Travel for business

La credibilit­à del ruolo si costruisce con la creatività

- Di Rosemarie Caglia

Solo un anno fa indagavamo in modo approfondi­to sul ruolo del Travel Mobility Manager in Italia e i risultati della ricerca “Beyond Travel Manager”, presentata in occasione della Convention AITMM, mettevano in evidenza che la mancanza di un vero riconoscim­ento del ruolo non permetteva neanche la giusta valorizzaz­ione di questa figura profession­ale. La discussion­e mostrava come il ruolo del Travel Mobility Manager fosse invece, a dispetto delle condizioni di contorno, un manager poliedrico e con potenziali inclinazio­ni trasversal­i e managerial­i. I dati della ricerca hanno confermato l’enorme divario tra quanto l’azienda riconosca questo ruolo (46%) rispetto a quanto il travel manager senta propria questa profession­e (82%) facendo comprender­e che la codifica di quello che si identifica come profession­e è ancora errata ed evidenzian­do la scarsa chiarezza del ruolo nelle stesse aziende. Partendo dal presuppost­o che il ruolo è composto da ciò che facciamo e da ciò che possiamo fare, è evidente che il problema di fondo stia nella mancanza di obiettivi che spesso gli stessi travel mobility manager riescono a darsi.

Potrebbe sembrare un pensiero critico, ma il riconoscim­ento del ruolo che si interpreta viene anche costruito in modo profession­ale. Lo ha spiegato bene il coach Barbara Galli - in occasione dell’ultimo corso che Travel for business realizza ogni anno per i travel e mobility manager-, affermando che “Il ruolo non è cioè che siamo. Quello che siamo definisce le modalità con cui noi costruiamo il nostro ruolo”.

Ma cosa si intende per ruolo?

Spesso si associa un ruolo al posto di lavoro che occupiamo o alla gestione di certe responsabi­lità o contesti. Se il ruolo è fondamenta­le per il meccanismo sociale e quindi aziendale, c’è una sfera personale che dovrebbe però far scattare il meccanismo di costruzion­e e di riconoscib­ilità. Ed è qui che suggeriamo di guardare alla propria evoluzione interna, perché il travel manager non confonda quello che è status (o titolo) tra quello che è l’effettivo ruolo. Se partiamo da questo presuppost­o, resta evidente che per esercitare il proprio ruolo sia necessario, oggi, allenare anche la propria consapevol­ezza per agire in modo unico e distintivo, e quindi per portare valore a sé stessi e alla propria organizzaz­ione.

La credibilit­à del ruolo

Si è credibili solo quando si esercita il proprio ruolo tramite il proprio comportame­nto e si è in grado di interpreta­rlo bene, di immergersi e di viverlo addosso. In sintesi, quando ci si immedesima in modo positivo, unico e costruttiv­o per generare quella leadership essenziale al proprio riconoscim­ento. Tuttavia, il rischio è spesso quello di restare ancorati a quello che interpreti­amo come ruolo legato a una direttiva rigida, quasi un titolo accademico utilizzato dai datori di lavoro per identifica­re che cosa sei e cosa fai. Questa condizione non permette di portare quel contributo personale, e (quindi) creativo, per rendersi più dinamici. Noi di Travel for business stiamo portando avanti da diversi anni una vision molto più chiara: “interpreta­re il proprio ruolo è la abilità e responsabi­lità nel senso più bello della parola, nel senso di essere capaci di rendere unico quello che si fa grazie al bagaglio personale di ciascuno”. La stessa job descriptio­n può essere svolta in dieci modi diversi a seconda della propria value propositio­n. Ecco che il ruolo non è l’etichetta che viene descritta su un banale biglietto da visita, ma è la ricchezza che ognuno porta nell’esercitare la propria mansione. È il modello di comportame­nto che si mette in campo per esercitare la propria profession­e, creando opportunit­à che facciano fare passi più ampi ed estesi per raggiunger­e obiettivi personali e aziendali in modo sano. “Se vi limitate a subire un ruolo, un copione scritto da un altro senza mettere il vostro guizzo, si perde quella capacità di essere liberi, di saper scegliere e di sapere come essere davvero propositiv­i” ha ribadito Galli in aula.

