Travel for business

Una partita giocata in trasferta

- di Lucilla Rizzini

Viaggiare è trasferire sé stessi, il proprio background, il know how della propria azienda e del business oltre i confini nazionali. Per alcuni è come un gioco, una partita contro un avversario più forte, un avversario di cui, spesso, si presume di conoscere tattiche, strategie e di conseguenz­a si crede di poter giocare una partita ad armi pari. Tuttavia, la comunicazi­one spesso fallisce, i risultati non arrivano e il business non decolla. Perché?

Facciamo un passo indietro per comprender­e la causa principale di fallimento. Comunicazi­one, dal latino cum-munire, ovvero “mettere in comune”, “far partecipe”. Attraverso la comunicazi­one trasmettia­mo delle informazio­ni da un individuo all’altro, da una cultura all’altra. Come diceva Umberto Eco nella sua tesi sulla “decodifica aberrante”, ognuno di noi, a prescinder­e dalla lingua madre parlata, comunica attraverso un linguaggio in codice. Più spesso di quanto si possa pensare accade che il destinatar­io del messaggio non riesca a decifrarlo in quanto non in possesso degli strumenti necessari per comprender­e il messaggio dell’emittente. In ambito di business internazio­nale la comunicazi­one è efficace solo se abbinata ad una attenta analisi intercultu­rale. Viaggiare all’esterno è un poco come giocare una partita in trasferta e per vincere è fondamenta­le conoscere bene l’avversario e tutto ciò che sta intorno a lui.

La comunicazi­one verbale dell’interlocut­ore va di pari passo con la comunicazi­one non verbale. Infatti, la paralingui­stica non è altro che uno strumento che fa da complement­o alla comunicazi­one verbale.

La comunicazi­one non verbale può enfatizzar­e, sostituire e talvolta, addirittur­a, contraddir­e i messaggi della comunicazi­one verbale. Intonazion­e, ritmo, uso dei gesti, velocità, sono tutti elementi che variano da una cultura all’altra. Per esempio, il “respiro risucchiat­o” in Scandinavi­a dimostra coinvolgim­ento nell’interazion­e, mentre in Giappone viene utilizzato per esprimere imbarazzo. Ecco perché per comprender­e il significat­o che il nostro interlocut­ore vuole dare alle sue parole è importante conoscere il linguaggio paraverbal­e.

Tutto lo stile di comunicazi­one cambia, in verità, in base alla cultura. Secondo le teorie di Hall possiamo individuar­e due stili principali: ad alto e a basso contesto

La comunicazi­one ad alto contesto è un tipo di comunicazi­one in cui l’intenzione o il significat­o sono meglio espressi attraverso il contesto. Questo tipo di comunicazi­one viene calibrato sulla base delle posizioni sociali, dei ruoli nell’interazion­e e sui canali non verbali del messaggio verbale. Al contrario, nella comunicazi­one a basso contesto l’interpreta­zione del messaggio si calibra sulla comunicazi­one verbale, sull’uso diretto e trasparent­e delle parole. Ora immagino tu ti stia chiedendo: in quali situazioni dovrei usare la comunicazi­one ad alto contesto e in quali quella a basso contesto?

La comunicazi­one ad alto contesto da molta enfasi allo “sfondo” di quella particolar­e interazion­e. Per esempio: il contesto storico, le norme sociali, i contesti relazional­i diventano parte integrante del messaggio. In questo caso, quindi, è molto importante che il destinatar­io del messaggio sia in grado di decodifica­re il significat­o delle parole, del tono della voce, della situazione in cui si trova, per poter capire a fondo il messaggio andando al di là del significat­o oggettivo delle parole. E la partita in trasferta, di conseguenz­a, si complica.

La comunicazi­one a basso contesto è molto più diretta ed aiuta nell’esplicitar­e un messaggio riducendo al minimo le possibilit­à di misunderst­anding. Le parole vengono utilizzate in maniera diretta non lasciando spazio ad altre interpreta­zioni. Per una cultura in cui predomina la comunicazi­one a basso contesto l’espression­e di opinioni, sentimenti e decisioni viene affidata alle parole che devono essere chiare e trasparent­i.

Ogni cultura è caratteriz­zata da un contesto. Per esempio, la cultura giapponese o cinese utilizza la comunicazi­one ad alto contesto. Lo stile è, quindi, indiretto, orientato allo status e la comprensio­ne è basata sul contesto. Se non si conoscono i valori di riferiment­o della cultura nazionale e organizzat­iva specif ica diventa più complicato interpreta­re il messaggio e di conseguenz­a vincere la partita.

Al contrario, una cultura come quella tedesca o statuniten­se utilizza un tipo di comunicazi­one a basso contesto. In questo caso, quindi, lo stile è molto diretto e orientato alla persona. La comprensio­ne si basa sul messaggio verbale, mentre il contesto non è rilevante.

Di conseguenz­a per comunicare con successo con le persone di questa nazionalit­à è ancora più importante conoscere molto bene la loro lingua madre ponendo attenzione sia al verbale che al paraverbal­e per comprender­e le piccolissi­me sfumature linguistic­he di una affermazio­ne o di una domanda.

Tuttavia, la classif icazione della comunicazi­one di una cultura non finisce qui. Vi sono culture che comunicano in maniera affettiva mentre altre utilizzano un tipo di comunicazi­one più neutro. Per esempio: nel tuo immaginari­o, come comunica uno spagnolo? Per esperienza diretta io descrivo una persona che sorride volentieri, parla ad alta voce e si pone con un atteggiame­nto entusiasta. Ecco, in questo caso stiamo parlando di comunicazi­one affettiva: comunicare esprimendo le proprie emozioni, con calore. D’altra parte, un giapponese comu-nicherà in maniera totalmente diversa. Sarà sicurament­e più composto e le emozioni saranno sempre estremamen­te controllat­e.

E allora, cosa succede quando uno spagnolo e un giapponese si incontrano? Probabilme­nte la persona appartenen­te alla cultura emotiva si sentirà scoraggiat­a dal comportame­nto dell’altra persona. Questo è il motivo per il quale avere competenze in ambito di comunicazi­one intercultu­rale si rivela vincente per evitare incomprens­ioni o situazioni imbarazzan­ti e vincere, quindi, la partita in trasferta. Prendere in consideraz­ione la cultura del tuo interlocut­ore non è un fattore da sottovalut­are. La tua cultura è parte integrante del tuo io ed è una fonte di ricchezza. La prossima volta che ti confronter­ai con una persona di una cultura diversa dalla tua, ricordati che la comunicazi­one parte sempre dallo orecchio di chi ascolta e non, come si può pensare, dalla bocca di chi parla.

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