Lucia CATENACCI
La yurta è l’abitazione tradizionale dei nomadi mongoli e chirghisi, facile da trasportare e adatta alla steppa. Non solo un ambiente dove vivere ma un tempio. A questa struttura suggestiva il team dello Studio OBICUA (che in Mongolia ha lavorato), Massimiliano Brugia, Valerio Campi e Lucia Catenacci, in collaborazione con l’architetto greco Sofia Tsagadopoulou, ha pensato per il progetto Cupola, una delle soluzioni più apprezzate da destinare nel 2020 agli spazi comuni dove è necessario gestire molte persone contemporaneamente, a partire dalle spiagge.
Entriamo nella cupola guidati dall’architetto Lucia Catenacci, secondo cui l’architettura è lo strumento per risolvere problemi, fisici e dell’anima e che negli ultimi anni si è spesso occupata della realizzazione di strutture sanitarie: «il progetto è nato per dare una soluzione al settore del turismo e della balneazione. L’obiettivo era trovare uno spazio in cui i bagnanti e le famiglie potessero sentirsi protetti e sicuri. Abbiamo visto anche altre e diverse soluzioni avanzate, noi abbiamo pensato di proporre un’esperienza, in un certo senso, che permettesse tra le altre cose di fruire della bellezza delle nostre spiagge. Così abbiamo concepito dei pannelli triangolari di legno che, assemblati insieme, formano una cupola. Questa potrà essere tenuta parzialmente aperta, è personalizzabile rispetto alla luce desiderata, più o meno come un ombrellone. È facile da assemblare, da chiudere, da spostare. Il bagnante può direttamente intervenire sui pannelli a suo piacimento». La cupola è concepita come una struttura semi-permanente da montare a
inizio stagione e smontare a fine stagione. Inizialmente i materiali previsti per lo scheletro erano legno o alluminio ma sembra esserci una preferenza sul legno, più naturale e armonico in particolare per le spiagge. Il 26 maggio il primo prototipo è stato installato a Fregene, sulla costa tirrenica.
Lungi dal voler risultare dissacranti, potremmo affermare, e lo suggerisce il nome stesso dello Studio (evoluzione di Bicuadro Architecture), che la cupola abbia il dono dell’ubiquità: «sul piano climatico e ambientale la struttura è molto versatile, può essere adatta a qualunque tipo di spiaggia. È perfettamente in linea con le prescrizioni richieste dall’ultimo decreto, in particolare la misura da 4 metri (sono disponibili le misure da 3, 4 e 5 metri). È ottimale sia sulla sabbia che sui sassi, così come a bordo lago. Ad oggi abbiamo ricevuto soprattutto molte richieste dall’estero. È una forma molto flessibile, particolarmente funzionale negli spazi adiacenti all’acqua, tuttavia si adatta anche a musei, biblioteche, studentati e altri luoghi. Oltre ai modelli base principali ne abbiamo concepiti altri che potranno essere caratterizzati da materiali di realizzazione diversi. Ad esempio si può passare dal tessuto resistente al virus a quello più appropriato per il campeggio. Anche la forma potrà cambiare leggermente. La misura da 3 metri non ha un vero e proprio tetto e limiterebbe lo spazio in alcuni casi».
Come su molte altre, anche sull’esperienza della villeggiatura incide fortemente il rapporto che sviluppiamo con i luoghi, gli oggetti, i materiali, con tutti gli elementi con i quali interagiamo, che vediamo, che rimarranno forse impressi nella nostra memoria. Non possiamo ancora ricordare l’estate 2020 ma proviamo ad anticipare le impressioni che potremmo registrare dall’interno della yurta del ventunesimo secolo, che offre un’accresciuta dimensione privata: «l’esperienza della vacanza cambierà, soprattutto intravedo cambiamenti positivi. La sensazione di caldo aumenta molto in una spiaggia affollata, dove i bagnanti sono costretti a stare vicini fra loro.
Credo che la permanenza in spiaggia nel complesso sarà più agevole, ognuno avrà più spazio per sé. Anche dopo l’emergenza questo tipo di struttura potrà essere un buon compromesso. La cupola non vuole incidere moltissimo sull’estetica della spiaggia, solo consentire di utilizzare al meglio i suoi spazi». OBICUA si è dimostrato aperto alle critiche negative, laddove assennate, per migliorare il prodotto. Ad esempio ha concepito delle varianti, su richiesta, con tessuti/zanzariera per casi specifici. E a chi sostiene che le cupole siano destinate solo a stabilimenti con un certo livello di budget l’architetto Catenacci risponde: «il punto è che dobbiamo un po’ far pace con la situazione che stiamo vivendo. Se è necessario prendere delle precauzioni meglio farlo con concezioni esteticamente belle e valide piuttosto che essere obbligati a evitare del tutto le spiagge, anche per aiutare il settore turistico.
Il team sta sviluppando ulteriori idee legate al design della cupola, di cui probabilmente sentiremo parlare più avanti. In Turchia il termine yurt sembra indicare nello specifico il segno che la tenda lascia sul terreno quando viene spostata. Chissà se anche in Italia matureremo un vocabolo che indicherà il passaggio della cupola e tutti i significati che trascina con sé».