La credibilità del ruolo si costruisce con la creatività
Solo un anno fa indagavamo in modo approfondito sul ruolo del Travel Mobility Manager in Italia e i risultati della ricerca “Beyond Travel Manager”, presentata in occasione della Convention AITMM, mettevano in evidenza che la mancanza di un vero riconoscimento del ruolo non permetteva neanche la giusta valorizzazione di questa figura professionale. La discussione mostrava come il ruolo del Travel Mobility Manager fosse invece, a dispetto delle condizioni di contorno, un manager poliedrico e con potenziali inclinazioni trasversali e manageriali. I dati della ricerca hanno confermato l’enorme divario tra quanto l’azienda riconosca questo ruolo (46%) rispetto a quanto il travel manager senta propria questa professione (82%) facendo comprendere che la codifica di quello che si identifica come professione è ancora errata ed evidenziando la scarsa chiarezza del ruolo nelle stesse aziende. Partendo dal presupposto che il ruolo è composto da ciò che facciamo e da ciò che possiamo fare, è evidente che il problema di fondo stia nella mancanza di obiettivi che spesso gli stessi travel mobility manager riescono a darsi.
Potrebbe sembrare un pensiero critico, ma il riconoscimento del ruolo che si interpreta viene anche costruito in modo professionale. Lo ha spiegato bene il coach Barbara Galli - in occasione dell’ultimo corso che Travel for business realizza ogni anno per i travel e mobility manager-, affermando che “Il ruolo non è cioè che siamo. Quello che siamo definisce le modalità con cui noi costruiamo il nostro ruolo”.
Ma cosa si intende per ruolo?
Spesso si associa un ruolo al posto di lavoro che occupiamo o alla gestione di certe responsabilità o contesti. Se il ruolo è fondamentale per il meccanismo sociale e quindi aziendale, c’è una sfera personale che dovrebbe però far scattare il meccanismo di costruzione e di riconoscibilità. Ed è qui che suggeriamo di guardare alla propria evoluzione interna, perché il travel manager non confonda quello che è status (o titolo) tra quello che è l’effettivo ruolo. Se partiamo da questo presupposto, resta evidente che per esercitare il proprio ruolo sia necessario, oggi, allenare anche la propria consapevolezza per agire in modo unico e distintivo, e quindi per portare valore a sé stessi e alla propria organizzazione.
La credibilità del ruolo
Si è credibili solo quando si esercita il proprio ruolo tramite il proprio comportamento e si è in grado di interpretarlo bene, di immergersi e di viverlo addosso. In sintesi, quando ci si immedesima in modo positivo, unico e costruttivo per generare quella leadership essenziale al proprio riconoscimento. Tuttavia, il rischio è spesso quello di restare ancorati a quello che interpretiamo come ruolo legato a una direttiva rigida, quasi un titolo accademico utilizzato dai datori di lavoro per identificare che cosa sei e cosa fai. Questa condizione non permette di portare quel contributo personale, e (quindi) creativo, per rendersi più dinamici. Noi di Travel for business stiamo portando avanti da diversi anni una vision molto più chiara: “interpretare il proprio ruolo è la abilità e responsabilità nel senso più bello della parola, nel senso di essere capaci di rendere unico quello che si fa grazie al bagaglio personale di ciascuno”. La stessa job description può essere svolta in dieci modi diversi a seconda della propria value proposition. Ecco che il ruolo non è l’etichetta che viene descritta su un banale biglietto da visita, ma è la ricchezza che ognuno porta nell’esercitare la propria mansione. È il modello di comportamento che si mette in campo per esercitare la propria professione, creando opportunità che facciano fare passi più ampi ed estesi per raggiungere obiettivi personali e aziendali in modo sano. “Se vi limitate a subire un ruolo, un copione scritto da un altro senza mettere il vostro guizzo, si perde quella capacità di essere liberi, di saper scegliere e di sapere come essere davvero propositivi” ha ribadito Galli in aula.
