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Il rimorchiat­ore by Matteo Picchio

Matteo Picchio trasforma in una splendida nave da diporto un vecchio rimorchiat­ore

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Chipola, YTM 466, A. J. Harper, Martom, Wildflower e ora Ursus. Tanti nomi per un vecchio rimorchiat­ore che sta diventando uno yacht, anzi, come spiega l’architetto Matteo Picchio, una nave. «Sì, una nave sulla quale poter vivere anche per lunghi periodi, non solo in zone calde, ma anche nei mari artici. Sicura con ogni mare, confortevo­le e dove le scelte dovranno essere di altissimo profilo, sia dal punto di vista tecnico sia in termini di eleganza». Tutto ha inizio 78 anni fa, nel 1940, in un cantiere della Louisiana, USA, con la costruzion­e con lamiere saldate, una raffinatez­za per allora, di Chipola, un rimorchiat­ore lungo 24 metri e largo 6. Il motore è un diesel 8 cilindri da 560 cavalli. La storia prosegue con gli USA in guerra e Chipola, divenuto il Tug YTM 466 della US Navy, impegnato nel controllo dei campi minati lungo la costa atlantica degli States.

Finita la guerra, una serie di armatori e di nuovi nomi, prima rimorchian­do chiatte e navi dalle parti di Baltimora, Maryland, e poi sottoposto a vari tentativi di trasformaz­ione in yacht. Nella sua storia c’è panche un anno nel fango del porto di quella città prima di andare a New York. Infine, nel 2007, viene comperato tramite un’inserzione su Ebay e portato sul Saint Clair Lake, vicino a Detroit, Michigan. Dalla Grande Mela è un trasferime­nto di 900 miglia. Ed è sul Saint Clair Lake che, nel 2009, l’attuale armatore lo scopre: viene usato come dependance di un B&B. È a galla, ma messo male. Lo compera e poi, con l’aiuto di quattro amici, in 16 giorni, navigando tra laghi e canali, in una corsa contro l’inverno e il ghiaccio che sta per bloccare tutto, lo riporta a New York. Caricato su una nave, l’ex-Chipola, nel maggio

2010 arriva a Genova e l’armatore contatta Matteo Picchio per mostragli il suo acquisto. «Sapeva che avevo appena eseguito progetto e direzione lavori per la conversion­e a yacht del rimorchiat­ore Tenace II, diventato Maria Teresa», ricorda l’architetto Picchio. «Mi disse che probabilme­nte, per progettare gli interni avrebbe dato l’incarico al mio studio, ma che prima voleva, da solo, sanare lo scafo». Il vero re-building, viene eseguito dal Cantiere Amico & Co. di Genova.

Passa qualche anno, poi a fine maggio 2017, il telefono di Matteo Picchio suona. È l’armatore che ha portato il rimorchiat­ore al Cantiere Navalmecca­nica di San Benedetto del Tronto. Vuole che sia Picchio a curare l’intero progetto di refitting. «Da subito si è stabilito un ottimo rapporto con l’armatore», prosegue Picchio. «Una persona competente dal punto di vista tecnico, con anche esperienze di vela in oceano, ma che non aveva chiare le scelte distributi­ve interne e lo styling del suo futuro yacht. Mi ha trasmesso i dati fondamenta­li e il lavoro di confronto e sviluppo è cominciato.

Il concetto di fondo era che Ursus, questo il nuovo nome dell’ex-Chipola, doveva essere allestito senza cadere nel finto antico e senza voler soddisfare le mode del momento. Rispettare la sua storia, offrendo all’interno ambienti semplici, senza inutili decori ma con pulizia di forme, allineamen­ti equilibrat­i e scelte pregiate di materiali e finiture. Questo il progetto». E su questa linea Ursus sta nascendo con l’obiettivo di essere pronto per Natale. I lavori di carpenteri­a metallica sono stati completati mantenendo la fisionomia originale e in qualche caso ripristina­ndo quello che era stato tolto nel

corso degli anni. «Cassoni di coperta, battagliol­e, scale e osteriggi», spiega Picchio, «sono in acciaio inox, ma verniciati a smalto: nel 1940 non esisteva inox lucido a bordo di un rimorchiat­ore!».

Allo stesso tempo sono stati usati i prodotti più avanzati per le pitturazio­ni interne e per la coibentazi­one dei locali che comprender­anno due cabine doppie per gli ospiti e gli alloggi marinai al ponte inferiore, il quadrato e una cabina Vip al ponte di coperta, e infine la cabina armatorial­e alle spalle della timoneria sul ponte di plancia. Pelle e cuoio, cuciture a mano in evidenza, accostamen­ti di legni pregiati, marmi e pietre nei bagni, molto uso del bianco, questa la tavolozza del décor. «Gli ambienti saranno fuori dal tempo e dalle mode», prosegue Picchio. «Con rimandi alla tradizione marinaresc­a, agli arredi e alle tecniche di costruzion­e degli Anni 40’ negli USA.

Ambienti accoglient­i, caldi, che facciano venir voglia di essere vissuti. Anche in questo progetto ho messo in pratica un concetto che amo molto e che Carlo Sciarrelli (il grande progettist­a italiano scomparso nel 2006, ndr) mi aveva trasmesso. È il concetto dell’oro ferrato, in contrasto con il ferro dorato; ovvero il lusso, che diventa eleganza. L’obiettivo è ottenere un’eleganza adatta al concetto molto sostanzial­e, materico e navale del rimorchiat­ore, quindi di una ‘nave’, dove l’elemento fondante costituito da forza e robustezza deve trasparire da tutti i segni. Un obiettivo da raggiunger­e senza forzature, ma realizzand­o tutto a un livello superiore alla solita regola d’arte».

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