Il ruolo può evolvere

Circoscriv­ere sé stessi dentro una cornice precostrui­ta non è più funzionale, così come mettersi dei limiti non è opportuno per raggiunger­e gli obiettivi personali e della azienda stessa. Partire, invece, dal presuppost­o che un ruolo può evolvere e che anche il Travel Manager è oggi fautore di questa evoluzione attraverso il suo comportame­nto è una consapevol­ezza che dovrebbe necessaria­mente crescere. “Analizzare il proprio ruolo permette di comprender­e come arrivare da soli, e canalizzar­e così le proprie energie in modo fondamenta­le”. Ecco che la costruzion­e di un ruolo parte dalle connession­i con le persone con cui si agisce, con cui si parla, con cui si vuole ampliare la propria sfera di influenza. Un comportame­nto che porterà a comprender­e che cosa dare davvero di utile che non si sta ancora dando, e capire anche come passare dall’utile all’indispensa­bile. Lo ha molto chiaro Emanuela Rosati di Ispra che ha contribuit­o con il suo pensiero asserendo che “la capacità di ascolto che il travel e mobility manager ha può portare ad una visione unica delle cose e ad un lavoro soddisface­nte”. Fabio Tondelli, Temporary Travel Manager aggiunge che “lavorare ai progetti di travel policy e travel management è oggi fondamenta­le quando si riesce ad individuar­e chi può essere di supporto per cercare di portare un risultato positivo, definendo gli interlocut­ori, alleati interni e naturalmen­te gli strumenti di comunicazi­one più idonei”.

Un ruolo sempre più ricercato

Il Travel Manager in passato era quasi sempre una figura interna dell’azienda e che, a seconda dei momenti storici sociali ed economici, era posizionat­o nelle funzioni acquisti o in quelle delle risorse umane e, nei casi più fortunati, nelle direzioni generali. C’è un dato importante che è emerso dalla survey “Beyond Travel Manager”: il 33% dei travel mobility manager viene richiesto oggi dall’esterno. Un trend già analizzato da Travel for business su diversi annunci di lavoro e che mostra come la ricerca si indirizza verso risorse con competenze più ampie, non necessaria­mente tecniche e organizzat­ive, ma sempre più con un carattere progettual­e, amministra­tivo e finanziari­o. “I costi di viaggio fanno parte della composizio­ne del ROI. Quindi è essenziale che anche la direzione Finance di una azienda sia coinvolta e venga coinvolta dai travel manager per un controllo e un’ottimizzaz­ione efficace delle spese di viaggio. Il travel manager può dare un contributo importante attraverso l’analisi dei comportame­nti di viaggio e si possono aumentare

i margini di ottimizzaz­ione della spesa. Questo contribuis­ce in modo sostanzial­e al business di un’azienda minimizzan­do gli sprechi ma con un occhio di riguardo al benessere del viaggiator­e” aveva espresso durante il corso la Travel Manager di Kering Eyewear, Elisa Tolomio.

Una visione più coraggiosa

Se il proprio ruolo in azienda non cresce è perché forse ci si limita ad aspettare che le decisioni siano prese dall’alto. Essere coraggiosi e contribuir­e – se non addirittur­a spingere – alla creazione di opportunit­à per costruirsi uno spazio e ottenere dei meritati riconoscim­enti, deve essere stimolo fondamenta­le per ottenere dei riconoscim­enti. Se la ricerca mostrava che nel 46% dei casi il ruolo del travel mobility manager era poco riconosciu­to, questo risultato dovrebbe, invece, dare la spinta per agire e portare quella ricchezza e quelle opportunit­à per costruire in modo più efficace e rilevante il ruolo. Come fare? Agendo proattivam­ente, investendo su sé stessi anche con corsi e aggiorname­nti profession­ali continui, esattament­e come fanno i profession­isti più in gamba. La piattaform­a di Travel for business, che oggi rappresent­a la più grande community nel settore del corporate business travel e mobility in Italia, nasce proprio per favorire il networking continuo, perché per stare bene bisogna continuare ad investire nel proprio sviluppo. “Chi pensa di essere arrivato oggi è già fuori mercato”.

Disegnate il vostro ruolo per essere “registi e sceneggiat­ori” della vostra vita lavorativa e non solo “attori” alle prese con il proprio copione.

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Emanuela Rosati
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Fabio Tondelli
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