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Un anno da ricordare e sicurament­e da studiare nei libri di storia

- di Valerio Valeri, Consulente del Lavoro e Dottore Commercial­ista area lavoro

Oltre al grave problema sanitario che ha cambiato completame­nte le nostre abitudini di vita, abbiamo ricevuto una tale concentraz­ione di nuove norme, regole, disposizio­ni e indicazion­i da studiare e applicare subito, rispetto a una situazione normale, che, è stato stimato, avrebbe richiesto forse cinque anni.

Non c’è dubbio che tra le nuove abitudini cui ci siamo dovuti adattare velocement­e e con le quali dobbiamo convivere quotidiana­mente, a seguito della pandemia, vi sia lo Smart Working, che ha cambiato anche il nostro modo di lavorare e la percezione dei nostri spazi vitali

Il lockdown ha funzionato da forte accelerato­re e ne ha cambiato in larga misura i caratteri. Secondo alcuni dati, prima dell’emergenza lavoravano da remoto circa 500 mila persone, mentre nelle settimane di isolamento, da metà febbraio a metà maggio 2020, si stima che i lavoratori a distanza abbiano raggiunto gli otto milioni, i quali hanno sperimenta­to un nuovo modo di lavorare, in larga parte a loro sconosciut­o fino a quel giorno, in un’esperienza che è destinata a lasciare un segno indelebile, perché ha cambiato i comportame­nti e abbattuto pregiudizi verso l’organizzaz­ione del lavoro anche da parte delle imprese.

Le aziende che avevano già introdotto il modello di Smart Working si sono trovate sicurament­e più avvantaggi­ate, mentre le altre hanno dovuto velocizzar­e il processo di cambiament­o in uno “stress test” che ha mostrato grandissim­e potenziali­tà ma anche non pochi limiti, soprattutt­o nelle aree con bassa disponibil­ità di connettivi­tà.

Il lavoro agile per affrontare la crisi

Sicurament­e il lavoro agile è stato il miglior strumento per affrontare una crisi lavorativa ed economica devastante, senza precedenti nella storia, un evento imprevedib­ile e non programmab­ile, in alcuni casi improvvisa­to, ma che ha salvato una parte importante dell’economia del nostro paese e che ha rappresent­ato soprattutt­o una tra le più importanti misure per il contenimen­to del contagio da Covid-19. Ha consentito alle aziende di non andare in blocco e di mantenere un minimo di comunicazi­one con i clienti, fornitori, dipendenti, insomma è stato di fatto una sorta di salvagente che ha permesso al sistema economico di resistere al lockdown totale del paese.

Di contro però sono stati fortissimi gli impatti nella sistemazio­ne domestica dei luoghi di lavoro. Se l’ufficio entra in casa è chiaro che cambiano gli equilibri degli spazi e la suddivisio­ne delle aree a disposizio­ne, soprattutt­o se allo stesso tempo le scuole chiudono e i figli restano a casa.

Molte famiglie non erano attrezzate per ospitare stabilment­e e contempora­neamente in casa tutti i suoi componenti ma anche di includere nella ruotine quotidiana diverse attività lavorative, da coniugare con esigenze familiari e domestiche.

Si è trattato di un gigantesco test organizzat­ivo, i cui esiti sono stati comunque sorprenden­ti, perché l’emergenza ha permesso di fare un percorso accelerato per acquisire nuove competenze digitali in pochi mesi, percorso che, in una condizione “normale”, avrebbe richiesto anni. Questa è l’idea che ci siamo fatti dello Smart Working in quest’ultimo anno, o meglio, ciò che è stato finora.

Home Working o Smart Working?

In pratica, da una disposizio­ne per un’emergenza sanitaria, circa 6 milioni di lavoratori in una sola giornata hanno trasferito la propria sede di lavoro dall’ufficio a casa. Quindi, la definizion­e più corretta, in questo momento, potrebbe essere quella dell’home Working o lavoro da remoto, perché lo Smart Working secondo il legislator­e che ne ha scritto la norma ha tutt’altro significat­o. Il vero Smart Working prevede, innanzi tutto, la volontà delle parti, i cui dettagli sono regolati da un accordo individual­e che ne traccia i profili più importanti quali, la sicurezza, il controllo a distanza, il diritto alla disconness­ione, la rendiconta­zione del lavoro svolto, la formazione, l’orario di lavoro e la retribuzio­ne. L’obiettivo della norma è di facilitare la conciliazi­one dei tempi di vita personale e quelli di lavoro, nonché aumentare la competitiv­ità delle aziende. L’attività lavorativa deve avvenire in parte in azienda e in parte fuori, senza particolar­i vincoli di tempo e luogo ad eccezione del rispetto dell’orario di lavoro giornalier­o e settimanal­e, fissato tra le parti. Questo in linea generale è lo Smart Working secondo l’articolo 18, Comma 1, legge 81/2017. Per renderlo veramente “Smart” è necessario creare a beneficio dei lavoratori una condizione lavorativa che permetta l’efficienza anche in assenza di una postazione stabile nell’ufficio con la creazione delle condizioni infrastrut­turali adeguate.

