Un anno da ricordare e sicuramente da studiare nei libri di storia
Oltre al grave problema sanitario che ha cambiato completamente le nostre abitudini di vita, abbiamo ricevuto una tale concentrazione di nuove norme, regole, disposizioni e indicazioni da studiare e applicare subito, rispetto a una situazione normale, che, è stato stimato, avrebbe richiesto forse cinque anni.
Non c’è dubbio che tra le nuove abitudini cui ci siamo dovuti adattare velocemente e con le quali dobbiamo convivere quotidianamente, a seguito della pandemia, vi sia lo Smart Working, che ha cambiato anche il nostro modo di lavorare e la percezione dei nostri spazi vitali
Il lockdown ha funzionato da forte acceleratore e ne ha cambiato in larga misura i caratteri. Secondo alcuni dati, prima dell’emergenza lavoravano da remoto circa 500 mila persone, mentre nelle settimane di isolamento, da metà febbraio a metà maggio 2020, si stima che i lavoratori a distanza abbiano raggiunto gli otto milioni, i quali hanno sperimentato un nuovo modo di lavorare, in larga parte a loro sconosciuto fino a quel giorno, in un’esperienza che è destinata a lasciare un segno indelebile, perché ha cambiato i comportamenti e abbattuto pregiudizi verso l’organizzazione del lavoro anche da parte delle imprese.
Le aziende che avevano già introdotto il modello di Smart Working si sono trovate sicuramente più avvantaggiate, mentre le altre hanno dovuto velocizzare il processo di cambiamento in uno “stress test” che ha mostrato grandissime potenzialità ma anche non pochi limiti, soprattutto nelle aree con bassa disponibilità di connettività.
Il lavoro agile per affrontare la crisi
Sicuramente il lavoro agile è stato il miglior strumento per affrontare una crisi lavorativa ed economica devastante, senza precedenti nella storia, un evento imprevedibile e non programmabile, in alcuni casi improvvisato, ma che ha salvato una parte importante dell’economia del nostro paese e che ha rappresentato soprattutto una tra le più importanti misure per il contenimento del contagio da Covid-19. Ha consentito alle aziende di non andare in blocco e di mantenere un minimo di comunicazione con i clienti, fornitori, dipendenti, insomma è stato di fatto una sorta di salvagente che ha permesso al sistema economico di resistere al lockdown totale del paese.
Di contro però sono stati fortissimi gli impatti nella sistemazione domestica dei luoghi di lavoro. Se l’ufficio entra in casa è chiaro che cambiano gli equilibri degli spazi e la suddivisione delle aree a disposizione, soprattutto se allo stesso tempo le scuole chiudono e i figli restano a casa.
Molte famiglie non erano attrezzate per ospitare stabilmente e contemporaneamente in casa tutti i suoi componenti ma anche di includere nella ruotine quotidiana diverse attività lavorative, da coniugare con esigenze familiari e domestiche.
Si è trattato di un gigantesco test organizzativo, i cui esiti sono stati comunque sorprendenti, perché l’emergenza ha permesso di fare un percorso accelerato per acquisire nuove competenze digitali in pochi mesi, percorso che, in una condizione “normale”, avrebbe richiesto anni. Questa è l’idea che ci siamo fatti dello Smart Working in quest’ultimo anno, o meglio, ciò che è stato finora.
Home Working o Smart Working?
In pratica, da una disposizione per un’emergenza sanitaria, circa 6 milioni di lavoratori in una sola giornata hanno trasferito la propria sede di lavoro dall’ufficio a casa. Quindi, la definizione più corretta, in questo momento, potrebbe essere quella dell’home Working o lavoro da remoto, perché lo Smart Working secondo il legislatore che ne ha scritto la norma ha tutt’altro significato. Il vero Smart Working prevede, innanzi tutto, la volontà delle parti, i cui dettagli sono regolati da un accordo individuale che ne traccia i profili più importanti quali, la sicurezza, il controllo a distanza, il diritto alla disconnessione, la rendicontazione del lavoro svolto, la formazione, l’orario di lavoro e la retribuzione. L’obiettivo della norma è di facilitare la conciliazione dei tempi di vita personale e quelli di lavoro, nonché aumentare la competitività delle aziende. L’attività lavorativa deve avvenire in parte in azienda e in parte fuori, senza particolari vincoli di tempo e luogo ad eccezione del rispetto dell’orario di lavoro giornaliero e settimanale, fissato tra le parti. Questo in linea generale è lo Smart Working secondo l’articolo 18, Comma 1, legge 81/2017. Per renderlo veramente “Smart” è necessario creare a beneficio dei lavoratori una condizione lavorativa che permetta l’efficienza anche in assenza di una postazione stabile nell’ufficio con la creazione delle condizioni infrastrutturali adeguate.
