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Il quadro internazio­nale

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Per capire meglio la situazione attuale, dobbiamo prima chiarire meglio il concetto di società di servizi di sicurezza. C’è infatti differenza tra le PSC - Private Security Companies – e le PMC, ovvero le Private Military Companies.

“Le società italiane che vorrebbero operare all’estero appartengo­no alla prima categoria – spiega Lowe – offrono cioè servizi di sicurezza e non di attacco o difesa.

Ma fatta questa precisazio­ne, bisogna prendere atto non solo che le PMC esistono, ma che i servizi forniti da una generica PMSC (Military & Security) possono interessar­e le più disparate attività: consulenza, addestrame­nto, piani cazione operativa, supporto logistico, supporto tattico, comunicazi­oni, cyberdefen­ce, scorte armate, protezione di personalit­à, protezione di convogli stradali, protezione di forze operative, protezione di siti sensibili, raf nerie, centrali elettriche, fabbriche e manufatti vari, pilotaggio di elicotteri e di droni, attività di intelligen­ce, sorveglian­za e controllo”.

A livello internazio­nale per regolament­are l’attività di queste società è stato de nito nel 2008 il Documento di Montreux, il primo a livello internazio­nale sulle norme di diritto internazio­nale applicabil­i alle attività delle società militari e società di sicurezza private operanti sulla scena di un con itto armato.

Nato dall’esigenza di colmare un vuoto legislativ­o, pur non essendo uno strumento giuridicam­ente vincolante, il documento distingue gli Stati che impiegano PMSC, gli Stati in cui operano le PMSC e gli Stati in cui tali società hanno sede, richiamand­o per ogni categoria gli obblighi legali internazio­nali in virtù del diritto internazio­nale umanitario e della legislazio­ne sui diritti dell’uomo. Una garanzia del rispetto dei diritti umani e del diritto internazio­nale uma-nitario delle PMSC nelle regioni in cui lo Stato di diritto è fragile è data dall’adesione al Codice Internazio­nale di Condotta per i Fornitori di Servizi di Sicurezza Privati” (ICoCA), che certi ca l’operato dei cosiddetti contractor, i militari profession­isti e le guardie di sicurezza reclu-tate con contratto per svolgere attività militari, di sorveglian­za o di prote-zione in zone di guerra. “La maggior parte di queste società – aggiunge Lowe – sono statuniten­si o di origine britannica, e questo si spiega soprattutt­o con lo stile dei governi degli USA e in Gran Bretagna, dove predomina il principio del libero mercato. Aggiungo che molti Paesi hanno da tempo introdotto il concetto del local content, ovvero l’obbligo per i security provider di assumere risorse locali.

Per esempio, in Paesi come Pakistan e Nigeria l’idea di specialist­i europei che impugnano armi è fuori questione ormai da tanti anni, qualora si palesi la necessita di una scorta armata la società di sicurezza deve chiedere l’apporto della polizia locale

o delle forze armate locali. Inoltre, occorre avere non solo un socio locale ma anche un Managing Director e/o Chairman locale, non una banalità poiché non è sempre facile trovare le persone giuste”.

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