Dalla pandemia al new normal:
Le opportunità del lavoro flessibile (e oltre)
Anche le aziende che nel pre pandemia non avevano ancora preso in considerazione smart working e modalità di lavoro flessibile oggi colgono questa opportunità per andare incontro alle nuove esigenze delle loro persone e restare competitive nel mercato del lavoro. Quali sono le nuove sfide? E a quali i nuovi scenari? Lo abbiamo chiesto ai direttori delle risorse umane di importanti imprese
La soddisfazione dei dipendenti passa dalla flessibilità. È questa una delle lezioni che le aziende sono chiamate a mettere a frutto anche nel post pandemia. Lo stanno facendo soprattutto quelle imprese che prima del 2020 non avevano ancora proposto forme di lavoro agile ai propri dipendenti, e che ora invece includono lo smart working nelle loro modalità organizzative. Si tratta di aziende magari abituate a far viaggiare le proprie persone, che oggi interpretano il cambiamento come una nuova opportunità anche per i dipendenti in sede. La direzione verso nuove forme di lavoro flessibile è presa, ma quali saranno gli sviluppi futuri?
Per capire meglio come è avvenuta questa trasformazione, quali sono gli effetti e soprattutto gli scenari di sviluppo, ci siamo rivolti ai direttori delle risorse umane di due grandi aziende.
Le nuove opportunità della flessibilità: dalla gestione del tempo alla talent attraction
Pier Mauro Dallasta è HR Director, Group Human Resources Department, di Cft Group, un’importante azienda metalmeccanica nel settore dell’impiantistica con circa 500 persone nella sede di Parma e alcune centinaia in altre sedi. Un’impresa abituata a far viaggiare le persone, che però non aveva mai sperimentato lo smart working o l’home working fino al 2020. “Prima della pandemia il lavoro agile non era previsto nella nostra azienda, non lo avevamo mai considerato e nessun dipendente lo aveva mai richiesto” spiega Dallasta.
“Sia come azienda che come dipendenti ci troviamo oggi in una condizione, anche psicologica, molto diversa. Da noi le persone hanno cominciato a lavorare da casa costrette dal lockdown, in una settimana abbiamo assegnato 350 computer e tutti, a fasi alterne, hanno lavorato prevalentemente da remoto”.
Poi questa necessità è diventata un’opportunità. “Abbiamo compreso come si possa lavorare in un modo diverso, l’esperienza durante la pandemia ha permesso alle persone di continuare con il loro lavoro, così come a continuare è stato anche il business” aggiunge Dallasta.
Resta comunque la cautela, in un momento in cui tra l’altro, con la fine dello stato di emergenza, lo smart working deve essere normato. “Non posso dire che lo smart working sia il nuovo modo di lavorare, per noi è piuttosto uno strumento alternativo alla presenza in ufficio tutti i giorni, che consente alle persone di gestire meglio il tempo. Questo, non necessariamente per compensare impegni lavorativi e familiari, ma come modo diverso di percepire il proprio apporto lavorativo all’azienda” spiega Dallasta.
Oggi queste modalità flessibili fanno ormai parte del vissuto. “Le persone ci chiedono di lavorare in smart working, soprattutto le nuove generazioni. Ormai cominciamo ad assumere i primi millennials laureati
e in generale abbiamo frequenti inserimenti di neolaureati. Tutti ci chiedono la possibilità di lavorare in smart working, se dovessi dire che non è contemplato ci considererebbero un’azienda vecchia, che non ha la percezione dei nuovi strumenti di relazioni tra le persone, si rischia davvero di essere fuori mercato per le nuove generazioni” continua Dallasta.
“Il luogo da cui le persone si connettono non è per noi un limite”
In Cft Group, per quanto riguarda gli spazi, ci sarebbe posto per tutti e l’organizzazione del lavoro potrebbe restare con tutti i dipendenti in presenza, ma l’opportunità dello smart working, oltre che per i dipendenti, è da cogliere anche per testare la capacità dell’azienda di rinnovarsi rispetto a queste nuove modalità di flessibilità. Ecco perché, secondo Dallasta: “il luogo da cui le persone si connettono non è per noi un limite, quello che conta è che le persone possano lavorare in modo adeguato, efficace e sicuro. Oggi non siamo ancora su forme di flessibilità come il workation, e questo anche perché ci serve consolidare lo smart working in tempi normali, fuori dal periodo di emergenza. Quando le cose andranno a regime potremo senz’altro agire secondo nuove ottiche di retention. Ci arriveremo, perché soprattutto le nuove generazioni sono sempre in cerca di qualcosa che renda il lavoro più stimolante e la gestione del tempo-lavoro deve necessariamente cambiare verso dinamiche di flessibilità diverse. Oggi sempre più si punta ai progetti e ai risultati e le modalità diventano un mezzo, non sono più un fine” conclude Dallasta.