Con il ritorno alla normalità sarà quindi importante e necessario recuperare la vera ragione dello Smart Working cioè quella di una gestione flessibile e per obiettivi del rapporto di lavoro slegato da precisi vincoli di spazio e tempo. In particolare, la maggiore attenzione dovrà essere data al diritto alla disconnessione che durante il lockdown, vista la mancanza dell’accordo individuale tra le parti, ha creato non pochi problemi tra aziende a lavoratori, con la perdita di confine tra la vita lavorativa e vita privata, oltre a un senso di solitudine e bisogno di una maggiore presenza fisica in azienda e possibilità di conversare con i colleghi dal vivo.
Ecco, quindi, come il lavoro agile pone in primo piano la corretta gestione dei luoghi di lavoro, riducendone lo spazio o modificandone la destinazione, dematerializzando il luogo del lavoro in azienda.
L’importanza dell’autonomia e responsabilizzazione
Molti lavoratori hanno compreso l’importanza di una maggiore autonomia e responsabilizzazione sugli obiettivi. L’aspetto più apprezzato è stato proprio la possibilità di organizzarsi in autonomia e misurarsi sui risultati piuttosto che su orari e adempimenti. Rendicontazione dell’attività svolta con cadenza periodica, focalizzando al meglio l’attenzione più sui risultati da conseguire piuttosto che sul tempo impie
gato per realizzare e completare l’attività lavorativa, saranno le nuove future linee guida per un corretto rapporto lavorativo in S.W.
Anche sulla base di questa esperienza che stiamo vivendo, ci sono oggi più elementi per ripensare i contratti di lavoro e uscire così da logiche dello scorso secolo, che sempre più lavoratori e imprese stentano ancora a riconoscere.
Il diritto alla disconnessione dovrà porre la massima attenzione sui tempi di conciliazione vita/lavoro, soprattutto delle donne/madri lavoratrici, sulle quali gravano i carichi familiari e di cura più importanti della famiglia.
Non è detto che il tempo di lavoro diventerà irrilevante ma sicuramente dovrà essere valutato diversamente dal passato; il cambio di paradigma sarà la capacità di misurazione da parte del Manager della performance dei lavoratori in relazione all’andamento e alla produttività aziendale.
Se l’attività lavorativa non verrà ben pianificata o eseguita anche la qualità del lavoro potrà risentirne. La fiducia resterà sempre un aspetto molto importante e avrà maggior valore nel rapporto di lavoro in Smart Working, perché senza il contatto diretto e la presenza in azienda, sarà più difficile valutare il comportamento del lavoratore, con il rischio che determinate condizioni ambientali, imprevedibili al di fuori del contesto aziendale, possano portare con estrema semplicità a giudicare un comportamento negligente del lavoratore. Ecco, quindi, che diventa fondamentale una regolamentazione più corretta dell’istituto, non tralasciando nulla al caso, compreso un codice etico aziendale/disciplinare su misura nella contrattazione individuale, che potrebbe evitare inutili equivoci o malintesi tra le parti.
Basta ufficio?
Difficile dire oggi se lo Smart Working sarà la morte dell’ufficio, ma sicuramente l’emergenza Covid-19 ha anticipato l’appuntamento con il futuro creando una discontinuità epocale.
