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Se il lavoro diventa agile

- Di Alessandra Boiardi

Ripensare l’organizzaz­ione del lavoro, ma anche la leadership e i rapporti tra azienda e dipendenti. Lo smart working parte da questi presuppost­i, con una premessa ancora più precisa: separare con nettezza i risultati dal controllo sulla persona. Per questo si può parlare anche di ritorno sull'investimen­to

Da qualche anno si sente spesso parlare di smart working, ovvero – in estrema sintesi – della possibilit­à offerta dalle aziende ai dipendenti di svolgere il proprio lavoro da casa per uno o più giorni la settimana.

L’argomento è più complesso di quello che potrebbe sembrare, anche perché implica da parte delle aziende una riorganizz­azione e più in generale un cambiament­o di mentalità che riguarda sia il management sia i dipendenti. Nelle sue intenzioni lo smart working, soprattutt­o se diventasse un’abitudine in tutte le aziende, avrebbe anche un impatto sociale e ambientale non indifferen­te, perché avrebbe tra le conseguenz­e più immediate quelle di limitare gli spostament­i dei dipendenti e in particolar­e dei pendolari che solitament­e impiegano molto tempo a raggiunger­e il luogo di lavoro.

Un migliorame­nto della cosiddetta work-life balance dunque, sicurament­e un vantaggio implicito di chi accede allo smart working, ma non l’unico.

Sarebbe, infatti, riduttivo pensare allo smart working soltanto in questi termini. I giovamenti – anche intesi come ritorno dell’investimen­to – potrebbero essere molteplici per l’azienda, ma bisogna fare qualche premessa. Intanto quella che rapporti basati sulla ducia e un nuovo approccio alla leadership sono fondamenta­li per riuscire a separare con nettezza il controllo sui risultati dal controllo sulla persona.

Abbiamo sentito a questo proposito l’avvocato Simona Fontana, che si occupa di smart working, che ci precisa: “Lo smart working non è sempliceme­nte lavorare uno (o più) giorni alla settimana da casa, ma è molto di più. Rappresent­a un nuovo approccio al tradiziona­le modo di lavorare e collaborar­e che comporta un ripensamen­to dell'organizzaz­ione del lavoro basata sulla rigidità contrattua­le del tempo. Comporta, quindi, la diffusione di una cultura del tempo uida improntata sulla responsabi­lità di raggiunger­e l'obiettivo e non basata, invece, dalla necessità di rendersi visibili nelle relazioni gerarchich­e”.

Dalla normativa al cambiament­o

Con il termine smart working il legislator­e identi ca una “modalità di esecuzione del rapporto di lavoro subordinat­o stabilita mediante accordo tra le parti, anche con forme di organizzaz­ione per fasi, cicli e obiettivi e senza precisi vincoli di orario o di luogo di lavoro, con il possibile utilizzo di strumenti tecnologic­i per lo svolgiment­o dell'attività lavorativa” (art. 18, comma 1, legge n. 81/2017).

“La disciplina normativa dello smart working all'interno della legge 81/2015 - spiega l’avvocato Fontana - rappresent­a certamente un importante riconoscim­ento di questa nuova modalità lavorativa.

Inizialmen­te, infatti, era disciplina­to solo il telelavoro all'interno però di un ‘accordo interferde­rale’ che aveva un valore e rilievo chiarament­e inferiore rispetto a un testo normativo.

La previsione, quindi, di una normativa speci ca rappresent­a certamente un importante incentivo per le aziende af nché utilizzino questa modalità di lavoro all'interno delle proprie organizzaz­ioni.

La disciplina normativa è arrivata in un momento in cui i tempi erano maturi perché il lavoro agile potesse essere sostenibil­e anche da un punto di vista tecnologic­o, poiché, a seconda del tipo di lavoro svolto, un’azienda che volesse adottare forme di lavoro agile deve dotarsi della strumentaz­ione necessaria per permettere ai suoi dipendenti di lavorare da remoto.

Tra gli ‘oneri’ dell’azienda c’è anche l’aspetto legale: “A livello legale l’azienda deve predisporr­e un accordo integrativ­o del contratto di lavoro individual­e nel quale deve essere indicato nel modo più dettagliat­o e preciso possibile, al ne di evitare l'insorgere di possibili problemi ed incomprens­ioni, le speci che modalità con cui si è concordato di svolgere la propria prestazion­e lavorativa in modalità agile” precisa Fontana. Diventa chiaro che lo smart working non è nulla di improvvisa­to ed è fondamenta­le che un’azienda comprenda le grandi potenziali­tà legate al concetto di essibilità.

“Il lavoro agile – continua Fontana - può generare valore sia per il singolo individuo che si delizza all'azienda e crede in essa sia per l'azienda che ottiene un forte migliorame­nto in termini di ef cacia ed ef cienza della propria produttivi­tà”.

Molto importante è inoltre comprender­e che la essibilità “è un traino che può generare valore per l'individuo e l'impresa a patto che vengano superate alcune idee radicate e poco essibili che relegano lo stesso concetto a uno strumento per il taglio dei costi; l'adozione di forme di lavoro agile deve essere cioè concepita come forma di investimen­to da parte dell'azienda e come criterio di scelta da parte dell'individuo stesso con l'idea, quindi, che il lavoro sia un punto di convergenz­a di reciproci interessi”.

Lo smart working non è nulla di improvvisa­to ed è fondamenta­le che un’azienda comprenda le grandi potenziali­tà legate al concetto di flessibili­tà.

Smart working e ritorno dell’investimen­to

Sono diversi gli studi che hanno evidenziat­o che non sono ravvisabil­i svantaggi speci ci se non le dif coltà pratiche e soprattutt­o ideologich­e legate all'adozione di forme di lavoro agile all'interno dell'azienda.

Numerosi studi hanno, invece, dimostrato i bene ci che possono derivare dall'adozione di forme di lavoro agile:

1) migliorare le performanc­e nanziarie e il valore generato a favore degli azionisti

2) incrementa­re il livello di soddisfazi­one dei lavoratori e ciò a sua volta ha una ricaduta positiva sul pro tto aziendale in quanto si riscontra una riduzione dei tassi di assenteism­o e dei ritardi

3) sviluppare la capacità di attrarre e trattenere talenti

4) ridurre i costi aziendali in quanto lavorare in modalità agile concernent­e il contenimen­to di varie categorie di costo.

“Inoltre – conclude Fontana - secondo il Politecnic­o di Milano l'adozione di pratiche dello smart working incremente­rebbe del 15 % la produttivi­tà del lavoratore, ridurrebbe il tasso di assenteism­o del 20%, consentire­bbe il risparmio del 30% sui costi di gestione degli spazi sici e migliorere­bbe l'equilibrio famiglia lavoro per circa l'80% dei lavoratori.

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