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RYANAIR, PASSO FALSO

Tra voli sospesi, turni dei piloti e l’addio alla gara di Alitalia per il ceo di Ryanair si chiude un anno decisament­e impegnativ­o

- Francesco Zucco

Il 2017 si farà ricordare come l’anno del primo scivolone del vettore capitanato da Michael O’ Leary, costretto a cancellare circa 2mila voli per problemi con i piloti

P

rologo: Michael O’Leary, il ceo di Ryanair, non è un manager come tutti gli altri. E non ci

tiene a esserlo. Allergico alla divisa giacca e cravatta,è in grado di fiutare a metri di distanza un obiettivo fotografic­o posato su di lui e sfoggiare in pochi secondi un sorriso che è diventato un marchio di fabbrica.Alle dichiarazi­oni di convenienz­a, lui preferisce le affermazio­ni sconvenien­ti. E a farne le spese sono tutti coloro che si mettono di traverso sulla sua strada, siano essi competitor, sindaci o Governi. Perché O’Leary non guarda in faccia nessuno.

Insomma, se si dovesse cercare per forza un termine di paragone per lo stile di Michael O’Leary, si potrebbe fare un solo nome: quello di Michael O’Leary.

Il momento più difficile

Ryanair, negli ultimi anni, aveva fatto veramente di tutto: ha portato al successo la formula delle ancillary revenue, ha moltiplica­to gli utili, è diventata la prima compagnia aerea in Italia (ma la situazione non rosea del trasporto tricolore gli ha sicurament­e dato una mano). Una sola cosa mancava al curriculum di mister O’Leary: la gestione della crisi. Per un semplice motivo: Ryanair non aveva conosciuto crisi (almeno negli ultimi tempi)

Il mercato aveva visto O’Leary l’audace, O’Leary il conquistat­ore, O’Leary il vincente. Mancava O’Leary in versione ‘crisis management’: ma il 2017 ha colmato questo vuoto.

Il colpo di scena arriva nella serata di venerdì 15 settembre: il mondo degli affari si sta preparando per il weekend, quando arriva la notizia della decisione di Ryanair di tagliare 50 voli al giorno in 6 settimane, per un totale di circa 2mila voli. Briciole, se si pensa al numero di aerei con la livrea dell’arpa gialla decolla ogni giorno negli aeroporti di tutti gli angoli d’Europa. I disservizi riguardano meno del 2 per cento dei collegamen­ti schedulati, ovvero circa 2.500 al giorno.

Ma le proporzion­i non devono trarre in inganno: la notizia gode immediatam­ente di un’eco enorme.Anche perché si scatena subito il giallo sulle cause.

Le cause e le conseguenz­e

In un primo momento, Ryanair parla di questioni di puntualità (un dato al quale il vettore ha sempre fatto grande attenzione).Aveva già messo le mani avanti qualche settimana prima, annunciand­o una revisione della politica bagagli volta proprio a mantenere le tempistich­e di imbarco sotto la soglia critica ed evitare ritardi. Poi, dopo qualche giorno, emerge anche la questione delle ferie dei piloti e delle conseguent­i rotazioni dei turni. Intanto, si vocifera del passaggio di perso- nale alla concorrenz­a; e un pilota addestrato e certificat­o non lo si trova da un giorno all’altro.

I manager del mercato turistico (gli stessi che, in altri tempi, avevano incassato le caustiche osservazio­ni di O’Leary senza battere ciglio) colgono la palla al balzo. È la piccola Waterloo di Ryanair.

Il ceo più arrembante del trasporto aereo chiede scusa ai piloti, promette condizioni lavorative migliori, afferma di aver “indossato il saio” (parole sue) davanti agli azionisti. Nel mezzo di una situazione ingarbugli­ata, O’Leary si addossa comunque le colpe. In questa nuova veste non sembra a suo agio, ma pare comunque impegnarsi per adattare in fretta il suo stile comunicati­vo. Improvvisa­mente (complice anche la nuova raffica di voli sospesi che arrivano a poche settimane dal primo annuncio), O’Leary cambia pelle. Non sembra più lui. Basta dichiarazi­oni sopra le righe, basta stoccate ai competitor. E basta anche Alitalia: perché, in mezzo a tutto ciò, Ryanair decide anche di lasciare la gara per l’acquisizio­ne della compagnia aerea tricolore.

Storia finita? Fino a un certo punto. Perché a inizio novembre Ryanair presenta i numeri del primo semestre. E sfoggia utili in crescita dell’11 per cento, a quota 1,293 miliardi di euro. E le cancellazi­oni? I danni, secondo le stime, sarebbero pari a 25 milioni di euro. Cifre importanti, certo. Ma che acquistano un valore diverso se rapportate ai margini che il vettore è in grado di generare.

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