Il ruolo può evolvere
Circoscrivere sé stessi dentro una cornice precostruita non è più funzionale, così come mettersi dei limiti non è opportuno per raggiungere gli obiettivi personali e della azienda stessa. Partire, invece, dal presupposto che un ruolo può evolvere e che anche il Travel Manager è oggi fautore di questa evoluzione attraverso il suo comportamento è una consapevolezza che dovrebbe necessariamente crescere. “Analizzare il proprio ruolo permette di comprendere come arrivare da soli, e canalizzare così le proprie energie in modo fondamentale”. Ecco che la costruzione di un ruolo parte dalle connessioni con le persone con cui si agisce, con cui si parla, con cui si vuole ampliare la propria sfera di influenza. Un comportamento che porterà a comprendere che cosa dare davvero di utile che non si sta ancora dando, e capire anche come passare dall’utile all’indispensabile. Lo ha molto chiaro Emanuela Rosati di Ispra che ha contribuito con il suo pensiero asserendo che “la capacità di ascolto che il travel e mobility manager ha può portare ad una visione unica delle cose e ad un lavoro soddisfacente”. Fabio Tondelli, Temporary Travel Manager aggiunge che “lavorare ai progetti di travel policy e travel management è oggi fondamentale quando si riesce ad individuare chi può essere di supporto per cercare di portare un risultato positivo, definendo gli interlocutori, alleati interni e naturalmente gli strumenti di comunicazione più idonei”.
Un ruolo sempre più ricercato
Il Travel Manager in passato era quasi sempre una figura interna dell’azienda e che, a seconda dei momenti storici sociali ed economici, era posizionato nelle funzioni acquisti o in quelle delle risorse umane e, nei casi più fortunati, nelle direzioni generali. C’è un dato importante che è emerso dalla survey “Beyond Travel Manager”: il 33% dei travel mobility manager viene richiesto oggi dall’esterno. Un trend già analizzato da Travel for business su diversi annunci di lavoro e che mostra come la ricerca si indirizza verso risorse con competenze più ampie, non necessariamente tecniche e organizzative, ma sempre più con un carattere progettuale, amministrativo e finanziario. “I costi di viaggio fanno parte della composizione del ROI. Quindi è essenziale che anche la direzione Finance di una azienda sia coinvolta e venga coinvolta dai travel manager per un controllo e un’ottimizzazione efficace delle spese di viaggio. Il travel manager può dare un contributo importante attraverso l’analisi dei comportamenti di viaggio e si possono aumentare
i margini di ottimizzazione della spesa. Questo contribuisce in modo sostanziale al business di un’azienda minimizzando gli sprechi ma con un occhio di riguardo al benessere del viaggiatore” aveva espresso durante il corso la Travel Manager di Kering Eyewear, Elisa Tolomio.
Una visione più coraggiosa
Se il proprio ruolo in azienda non cresce è perché forse ci si limita ad aspettare che le decisioni siano prese dall’alto. Essere coraggiosi e contribuire – se non addirittura spingere – alla creazione di opportunità per costruirsi uno spazio e ottenere dei meritati riconoscimenti, deve essere stimolo fondamentale per ottenere dei riconoscimenti. Se la ricerca mostrava che nel 46% dei casi il ruolo del travel mobility manager era poco riconosciuto, questo risultato dovrebbe, invece, dare la spinta per agire e portare quella ricchezza e quelle opportunità per costruire in modo più efficace e rilevante il ruolo. Come fare? Agendo proattivamente, investendo su sé stessi anche con corsi e aggiornamenti professionali continui, esattamente come fanno i professionisti più in gamba. La piattaforma di Travel for business, che oggi rappresenta la più grande community nel settore del corporate business travel e mobility in Italia, nasce proprio per favorire il networking continuo, perché per stare bene bisogna continuare ad investire nel proprio sviluppo. “Chi pensa di essere arrivato oggi è già fuori mercato”.
Disegnate il vostro ruolo per essere “registi e sceneggiatori” della vostra vita lavorativa e non solo “attori” alle prese con il proprio copione.