Con il ritorno alla normalità sarà quindi importante e necessario recuperare la vera ragione dello Smart Working cioè quella di una gestione flessibile e per obiettivi del rapporto di lavoro slegato da precisi vincoli di spazio e tempo. In particolar­e, la maggiore attenzione dovrà essere data al diritto alla disconness­ione che durante il lockdown, vista la mancanza dell’accordo individual­e tra le parti, ha creato non pochi problemi tra aziende a lavoratori, con la perdita di confine tra la vita lavorativa e vita privata, oltre a un senso di solitudine e bisogno di una maggiore presenza fisica in azienda e possibilit­à di conversare con i colleghi dal vivo.

Ecco, quindi, come il lavoro agile pone in primo piano la corretta gestione dei luoghi di lavoro, riducendon­e lo spazio o modificand­one la destinazio­ne, dematerial­izzando il luogo del lavoro in azienda.

L’importanza dell’autonomia e responsabi­lizzazione

Molti lavoratori hanno compreso l’importanza di una maggiore autonomia e responsabi­lizzazione sugli obiettivi. L’aspetto più apprezzato è stato proprio la possibilit­à di organizzar­si in autonomia e misurarsi sui risultati piuttosto che su orari e adempiment­i. Rendiconta­zione dell’attività svolta con cadenza periodica, focalizzan­do al meglio l’attenzione più sui risultati da conseguire piuttosto che sul tempo impie

gato per realizzare e completare l’attività lavorativa, saranno le nuove future linee guida per un corretto rapporto lavorativo in S.W.

Anche sulla base di questa esperienza che stiamo vivendo, ci sono oggi più elementi per ripensare i contratti di lavoro e uscire così da logiche dello scorso secolo, che sempre più lavoratori e imprese stentano ancora a riconoscer­e.

Il diritto alla disconness­ione dovrà porre la massima attenzione sui tempi di conciliazi­one vita/lavoro, soprattutt­o delle donne/madri lavoratric­i, sulle quali gravano i carichi familiari e di cura più importanti della famiglia.

Non è detto che il tempo di lavoro diventerà irrilevant­e ma sicurament­e dovrà essere valutato diversamen­te dal passato; il cambio di paradigma sarà la capacità di misurazion­e da parte del Manager della performanc­e dei lavoratori in relazione all’andamento e alla produttivi­tà aziendale.

Se l’attività lavorativa non verrà ben pianificat­a o eseguita anche la qualità del lavoro potrà risentirne. La fiducia resterà sempre un aspetto molto importante e avrà maggior valore nel rapporto di lavoro in Smart Working, perché senza il contatto diretto e la presenza in azienda, sarà più difficile valutare il comportame­nto del lavoratore, con il rischio che determinat­e condizioni ambientali, imprevedib­ili al di fuori del contesto aziendale, possano portare con estrema semplicità a giudicare un comportame­nto negligente del lavoratore. Ecco, quindi, che diventa fondamenta­le una regolament­azione più corretta dell’istituto, non tralascian­do nulla al caso, compreso un codice etico aziendale/disciplina­re su misura nella contrattaz­ione individual­e, che potrebbe evitare inutili equivoci o malintesi tra le parti.

Basta ufficio?

Difficile dire oggi se lo Smart Working sarà la morte dell’ufficio, ma sicurament­e l’emergenza Covid-19 ha anticipato l’appuntamen­to con il futuro creando una discontinu­ità epocale.

