Top Yacht Design

L’arte si trasforma in design

Quando un artista si occupa di design i risultati non possono che essere eclatanti

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Achille Salvagni è un artista prestato al design. Bastano pochi minuti di chiacchier­e con lui per rendersene conto e per capire come mai i suoi ambienti riscuotano tanto successo nel mondo dello yachting, e non solo in quello. Romano, architetto, Salvagni è un amante del bello tout court, un grande appassiona­to di storia e un fine cultore del mondo del design, dei personaggi che lo hanno reso grande e della sua evoluzione.

Mantiene, più per carattere che per calcolo, un profilo schivo. Ciononosta­nte è diventato, nel giro di pochi anni, uno dei go-to name dello yachting mondiale. Merito sicurament­e delle sue innate doti artistiche e della sua interpreta­zione del design che, per lui, è qualcosa che lascia un messaggio indelebile nell’oggetto e condiziona l’esistenza delle persone. «L’espression­e artistica si può non curare della reazione che suscita nell’osservator­e, mentre quella tecnica si deve curare solo della funzione e può prescinder­e dall’estetica. Invece il design deve tener conto di entrambe le cose, condiziona sia l’utilizzo sia il piacere dei sensi e impatta sensibilme­nte nel nostro animo e nella qualità della nostra vita. Una bella responsabi­lità!», spiega.

Il segreto di Achille Salvagni è proprio in questa responsabi­lità che lui sente di avere nei confronti di chi vivrà le sue creazioni e nel suo approccio alla storia. Gli interni, per lui, sono veri e propri ritratti di chi li abita filtrati attraverso le sue visioni dell’arte e del design e basati su un principio

di identità più che di stile. E le sue visioni di arte e design non sono quelle che vanno per la maggiore in questo momento e che prevedono l’accostamen­to più o meno gradevole di elementi di interior design prodotti dalle grandi marche. Lui i mobili, gli arredi e i complement­i non li sceglie, li crea. «Quando ho cominciato ad avere clienti che chiedevano progetti autorevoli ho cercato di capire come operassero i grandi designer americani e ho intuito come il loro segreto fosse il circondars­i di oggetti unici. Per i loro progetti non attingevan­o al mercato dell’industrial design, ma si rivolgevan­o ad artisti per creare esperienze uniche», spiega Salvagni. «Ed è stato lì che ho scoperto quanto mi divertiva e mi gratificav­a creare elementi ad hoc che, inoltre, piacevano al cliente più di quelli proposti dal mondo dell’industrial design», conclude.

Sulle creazioni di Achille Salvagni si potrebbe scrivere un intero libro da tanto sono colte, affascinan­ti e uniche. Ma la loro bellezza è talmente intrinseca da colpire anche l’immaginari­o di chi non ha alcuna cultura in materia di design o di arte ed è per questo che piacciono a un pubblico eterogeneo formato dai grandi nomi dell’arte e della finanza così come dai proprietar­i di grandi megayacht o di yacht di serie. Merito dei mille richiami culturali che trasmetton­o senza mai dare la possibilit­à di afferrarne qualcuno. «Questo è uno dei giochi che preferisco», spiega, «codificare un ambiente in base a ciò che è e al luogo in cui si

trova, ma inserirci anche richiami diversi che, a seconda delle occasioni, possono spaziare dal design italiano degli Anni 40 o 50 a quello scandinavo, passando per citazioni coloniali o reminiscen­ze del Rinascimen­to o del Medioevo.», racconta Achille Salvagni, «Questo mi dà modo di creare ambienti estremamen­te intimi e così ricchi di flair e morbidezza da sembrare il frutto della maturità del committent­e e della sua storia».

Altro elemento fondamenta­le delle opere di Salvagni sono le patine, le finiture e le lavorazion­i antiche che, oltre a trasformar­le in oggetti itnriganti e affascinan­ti le rendono anche uniche. «Con il tempo, e in modo assolutame­nte casuale, ho intercetta­to una serie di artigiani romani votati da generazion­i al restauro di palazzi nobiliari, pezzi antichi e manutenzio­ni del Quirinale o del Vaticano.

Questa cosa mi ha fatto riflettere e ho pensato che fossero un valore da riscoprire. Sono andato a vedere quello che sapevano fare e poi ho creato degli oggetti intorno alla loro capacità», spiega l’architetto romano. «Le patine dei miei bronzi e dei miei legni, le gommalacch­e e le dorature sono le stesse che si usano per restaurare un mobile del 700 e sono fatte come si facevano allora. Sono sapienze antiche che ho riscoperto e messo al centro della mia arte in maniera contempora­nea», conclude. Queste stesse lavorazion­i sono usate da Salvagni anche per le sue opere in edizione limitata che espone nel suo atelier Londinese di Mayfair

o da Maison Gerard a New Yark e che lo hanno consacrato nell’Olimpo dei designer del terzo millennio, tanto che i suoi pezzi sono battuti nelle più prestigios­e case d’asta mondiali e raggiungon­o ormai quotazioni stellari.

Recentemen­te il nome di Salvagni è stato associato a quello di molti megayacht ma, anche se pochi lo sanno, la sua carriera nello yachting parte da lontano. Nel 2011 Salvagni è poi entrato nel mondo dei megayacht dalla porta principale disegnando gli interni di Numptia, un 70 metri di Rossinavi con esterni di Tommaso Spadolini. Uno scafo che, a modo suo, ha segnato la storia dei megayacht moderni. Poi, sempre con Rossinavi, è stata la volta di Aurora ed Endeavour II, rispettiva­mente un 49 e un 50 metri con esterni di Fulvio de Simoni e Enrico Gobbi.

Oggi Salvagni firma anche gli interni della linea Grande di Azimut che ha deciso di investire proprio nell’artidesign­er romano per rilanciare non tanto una gamma, ma l’idea stessa di barca di serie. Pochi lo sanno, ma Salvagni ha firmato anche gli interni per due Perini Navi mai costruiti. Ed è un peccato, perché il mondo della vela avrebbe davvero bisogno del suo genio creativo.

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