TRAVEL RISK
Come è noto, in Italia il quadro legislativo non dà possibilità alle imprese italiane di rivolgersi a consulenti privati nella fase del riscatto, al contrario di altri Paesi europei. Ciononostante, un’azienda che si trova in questa evenienza deve conf rontarsi con tutta una serie di problematiche, tutte piuttosto delicate, dal rapporto con la stampa a quello con i colleghi e i familiari no al dopo-riscatto.
Per approfondire l’argomento abbiamo chiesto aiuto a Mark Lowe, direttore di Oice (Operating in Complex Environments) e membro dell’advisory board di Pyramid Temi Group, azienda basata a Bologna che opera in tutto il mondo, specializzata in Travel Security e Corporate Intelligence. Mark è un esperto di sicurezza e in particolare di sequestri in diversi Paesi come Afghanistan, Iraq, Somalia, Yemen, Haiti, Filippine e Nigeria ed è anche molto familiare con diversi casi di italiani sequestrati all’estero.
Sul tema del sequestro, quali sono i rischi reali per i dipendenti e collaboratori di un’azienda?
Il rischio di sequestro per fortuna non è molto alto, ma esiste Nell’immaginario comune i soggetti a rischio – pensando a chi viaggia per lavoro – sono solo i dipendenti di aziende del settore Oil & Gas o chi svolge un’attività particolare come i giornalisti e gli inviati speciali, ma la realtà è ben diversa. Il business traveller è esposto al rischio sequestro ed è bene non dimenticarlo.
Tale fatto impone da parte delle aziende la consapevolezza del rischio, ma soprattutto l’adozione di particolari procedure preventive e un ‘piano’ da mettere in atto nel malaugurato caso in cui il sequestro avvenga davvero.
In quali Paesi il rischio di sequestro è maggiore?
Oltre a quelli in guerra, sono quei Paesi dove la presenza dello stato resta molto debole o dove esistono alti livelli di criminalità. Oggi tra i Paesi in cui il rischio cresce c’è il Messico, mentre la Nigeria resta sempre ad alto rischio, così come la Moldavia e la Russia pongono problemi.