TMC e smart working: quali soluzioni possibili?
Come le Travel Management Company hanno gestito il lavoro da remoto da inizio pandemia? Quali sono state le scelte per continuare il lavoro dei team e la relazione con i clienti? E come lo smart working si si prospetta nel futuro? Ecco come si raccontano
Il lavoro da remoto ha modificato i ritmi e l’organizzazione di aziende, dipendenti e collaboratori. In poche parole, ha stravolto le nostre abitudini, ma ha anche dato modo a molte aziende di riconsiderare operatività e spazi, tanto che qualcuno ha persino paragonato il suo impatto a quello che ha avuto Internet sulle nostre vite. Durante la pandemia, anche le Travel Management Company hanno dovuto fare i conti con la flessibilità imposta dal lockdown prima e anche in seguito dalle strette misure di sicurezza per prevenire il contagio da Covid-19. In alcuni casi lo smart working faceva già parte del modello organizzativo aziendale, in altri casi la riorganizzazione è stata implementata in maniera rapida. Altre realtà ancora invece lo hanno praticato poco o hanno trovato altre soluzioni.
Per tutte, le maggiori sfide di questo periodo sono state garantire continuità ai flussi di lavoro, mantenere vivo ed efficiente la relazione coi clienti e la collaborazione tra i dipendenti, come ci hanno raccontato alcune agenzie.
Riorganizzazione e collaborazione
Prima della pandemia, lo smart working in Cisalpina Tours, la Travel Management Company parte del Gruppo Bluvacanze, era una modalità autorizzata e riservata ad alcune figure commerciali, ma non era mai stata adottata in modo strutturale.
Con la pandemia, il lavoro agile ha invece coinvolto quasi il 100% del personale dipendente che normalmente operava in ufficio. La decisione è stata necessaria per proteggere la salute degli oltre 400 dipendenti e, allo stesso tempo, garantire la prosecuzione delle attività lavorative della TMC, soprattutto in una situazione di difficoltà iniziale della pandemia dove sono state assistite oltre 10mila persone (dato che comprende leisure e bt) che dovevano rientrare in Italia. “I flussi di lavoro si sono parzialmente adattati a una modalità più flessibile e questo è molto positivo”. A spiegarcelo è Gabriele Querelante, HR Director Gruppo Bluvacanze. “Il personale si è dovuto necessariamente adattare a modalità diverse di lavoro: la perdita di contatto con i colleghi è un fattore molto significativo che ha necessariamente diminuito la comunicazione tra il personale. Inoltre, molto spesso, si distribuiscono le ore di lavoro in modo diverso nell’arco della giornata, lavorando in alcuni casi la sera e limitando le ore di attività durante il giorno
quando ci sono impegni familiari o figli in DAD. Pur in questo scenario di fluidità del lavoro, per mantenere l’assistenza H24 per i nostri viaggiatori abbiamo comunque mantenuto una turnazione obbligatoria anche se in misura inferiore all’ ante-covid”.
Un altro fattore che ha inciso soprattutto nella fase iniziale della pandemia è stato quello informatico. “In pochissimo tempo abbiamo dovuto essere pronti per tutto il nostro personale configurando i computer e garantendo l’assistenza necessaria affinché tutta la struttura che prima lavorava da sede fosse operativa da remoto. Inoltre, ci sono stati dei programmi di formazione dedicati all’utilizzo di nuove tecnologie, abbiamo call e meeting via web quotidiani ed è prevista una formazione per il top management di supporto alla gestione di queste nuove forme organizzative” ha spiegato Querelante.
Il fatto che gran parte di clienti siano anch’essi in smart working ha facilitato la comunicazione e in molti casi in situazioni come queste si crea empatia tra le persone. “Tra i dipendenti il clima è sempre stato coeso e collaborativo e questo ha permesso di mantenere una buona comunicazione anche rimanendo in smart working. In prospettiva questa modalità di lavoro potrebbe diventare limitativa per un adeguato flusso di informazioni in quanto, come ho già detto, la mancanza di confronto quotidiano con i colleghi porta a un minor dialogo e non agevola la comunicazione. Superata la pandemia ne valuteremo comunque le l’opportunità e ne delineeremo nel dettaglio le modalità, perché sappiamo rappresentare per alcuni colleghi un’opportunità per migliorare la propria qualità della vita” ha concluso Querelante.