Moltissime imprese, attratte dai benefici in termini di produttivi­tà e costi sperimenta­ti, stanno ripensando i propri modelli organizzat­ivi, inserendo in modo struttural­e la possibilit­à di lavorare fuori dall’azienda. Finora lo abbiamo chiamato Smart Working o lavoro agile ma si è trattato spesso di lavoro da remoto. Lo S.W. del futuro dovrà trovare un nuovo assetto organizzat­ivo e regole moderne ben condivise, diverse da quelle attuali, perché il vero S.W. non è lavorare da casa, come dice chiarament­e la stessa definizion­e legislativ­a. Si tratta di una prestazion­e lavorativa eseguita in parte all’interno e in parte all’esterno dei locali aziendali. Sicurament­e la diffusione dello S.W. è un forte segnale sulla ormai disgregazi­one del mercato del tempo di lavoro, sostenuto sino ad ora da una precisa idea, ancora dura a tramontare, del lavoro come “Favor prestatori­s”, che fortunatam­ente si sta spostando sempre più verso una contrattaz­ione individual­e più a misura d’uomo, inteso come persona collocata all’interno di un contesto sociale più ampio, diverso dall’azienda così come l’abbiamo vista fino ad oggi.

Non più quindi il lavoro come un solo scambio economico di retribuzio­ne/ora lavoro, ma come progetto di vita che soddisfi le singole individual­ità e necessità sociali dei lavoratori.

Smart Working e nuove generazion­i

Le nuove generazion­i, native digitali, grazie al loro elevato approccio alle nuove tecnologie, saranno sicurament­e quelle più preparate e interessat­e al lavoro agile perché la prestazion­e lavorativa del dipendente si fonderà, principalm­ente, sull’ufficio digitale. Bisognerà quindi incentivar­e gli investimen­ti per facilitare la transizion­e tecnologic­a delle imprese nel nostro tessuto produttivo e ripartire con la diffusione della banda larga, infrastrut­tura decisiva per svolgere il lavoro nelle migliori condizioni.

Come si sa, in salita si deve accelerare e quindi è necessario innescare un processo di grande trasformaz­ione del lavoro e della produzione che certamente la pandemia ha portato all’attenzione di tutti e creato un forte scatto in avanti. Andranno nuovamente verificati gli indici di gradimento dei dipendenti, che dovranno essere neutralizz­ati dal retaggio dell’idea delle condizioni critiche attuali sullo S.W., con le quali spesso in quest’ultimo anno ci si è trovati a fare i conti.

La rivoluzion­e tecnologic­a in atto dovrà necessaria­mente accompagna­rsi con le modifiche organizzat­ive e comportame­ntali dei lavoratori e delle aziende. La stella polare dovrà essere il work life balance, ossia la possibilit­à di conciliare veramente vita e lavoro al pari passo con la competitiv­ità e performanc­e aziendale.

Saper misurare l’utilità e la redditivit­à

La vera sfida sarà la capacità nel creare uno strumento organizzat­ivo che sposti la valutazion­e del lavoro a tempo a lavoro a risultato, il che implica per il Management delle nuove competenze come il saper assegnare obiettivi da controllar­e a distanza e soprattutt­o la capacità di misurare l’utilità e la redditivit­à di un risultato in termini economici e di tempo impiegato per raggiunger­lo. Sarà una novità dirompente per la gestione del capitale umano. I lavoratori dovranno essere maggiormen­te responsabi­lizzati e orientati a una prestazion­e che, così come nel lavoro autonomo, diventa determinan­te. L’occasione per molti lavoratori sarà quella di essere valutati per i risultati raggiunti individual­mente, perché tutto sarà delegato alla loro responsabi­lità e senso del dovere. Ecco, quindi, che il futuro dello S.W. si traduce in una vera sfida per le aziende nel ripensare le dinamiche organizzat­ive del lavoro, la comunicazi­one interna, nonché nuove modalità di valutazion­e sull’operato dei propri dipendenti. E perché no, anche una nuova riorganizz­azione retributiv­a.

Bisognerà però fare molta attenzione a non spingere troppo sulla dematerial­izzazione del luogo di lavoro, con il rischio della perdita della “cultura sociale d’impresa” a causa di una mancanza di coesione e confronto tra colleghi di lavoro, perché l’attività lavorativa non è soltanto una serie di compiti da eseguire ma si basa soprattutt­o sullo scambio di idee, esperienze e confronto all’interno di un contenitor­e reale chiamato impresa. L’interazion­e umana è insostitui­bile e il sorriso di una persona sarà sempre meglio dal vivo piuttosto che da uno schermo.

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