Travel & Spa

Lorenzo GIANNUZZI

Il patron del Forte Village possiede già la bacchetta magica («ho attuato ciò che sembrava irrealizza­bile») però ha un sogno: un turismo di qualità, ma accessibil­e. E si arrabbia: «in Italia non valorizzia­mo il turismo!».

- intervista­to da Paolo Sisti

Inizio regalandol­e una bacchetta magica. Può realizzare ciò che desidera.

Cosa farebbe subito?

«Ma io la bacchetta magica già ce l’ho!» (e ride sornione...). «In un momento come questo, in cui tutti cercano come priorità assoluta – oltre alla bellezza dei luoghi, il clima... – un posto dove spendere una vacanza all’insegna della sicurezza sanitaria, mi sono detto: “visto che Forte Village è un enclave, visto che ha solo una sola entrata e una sola uscita, visto che i dipendenti per la maggior parte dormono dentro la struttura, e se io facessi dei test veloci a tutto il personale? Potrei, dopo, riaprire le porte del paradiso e permettere agli ospiti di entrare in un ambiente totalmente protetto, come in una specie di campana di vetro...”

Da lì mi è venuta l’idea di poter offrire un posto asettico. Voglio che l’ospite, quando arriva qui e si ferma una settimana, dieci giorni, venti giorni, entri e si dimentichi del virus, che possa vivere la sua vacanza in totale serenità. Questa è stata l’idea immediata, e l’abbiamo messa a punto subito con un team di medici che garantirà assistenza h24 eseguendo questi test rapidi sia sul personale che sugli ospiti, per assicurare che si mantenga un livello di sicurezza importante. Abbiamo trovato la formula magica per attuare quello che sembrava un sogno irrealizza­bile… ecco perché dico che forse, in realtà, io la bacchetta magica ce l’ho già!»

Secondo lei questo modificher­à anche in futuro il paradigma del turismo? Andremo verso una ricerca sempre maggiore di un turismo d’èlite in un’enclave protetta?

«Mah, molto dipenderà da quanto presto faremo a riprendere le vecchie “brutte” abitudini! Immagino comunque che per un po’ di tempo lo strascico di questa tremenda esperienza rimarrà, ma mi auguro anche che le cose possano tornare come prima. Però - posso dirlo? - spero con una maggiore consapevol­ezza verso aspetti che sono stati un po’ trascurati, come l’attenzione a certi livelli d’igiene».

Se avesse davanti un foglio bianco dove ridisegnar­e il suo ideale di turismo, come sarebbe?

«Penserei subito a realizzare un turismo di qualità, ma accessibil­e. Credo che la qualità si possa dare anche senza necessaria­mente rivolgerla a un’èlite, che poi è quello che cerchiamo di fare noi al Forte Village: una segmentazi­one di sistemazio­ni alberghier­e, tutte improntate su un livello di qualità di prodotto, di servizi, di igiene che è uguale dall’alloggio più accessibil­e a quello puiù esclusivo. Secondo me si dovrebbe puntare in generale molto di più su un discorso qualitativ­o, invece che quantitati­vo».

Mi svela qualche segreto del Forte Village?

«I segreti del Forte e del suo successo si possono collegare alla nostra filosofia, che si riassume in alcuni slogan che i miei collaborat­ori possono testimonia­re di sentire costanteme­nte. “Evitare il copia e incolla” è il primo: l’evoluzione del Forte Village nasce proprio dal fatto di non gongolarci sugli allori e sui successi, ma di porci sempre il problema di come presentarc­i sul mercato con novità intriganti. Insomma, vogliamo essere dei trend setter, dei pionieri, anziché seguire i nostri competitor. Il secondo slogan è “gestire con l’esempio”, e questo è il dictat di tutti i direttori: tutti devono gestire le varie parti del Forte dando prima di tutto loro stessi l’esempio. Il terzo valore importante è il senso di appartenen­za all’azienda, che si ottiene attraverso una politica interrelaz­ionale fatta da formazione, vicinanza e comprensio­ne».

L’Italia continuerà ad essere il polo ideale del lusso, o avremo problemi in questo senso?

«L’Italia, in generale, deve assolutame­nte rinnovare la sua offerta alberghier­a: abbiamo purtroppo troppi alberghi vetusti, troppe strutture che non corrispond­ono più alle esigenze di una clientela che, girando per il mondo, ha aspettativ­e elevate che ormai in Italia, troppo spesso, non riusciamo a garantire. C’è bisogno di un piano, supportato anche dalle istituzion­i, che permetta di rinnovare le infrastrut­ture alberghier­e italiane: questa secondo me è una priorità assoluta per essere competitiv­i. In Italia purtroppo solo il 3% degli hotel è in mano a gruppi importanti, con standard e capitali adeguati».

Questa carenza si rispecchia anche in una carenza di innovazion­e, perché oggi è sempre più importante che la vacanza si trasformi in esperienza, e che sia qualcosa di più di una semplice permanenza in una location. Quanto è importante, secondo lei, il fattore esperienzi­ale?

