Marcello CICALÒ
«Penso ad uno slow-tourism di qualità tutto l’anno» dice il numero uno di Italian Hospitality Collection, «che permetta di andare alla scoperta dei territori anche nei periodi non di picco». E ci confida: «sogno uno shock come quello della pandemia, ma positivo!»
Marcello, partiamo da un foglio bianco. Se potessi riscrivere tutti i paradigmi, quale sarebbe il tuo ideale di turismo?
«Penso ad un turismo non più di massa che riesca a riequilibrare le varie stagionalità. Un turismo slow di qualità distribuito nei 365 giorni dell’anno, che permetta di andare alla scoperta dei territori anche nei periodi non di picco. Vorrei non esistessero più l’alta e la bassa stagione, che non si parlasse più di “settimana di ferragosto”, “settimana di capodanno”, ma che ogni periodo dell’anno possa essere vissuto come un periodo buono per andare in vacanza. Penso ad una redistribuzione dei flussi turistici. Certamente questo è possibile là dove si intervenga sui flussi di lavoro, distribuendo le vacanze tutto l’anno in maniera equilibrata. Credo che il Post-Covid ci stia dando la possibilità di ridisegnare entrambi gli aspetti (flussi di lavoro/flussi turistici). Non over-tourism, quindi, ma slow-tourism di qualità tutto l’anno».
Ti regalo una bacchetta magica: mi dici cosa faresti subito?
«Gli italiani hanno qualità enormi. C’è però un aspetto nell’atteggiamento dei nostri connazionali, a tutti i livelli, che cambierei immediatamente: eliminerei la critica fine a sé stessa. Ogni scelta, decisone, si porta dietro una quantità di reazioni, critiche e commenti smisurata. Ecco, va bene la critica, ma che sia costruttiva e inserita in un piano programmatico di azioni concrete. Altra cosa che prevederei da subito è una iniezione di liquidità da parte delle istituzioni per il settore turistico. Immagino uno shock equivalente a quello della pandemia ma, ovviamente, in senso positivo. Liquidità immediata e di facile accesso per 24 mesi per consentire una rapida ripresa del settore. Serve un supporto economico veloce e semplice al turismo. Infine, predisporrei subito un fondo di pubblicità e marketing per promuovere l’Italia gestito non da tecnici e burocrati ma da una task force di manager del turismo. Forse la via migliore
sarebbe quella di creare un vero e proprio Ministero del Turismo dedicato interamente a questi aspetti e coadiuvato dalla task force di manager».
Vuoi toglierti un sassolino dalla scarpa?
«A tutti quelli che non credono alla relazione diretta tra azienda e clienti finali dico: fate male! Abbiamo definito la nostra strategia di riapertura anche grazie alle indicazioni di 1.500 nostri clienti che hanno risposto ad una survey interna, sulla scia della quale è nata una tariffa impensabile fino a qualche mese fa, che è andata incontro proprio alla richiesta di flessibilità delle condizioni di prenotazione arrivata dai clienti. E posso dire che, dalla sua attivazione, il 60% delle prenotazioni è arrivato da lì».
L’Institute For The Future di Palo Alto, sostiene che dovremo sempre più spesso imparare a reagire, azzerare, reinventare (“React, Reset, Reinvent”): è questo il nostro futuro?
«Decisamente sì. “Reagire, azzerare, reinventare” è un meccanismo ciclico insito nella natura e nella razza umana stessa. È il ciclo della vita e del nostro pianeta, sin dagli albori. È il cambiamento e l’adattabilità ad esso. Così come appartiene alla vita, appartiene anche al mondo delle aziende. Ovviamente è cruciale che un’azienda lo sappia cavalcare, reinventandosi e adattandosi alle fluttuazioni».
Secondo te cosa manca al turismo italiano?
«Manca la capacità di fare quadrato e sfruttare la risorsa “turismo” fino in fondo per la buona salute della nostra economia. Manca la capacità di organizzarsi a livello di regole e programmi strategici istituzionali. Il brand Italia esiste nel mondo, ma manca una gestione compatta e unitaria della sua promozione. Troppo spesso questa è demandata all’iniziativa dei singoli. Manca una regia che coordini a livello centrale le attività di promozione turistica delle nostre eccellenze. Non sto certo pensando ad un appiattimento dell’offerta. Tutt’altro. Le peculiarità dei nostri territori devono rimanere tali e, anzi, fatte brillare all’interno però di un piano strategico integrato di promozione del turismo del Governo».