Smart working come modello organizzativo
A inizio 2019 BCD Travel ha dato il via a un progetto pilota per l’italia basato sul modello del telelavoro, che aveva l’obiettivo di valutare l’estensione, a più fasce di dipendenti aziendali, della modalità organizzativa già presente su specifici e limitati ruoli, in allineamento con l’approccio BCD Travel a livello globale. Il successo del progetto aveva già dato luogo a una timeline di sviluppo e implementazione più vasta, che l’emergenza Covid-19 ha poi accelerato in modo intensivo.
“La transizione che, grazie ad analisi motivazionali e costi-benefici, abbiamo visto essere non solo possibile ma anche auspicabile e vantaggiosa per il no- stro modello di business, ora è pienamente in corso e sta finalizzando e dando struttura a quanto messo in campo in emergenza” ci ha raccontato Davide Rosi, CEO & Managing Director BCD Travel Italy. Al centro del modello organizzativo di BCD Travel ci sono tre principali vantaggi: il benessere personale e l’equilibrio casa-lavoro del dipendente, i benefici per la comunità e le opportunità per l’azienda
“Tutti i dipendenti hanno un’organizzazione del lavoro principalmente virtuale, identificando una
sede di lavoro (tipicamente l’abitazione) dalla quale lavorare in remoto, che si andrà a integrare (non appena la situazione Covid lo permetterà) con incontri in presenza periodici e in base alle esigenze a tutti i livelli (quindi one-to-one, di team, interfunzionali per progetto e con i clienti e i partner). Gli uffici fisici restano punto di incontro essenziale, ma vengono ridisegnati in base alle esigenze che il nuovo modello fa emergere. Spazi multifunzionali, postazioni plug & play, logiche di sharing: tutto questo è supportato da un’infrastruttura digitale potenziata, che va a favorire ogni tipo di contatto e condivisione del knowhow, anche quando da remoto” ha precisato Rosi. Ora tutto il processo è sotto osservazione: “L’ascolto e il lavoro sull’engagement delle persone sono punti centrali nel nostro piano di azione dei prossimi mesi. La prima fase di passaggio – che possiamo definire anche “emergenziale” – nelle difficoltà del periodo, ha dato al management motivo di orgoglio per le risposte proattive delle proprie persone. La prova del nove sarà quindi a medio-lungo termine, ma in questo momento, a fronte delle difficoltà e degli stravolgimenti dovuti alla pandemia, il feedback di adattamento è stato positivo. La sfida che affrontiamo con fiducia è accompagnare ciascuno nel trovare equilibrio e opportunità nella nuova fisiologia, dando valore (ancor meglio e più di prima) al team building che parte da forti investimenti sulle nuove dinamiche di socializzazione. La relazione non sparisce, anzi, acquista valore e vuole trarre il meglio da ogni sua declinazione”.
La comunicazione interna resta l’investimento più forte su cui puntare nel periodo. “Migliorarne tutti i fronti e l’efficacia complessiva fa la differenza nella transizione. Abbiamo organizzato e organizzeremo di nuovo entro l’anno townhall virtuali che ci hanno visto tutti in contemporanea parlare e discutere di problemi e delineare insieme i prossimi passi. I piani di formazione sugli strumenti si sviluppano fortemente on-the- job, forti anche del ritmo meno frenetico che dà opportunità e spazi che nell’ordinario è più difficile ritagliare. E che restano nel tempo a disposizione anche per approfondimento asincrono grazie alla semplicità di gestione degli stessi nuovi strumenti. Anche lato global l’integrazione dei flussi di comunicazione è sempre più stretta: così, progetti quali Be You at BCD sui temi della diversità e dell’inclusione
ci aiutano a non perdere vicinanza anche valoriale, nel periodo in sé e nella transizione in particolare” ha continuato Rosi.