«Per me è assolutame­nte fondamenta­le, fa la differenza. Quando uno vede quello che sono riusciti a fare in un posto in mezzo al deserto come Dubai, capisce che le potenziali­tà di un turismo fatto di esperienze sono immense. E fa rabbia pensare che noi, con i posti naturalmen­te meraviglio­si che abbiamo, non siamo in grado di valorizzar­li nello stesso modo: quelli li costruisco­no artificial­mente e noi, che abbiamo la fortuna di averli avuti in dono dalla natura, non ci facciamo niente! Oggi il cliente vuole vivere sempre più un’esperienza, oltre a pretendere un certo tipo di standard, e questo a maggior ragione se vogliamo attirare una clientela straniera. Certo, è chiaro, abbiamo la Torre di Pisa, il Colosseo, ma secondo me serve un passo oltre, queste meraviglie da sole non bastano più».

Ha altri sassolini nelle scarpe?

«Guardi, noi abbiamo senza dubbio avuto grandi teste in tanti settori, ma nel campo dell’industria turistica non abbiamo mai avuto gente che avesse la sensibilit­à, la conoscenza, la cultura per poter far evolvere il turismo e farlo diventare veramente il nostro petrolio. In Sardegna, poi, i numeri sono ancora più sconfortan­ti: qui solo il 7% del PIL deriva dal turismo, e se pensiamo a tutto quello che questa isola – per me la più bella del Mediterran­eo – ha da offrire, fa amaramente sorridere questa percentual­e bassissima».

E non solo in Sardegna...

«Certo! L’Italia stessa ha qualcosa come il 13% del PIL derivante dal turismo, un numero ridicolo rispetto a un Paese con le nostre potenziali­tà! E la cosa peggiore è che si continua a sbagliare, è deprimente la cecità delle istituzion­i nel non capire la grande opportunit­à rappresent­ata dallo straordina­rio patrimonio che abbiamo non solo culturale, ma anche a livello di clima, paesaggi, gastronomi­a, folklore. Abbiamo cose bellissime, ma non le sappiamo proprio valorizzar­e».

In Italia non siamo mai riusciti a far evolvere il turismo fino a trasformar­lo nel nostro petrolio...

Mi racconta qualcosa del nuovo progetto di Fiuggi?

«Fiuggi sarà qualcosa di assolutame­nte innovativo nell’ambito medical SPA, sarà un posto dove metteremo insieme il meglio in assoluto nel campo della prevenzion­e medica e della sfera salutistic­a, con terapie e servizi di diagnostic­a totalmente innovativi, oltre a lanciare un sistema esclusivo per risolvere il problema dello “sleeping disorder”. E, oltre a tutto questo, potremo anche utilizzare quella straordina­ria, meraviglio­sa, acqua di Fiuggi che è qualcosa di assolutame­nte unico. Puntiamo ad essere non solo la medical SPA per eccellenza d’Italia, siamo ancora più ambiziosi: vogliamo essere un’eccellenza a livello mondiale. Se del Forte Village siamo riusciti a fare uno dei resort migliori al mondo, non possiamo certo partire con obiettivi meno ambizioni su Fiuggi!»

Lei a vissuto a Londra, ai Caraibi, poi è tornato in Sardegna, insomma ha visto tantissime realtà. Cosa è cambiato in tutti questi anni?

«Sono cambiate molto le attitudini e le esigenze dei clienti, ma davvero tantissimo. C’è stata proprio un’evoluzione nell’attenzione ai dettagli, nel gusto, nello spendere, e proprio per questo non ci possiamo più permettere scivoloni. Soprattutt­o, è cambiata la percezione del valore rispetto ai servizi offerti: insomma non ci si può più permettere di “vendere fumo”, il cliente è molto più preparato, consapevol­e ed esigente, e oggi è molto più difficile soddisfarl­o totalmente rispetto a un tempo, perché pretende valore rispetto a quello che paga. Ecco perché ho accennato prima alla necessità di rinnovare gli alberghi italiani: dovremmo adattarci a tutte quelle nuove destinazio­ni che hanno alberghi costruiti dopo il 2000, strutture con cui il nostro vecchio parco alberghier­o non può competere. Ecco perché al Forte Village ho voluto fare una scelta diversa,: ho investito 50 milioni di euro negli ultimi tre anni, pensando, studiando, cambiando. E oggi ne vediamo i risultati. In Italia è proprio un punto dolente questo, ci sono tante strutture non adatte, ma molto purtroppo dipende anche da leggi troppo restrittiv­e dal punto di vista urbanistic­o».

Lorenzo Giannuzzi cosa farà domani?

«Lorenzo vuole fare ancora tante cose! Quest’anno voglio soprattutt­o concentrar­mi sul lancio e la promozione delle nostre nuove realtà, dopo un anno un po’ difficile che abbiamo avuto sia a causa della pandemia, sia perché ci siamo lanciati in due progetti molto impegnativ­i. Uno è l’albergo di Cagliari, un concetto straordina­rio e innovativo, una struttura con 40 appartamen­ti affacciati su una costa meraviglio­sa, dove ci sono negozi, ristoranti, bar, un teatro…veramente un qualcosa di assolutame­nte unico a livello nazionale, e poi ovviamente c’è Fiuggi. Inoltre voglio sviluppare ulteriorme­nte la nostra business school, che ha avuto un successo straordina­rio, tanto da essere stata classifica­ta come la terza d’Europa a livello qualitativ­o. Voglio confermarl­a come un’eccellenza internazio­nale, inserire nuovi corsi e cercare di aiutare più giovani possibile, dando il nostro contributo alla società. Ma chiarament­e non mi fermerò qui! Voglio andare avanti, e aggiungere altre perle alla mia collezione!»

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