Enrico DAL BUONO
Le parole sono mattonelle, consentono di dare struttura ai luoghi, alle storie che abitiamo. Necessarie in special modo quando le energie comuni confluiscono verso un nuovo assetto. Abbiamo interrogato qualcuno che con le parole edifica tutti i giorni: Enrico Dal Buono, giornalista,
scrittore e docente di scrittura creativa di cui presto leggeremo il nuovo romanzo targato La Nave di Teseo.
Aproposito, qual è il ruolo degli umanisti (non virologi, non epidemiologi né infettivologi) nei mesi che stiamo attraversando?
«Sembra che abbiamo scoperto la scienza negli ultimi mesi e da essa pretendiamo molto, soprattutto dalle scienze particolari: ma la virologia non può spiegare il significato della virologia. Serve un apparato culturale che possa offrire un senso, un significato innanzitutto di direzione. Altrimenti è come avere una serie di tappe confuse in giro per il mondo senza qualcuno che ci indichi un tragitto per percorrerle». Lo afferma chi le tappe le ha bruciate in ogni senso, infatti Dal Buono fra le altre cose si occupa anche di reportage.
La pandemia potrà costituire un limite per chi racconta angoli di mondo e per chi desidera esplorarli?
«Un po’ temo di sì, però come in tutto potrebbe esserci l’altra faccia della medaglia. Se si riducono gli spostamenti che prima erano evitabili forse il mondo diventerà meno scontato e meno piccolo. Chi viaggia per lavoro potrebbe avere l’occasione di svelare posti che sono più difficilmente raggiungibili. In altri casi, bisogna dire che la maggior parte delle persone non apprezza così tanto il posto dove va: viaggiare a volte è più uno status sociale, un’occasione per farsi il selfie appena arrivati. Allora tanto vale acquistare un fondale e farsi i selfie in casa. Forse questa situazione aiuterà a riscoprire l’essenza del viag
gio, la sua autenticità, la sua unicità. Se diventa una routine orientata al mostrarsi agli altri, è inutile». Asserzioni caustiche? Siamo proprio sicuri che a ben guardare, almeno una volta nella vita, ciascuno di noi non sia stato un turista dal selfie coatto?
Cambiamo argomento e soffermiamoci su ciò che non sempre aderisce alla professione svolta. Cos’è secondo te il benessere?
«Sentirmi nel posto giusto al momento giusto, trovarmi nel punto spazio-temporale che mi fa sentire a casa. Dopo due mesi chiuso in casa faccio quasi fatica a ricordarmi come si sta in altri posti» sorride, e come dargli torto. «Mi è capitato di sentirmi così in posti anche molto diversi tra loro, penso che debbano allinearsi le condizioni tra come stai tu in un momento specifico e le condizioni ambientali del luogo dove ti trovi. C’è da dire che però quando le cose vanno benissimo ti ricordi poco di una vacanza: sono gli imprevisti che la rendono memorabile».
Come immagini le prossime vacanze in Italia?
«Ipotizzo che si prenderanno meno aerei e meno treni e ci si muoverà di più in auto, più sicura, anche se questo dovrebbe essere un momento di scelte ecologiche. E credo che si tenderà a privilegiare condizioni di isolamento, di raccoglimento, attività che possano conciliare benessere e distanziamento. Una certa direzione si imporrà a discapito della movida e del turismo di massa. Secondo me il plexiglass non è il futuro, se si va in vacanza per essere trattato come un potenziale untore, chiuso in una bacheca a friggere, forse si preferirà non andarci. Immagino che questa estate ci sarà più gente che andrà in montagna, che permette una certa dispersione, ad esempio nei sentieri per i boschi, che non al mare». “Il coronavirus ci ha liberato da ciò che, più o meno segretamente, consideravamo ormai una fatica anacronistica: incontrare gli altri”
hai scritto in un tuo recente articolo dai toni ironici. Quindi l’isolamento può costituire anche una forma di evasione. Il turismo potrà aiutarci a incontrare un isolamento più sano del mero #iorestoacasa?
«In quell’articolo infatti ironizzavo, però è vero che la relazione con gli altri costa fatica, è un continuo mettersi alla prova, un dover stare attenti alla reazione che i nostri comportamenti suscitano negli altri. Quella attuale potrebbe essere un’occasione per fare una scrematura rispetto alle relazioni e ai rapporti che abbiamo creato nel tempo. L’isolamento sano offerto dal turismo potrebbe essere sicuramente un’occasione rigenerante per il singolo, per le famiglie, per le coppie, almeno per quelle che hanno resistito agli ultimi mesi e per chi è pronto al viaggio come isolamento, allo stare soli con se stessi».
Il mondo diventerà meno scontato e meno piccolo. Forse questa situazione aiuterà a riscoprire l’essenza del viaggio, la sua autenticità, la sua unicità...