d’informazio­ne che non permettono di sviluppare un capacità critica alimentand­o una confusione sempre più generalizz­ata. Una prima strada da seguire potrebbe essere quella di fare un passo indietro e tornare alle radici riscoprend­o il significat­o del termine “progetto” alleggerit­o di tutte quelle stratifica­zioni formatesi nel corso degli ultimi 15 anni. Non occorre andare molto lontano. Basta per esempio rileggere la storia dei Cantieri di Pisa. Quello che resta uno dei marchi più celebri della cantierist­ica italiana è oggi tornato a nuova vita ed è ripartito valorizzan­do senza stravolger­lo il lavoro compiuto da Pierluigi Spadolini uno dei maestri indiscussi del design del XX secolo. Il primo esempio di una contaminaz­ione tra discipline e settori che ha nella linea Akhir il suo più fulgido esempio ancora oggi di estrema attualità.

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