Nel lavoro da remoto e in mezzo a tutti questi cambiamenti, una cosa di certo non è cambiata, ovvero l’impegno verso clienti, Travel Program e viaggiatori. “Grazie alla forza del digitale, al commitment delle nostre persone e agli immutati standard di sicurezza e compliance, non c’è stata soluzione di continuità nel servizio e, anzi, abbiamo migliorato flessibilità e solidità del nostro contingency plan che ora ha dalla sua la forza di una rete diffusa e capillare. I momenti di incontro e di relazione con i nostri clienti sono centrali e restano tali: l’organizzazione ibrida e la presenza di uffici fisici ridisegnati danno anche nuovo slancio in questo senso per quando si tornerà alla normalità nell’incontro. Le relazioni tra dipendenti non sono cambiate e la solidarietà e la coesione nelle difficoltà del periodo sono sempre vive. L’inserimento di nuove risorse quando torneremo a regime, la creazione di nuovi legami e il rafforzamento delle relazioni esistenti fanno parte di quella linea di investimento, sia valoriale che di energie e risorse, al quale puntiamo a dar sviluppo in coerenza e a crescere da qui in poi” ha concluso Rosi.
Lavoro da remoto al minimo per favorire le relazioni
Nonostante il duro colpo inflitto al comparto turistico dalla pandemia, Bizaway ha continuato a crescere anche nell’ultimo anno, assumendo 19 persone e portando il team a contare più di 60 persone (1/3 delle quali dunque assunte proprio nel 2020). Il lavoro è organizzato su quattro uffici, due in Italia e due in Spagna. Fatta eccezione per i periodi di lockdown, in cui le disposizioni di legge imponevano il lavoro da remoto, la società ha incentivato il ritorno negli uffici, naturalmente nel pieno rispetto delle misure di sicurezza. “Non siamo contrari allo smart working (quello vero) e, anzi, utilizziamo e promuoviamo l’uso di strumenti di lavoro agile, sia per la comunicazione interna tra dipendenti sia per interfacciarci con i nostri clienti e stakeholder” ci ha spiegato Giovanni Bernardi Business Development manager di Bizaway. “Abbiamo adottato la maggior parte di queste metodologie molto prima del 2020, non per una scelta imposta ma perché crediamo fortemente nella digitalizzazione che, oltretutto, è un aspetto insito nel business stesso di Bizaway. La scelta di limitare al minimo il lavoro da remoto è stata dettata dalla volontà di preservare quello che per
noi è un aspetto fondamentale, vale a dire le relazioni interpersonali tra i componenti del nostro team. Crediamo che quando due o più persone si riuniscono nello stesso luogo per lavorare a un obiettivo comune, è in questo momento che si accende un fuoco e accade la magia che permette di lavorare al meglio”. Bizaway si muove da questo punto di vista su una formula ibrida che permette ai dipendenti di lavorare da casa uno o due giorni a settimana. “In tutta onestà, tenendo conto anche degli effetti negativi del lavoro da remoto applicato al 100% come burnout, maggior numero di ore lavorate, distacco emotivo, credo che questa sia la formula vincente e più rispondente alle reali esigenze dei lavoratori” ha precisato Bernardi. Uffici molto spaziosi e la scelta di utilizzare spazi di coworking ha permesso di rispettare le distanze di sicurezza e le misure anti-contagio.
“Quello che sicuramente ci sta mancando di più è la possibilità di ritrovarci tutti insieme per festeggiare i successi (e ragionare sugli insuccessi), ma siamo convinti che, appena sarà possibile, la birra che ci berremo insieme, in presenza, avrà un sapore ancora più buono. Anche se l’aspetto più difficile per noi è sicuramente dato dall’impossibilità di viaggiare, che si ripercuote anche sul nostro stesso lavoro: il Business Travel è nel nostro DNA e non poter partecipare a eventi, fiere e riunioni in presenza con i nostri partner continua a rendere i flussi di lavoro più difficoltosi. Nonostante ciò, nell’ultimo anno, siamo riusciti a mantenere un rapporto fluido con tutti i nostri clienti: il nostro team di Business Travel Experts, che fornisce assistenza al cliente, ha fatto un lavoro instancabile per dare supporto alle aziende e soprattutto ai viaggiatori, specie durante i momenti iniziali della pandemia, che sono stati sicuramente i più duri e fatti di rimpatri, cambi e cancellazioni in una condizione di continua emergenza e totale incertezza. Tale situazione ci ha spronato anche a stringere relazioni ancora più forti con i nostri partner per trovare le soluzioni migliori per i nostri clienti e fornire loro un’assistenza sempre aggiornata. D’altronde, se gli amici si vedono nel momento del bisogno, perché non dovrebbe valere lo stesso tra aziende che collaborano?” ha concluso Bernardi.