Moltissime imprese, attratte dai benefici in termini di produttività e costi sperimentati, stanno ripensando i propri modelli organizzativi, inserendo in modo strutturale la possibilità di lavorare fuori dall’azienda. Finora lo abbiamo chiamato Smart Working o lavoro agile ma si è trattato spesso di lavoro da remoto. Lo S.W. del futuro dovrà trovare un nuovo assetto organizzativo e regole moderne ben condivise, diverse da quelle attuali, perché il vero S.W. non è lavorare da casa, come dice chiaramente la stessa definizione legislativa. Si tratta di una prestazione lavorativa eseguita in parte all’interno e in parte all’esterno dei locali aziendali. Sicuramente la diffusione dello S.W. è un forte segnale sulla ormai disgregazione del mercato del tempo di lavoro, sostenuto sino ad ora da una precisa idea, ancora dura a tramontare, del lavoro come “Favor prestatoris”, che fortunatamente si sta spostando sempre più verso una contrattazione individuale più a misura d’uomo, inteso come persona collocata all’interno di un contesto sociale più ampio, diverso dall’azienda così come l’abbiamo vista fino ad oggi.
Non più quindi il lavoro come un solo scambio economico di retribuzione/ora lavoro, ma come progetto di vita che soddisfi le singole individualità e necessità sociali dei lavoratori.
Smart Working e nuove generazioni
Le nuove generazioni, native digitali, grazie al loro elevato approccio alle nuove tecnologie, saranno sicuramente quelle più preparate e interessate al lavoro agile perché la prestazione lavorativa del dipendente si fonderà, principalmente, sull’ufficio digitale. Bisognerà quindi incentivare gli investimenti per facilitare la transizione tecnologica delle imprese nel nostro tessuto produttivo e ripartire con la diffusione della banda larga, infrastruttura decisiva per svolgere il lavoro nelle migliori condizioni.
Come si sa, in salita si deve accelerare e quindi è necessario innescare un processo di grande trasformazione del lavoro e della produzione che certamente la pandemia ha portato all’attenzione di tutti e creato un forte scatto in avanti. Andranno nuovamente verificati gli indici di gradimento dei dipendenti, che dovranno essere neutralizzati dal retaggio dell’idea delle condizioni critiche attuali sullo S.W., con le quali spesso in quest’ultimo anno ci si è trovati a fare i conti.
La rivoluzione tecnologica in atto dovrà necessariamente accompagnarsi con le modifiche organizzative e comportamentali dei lavoratori e delle aziende. La stella polare dovrà essere il work life balance, ossia la possibilità di conciliare veramente vita e lavoro al pari passo con la competitività e performance aziendale.
Saper misurare l’utilità e la redditività
La vera sfida sarà la capacità nel creare uno strumento organizzativo che sposti la valutazione del lavoro a tempo a lavoro a risultato, il che implica per il Management delle nuove competenze come il saper assegnare obiettivi da controllare a distanza e soprattutto la capacità di misurare l’utilità e la redditività di un risultato in termini economici e di tempo impiegato per raggiungerlo. Sarà una novità dirompente per la gestione del capitale umano. I lavoratori dovranno essere maggiormente responsabilizzati e orientati a una prestazione che, così come nel lavoro autonomo, diventa determinante. L’occasione per molti lavoratori sarà quella di essere valutati per i risultati raggiunti individualmente, perché tutto sarà delegato alla loro responsabilità e senso del dovere. Ecco, quindi, che il futuro dello S.W. si traduce in una vera sfida per le aziende nel ripensare le dinamiche organizzative del lavoro, la comunicazione interna, nonché nuove modalità di valutazione sull’operato dei propri dipendenti. E perché no, anche una nuova riorganizzazione retributiva.
Bisognerà però fare molta attenzione a non spingere troppo sulla dematerializzazione del luogo di lavoro, con il rischio della perdita della “cultura sociale d’impresa” a causa di una mancanza di coesione e confronto tra colleghi di lavoro, perché l’attività lavorativa non è soltanto una serie di compiti da eseguire ma si basa soprattutto sullo scambio di idee, esperienze e confronto all’interno di un contenitore reale chiamato impresa. L’interazione umana è insostituibile e il sorriso di una persona sarà sempre meglio dal vivo piuttosto che da uno schermo.