Una nuova sfida: rendere efficace la flessibilità
Paolo Petruccioli è HR Director di AB Holding Spa, azienda leader del settore della cogenerazione che si è allargata anche ai biocombustibili e al trattamento delle emissioni in atmosfera. L’azienda, molto ben strutturata dal punto di vista della ge- stione delle trasferte di lavoro, non aveva ancora adottato modalità di smart working, inteso in senso pieno e non come semplice telelavoro, prima del 2020, per i propri dipendenti in sede. “Abbiamo ritenuto importante cogliere ora questa opportunità, anche grazie all’esperienza fat
ta “sul campo” durante tutto il 2021 e i primi mesi di quest’anno. Si tratta di un modo di lavorare che richiede una buona capacità di organizzazione e una chiara focalizzazione sugli obiettivi: personalmente la considero una leva di gestione in più, a disposizione dei manager che sono chiamati a mettere in campo tutta la loro capacità di guidare i colleghi, coinvolgendoli e mantenendoli ingaggiati, sapendo distinguere con chiarezza i momenti in cui la presenza fisica è importante da quelli in cui un lavoro svolto a distanza facilita il raggiungimento degli obiettivi. Come evidente, fa premio la natura del lavoro e non tutte le tipologie di mestiere possono essere gestite allo stesso modo: alcune professioni sono strutturalmente legate ad asset produttivi materiali e pertanto non sono per loro natura svincolabili dai tempi e dagli spazi di lavoro. Altri mestieri, invece, possono essere svolti in modo estremamente efficace anche all’interno di uno schema di maggiore flessibilità e pertanto possono trarre vantaggio da queste nuove modalità operative” spiega Petruccioli.
E sono diverse le opportunità anche per l’azienda. “Dal punto di vista dell’azienda si tratta di una duplice opportunità: ingaggiare persone di valore che vivono in zone anche distanti dalla sede dell’impresa e che in modalità tradizionali difficilmente deciderebbero di accettare la proposta di lavoro, ma anche persone di valore che per motivi personali vivrebbero come poco sostenibile o culturalmente come meno di soddisfazione la modalità tradizionale. Dal punto di vista delle singole persone lo smart working è spesso interpretato come la possibilità di risparmiare tempo e risorse negli spostamenti, ma anche come una modalità di lavoro compatibile con alcuni impegni di vita familiare. Non possiamo però dimenticare che vi sono anche tante persone che ritengono più stimolante o pratico lavorare in sede; per questo credo sia importante vivere lo smart working come una opportunità da calare sulle singole esigenze (di lavoro in primis, e personali) e non come un nuovo modello da adottare o da rifiutare per tutti in modo uniforme” continua Petruccioli.
La possibilità di lavorare lontani dalla sede dell’azienda, senza vincoli di tempo stringenti, secondo Petruccioli, esiste da tanto tempo e per alcune professioni è considerata normale: “la vera recente novità è stata l’aver esteso queste modalità a professioni tradizionalmente legate alla sede di lavoro. In questi ultimi anni è stata una necessità, mentre ora, almeno speriamo, si trasforma in una opportunità che aziende e persone possono decidere di sfruttare: il diventare o meno prassi consolidata dipende dalla possibilità di renderla efficace. Non dobbiamo dimenticare che l’obiettivo è lavorare bene, in modo intelligente, e il presupposto è appunto essere efficaci.
Se i manager sapranno sfruttare bene questa leva riuscendo al contempo a ottenere i risultati lavorativi attesi e a costruire un contesto di lavoro in cui le persone si trovano a proprio agio, allora questa modalità di lavoro si consoliderà. Se invece non riuscissimo a mantenere questo equilibrio sano tra efficacia lavorativa e vissuto delle persone, questa modalità di lavoro diventerebbe non sostenibile e saremmo tutti spinti a cercare delle modalità differenti, ancor più che a ritornare al modello tradizionale” conclude Petruccioli.