La nostra copertina recita “Quale futuro? Esperti a confronto”. Che messaggio ti senti da dare ai nostri lettori? Quale sarà l’impatto di questa pandemia sul modello di vacanza al quale siamo abituati?
«La vacanza in sé non cambierà. Sono convinto che gli italiani non ci rinunceranno. Magari decideranno di ritagliarsi tempi più brevi di vacanza ma in più periodi dell’anno e prediligere, almeno in questi primi dodici mesi, luoghi poco affollati, nella natura, con ampi spazi verdi. Ville e resort la faranno da padrone. Dopo questa emergenza, l’attenzione all’igiene, credo, rimarrà. Tornerà in voga il concetto della relazione personale, del rapporto umano e quindi saranno privilegiate le esperienze di viaggio slow, per riconnettersi con sé stessi e i propri cari: una cena al tramonto, un massaggio rilassante, un’escursione nel territorio... La vacanza in sé non verrà meno perché è una delle cose importanti per l’uomo: prendersi del tempo per sé stesso, dedicarsi alla famiglia».
IHC è una fra le collezioni alberghiere italiane di pregio più rappresentative nel settore termale e del benessere. Dato che distanziamento sociale e preoccupazioni incideranno presumibilmente ancora a lungo nella scelta di una vacanza, secondo te dovranno essere ripensati gli spazi nelle strutture? E come cambierà il modo di vivere l’esperienza alberghiera, in particolare quella termale?
«Non credo ci saranno grandi cambiamenti. Il settore termale è già di per sé il settore “turistico” con i più alti standard di pulizia e di controllo sanitario. Gli ospiti delle terme sono abituati ad incontrare nelle strutture i medici che le presidiano. L’esperienza termale sarà la stessa, probabilmente più esclusiva perché con le regole di garanzia del distanziamento sociale vi sarà meno afflusso di persone».
Credi quindi che la vacanza termale possa diventare in prospettiva un’esperienza più indi
La vacanza in sé non verrà meno perché è una delle cose importanti per l’uomo: prendersi del tempo per sé stesso, dedicarsi alla famiglia...
viduale e personalizzata, magari a favore della componente medico - curativa e a discapito di quella ludica, in controtendenza con quello che è avvenuto negli ultimi anni?
«Credo sì che l’esperienza termale sarà più individuale ma nel senso di più esclusiva, per le ragioni date nella risposta precedente. Ritengo poi che ci sarà sempre più il bisogno di dedicare tempo a sé stessi, per riconnettersi con la parte più intima di ognuno di noi. Ma, a mio avviso, prendersi cura di sé è anche divertente, no? Quindi immagino non una separazione ma una integrazione delle due componenti, medica e ludica».
Terme vuol dire soprattutto benessere fisico. Si può però ipotizzare un futuro di benessere della
mente, oltre che fisico?
«Decisamente sì. Credo il periodo di lockdown ci abbia insegnato tanto a riguardo, sull’importanza del benessere fisico, certamente, ma anche sulla cura della mente. Non parliamo però di nulla di nuovo. Ad esempio noi, nelle nostre strutture Toscane di Fonteverde, Bagni di Pisa e Grotta Giusti, abbiamo già da alcuni anni un programma di remise-en-forme che si chiama “Equilibrium” e che lavora su quattro pilastri: alimentazione, trattamenti termali, esercizio fisico e, dulcis in fundo, tecniche di rilassamento della mente».
Parliamo di IHC: quali sono i piani per il 2021?
«In primis, continuare a gestire questa crisi senza precedenti cercando di fare un passo dopo l’altro con attenzione e lungimiranza. Come azienda abbiamo una grandissima responsabilità verso tutti: dipendenti, azionisti, fornitori. Occorre guardare avanti e agire con estrema cautela per non mettere a rischio nulla. Il 2021 sarà poi l’anno in cui completeremo i progetti di rilancio che riguardano tre delle nostre cinque strutture: Chia Laguna in Sardegna, Fonteverde e Grotta Giusti in Toscana. Infine, continueremo a rafforzarci nel mercato italiano e, perché no, cominceremo a riaprirci all’estero».