OVERTOURISM
È stato uno dei temi caldi del 2017 e continuerà a esserlo anche nel prossimo futuro: il sovraffollamento delle destinazioni turistiche rischia di creare dei mostri
È stato uno dei temi dell’anno e lo sarà nel prossimo futuro: l’aumento dei flussi turistici mondiali porta ad una crisi di crescita e al sovraffollamento
In principio fu Barcellona, poi Amsterdam, Parigi, Londra, Santorini e le Baleari.
Ma prima ancora c’è stata Venezia e oggi gli insospettabili:il Monte Fuji in Giappone, il Macchu Picchu in Perù e lontana, nel Nord, l’Islanda. L’overtourism sta colpendo in maniera indiscriminata le più diverse parti del mondo, scatenando le ire dei residenti.
Le cause scatenanti
L’analisi più lucida della questione è stata quella di Taleb Rifai, segretario generale dell’Unwto, che ha identificato il fenomeno come una crisi di crescita del turismo.“Ogni attività in crescita porta con sé anche conseguenze negative ha detto nel corso dell’ultimo Wtm a Londra -. Ma la risposta non dovrà mai essere quella di bloccare lo sviluppo”.
Rifai traccia anche uno schema per comprendere da cosa si è generata questa situazione, identificando 3 fattori: la rivoluzione digitale, la rivoluzione urbana, l’accessibilità dei viaggi a tutti, complice la rivoluzione low cost. Un tema, però, per il segretario dell’Unwto deve rimanere ben saldo: “Non possiamo negare in alcun modo il diritto a viaggiare, semmai dobbiamo affrontare la sfida e dare risposte subito”.
I numeri del fenomeno
Alcuni dati sono, inutile negarlo, impressionanti. Per Venezia gli ultimi numeri disponibili parlano di 10 milioni di arrivi e 34 milioni di presenze per soli 55mila abitanti, ma le altre città sono solo leggermente meno affollate.Amsterdam ha accolto, nel 2016, 17 milioni di persone su 850mila residenti, Santorini accoglie 2 milioni di persone l’anno su 25mila residenti, Barcellona 30 milioni di turisti su 1,6 milioni di abitanti.
E poi c’è il caso dell’Islanda (nella foto, la Blue Lagoon). I numeri del Paese sono, certo, notevoli, con 1,6 milioni di visitatori l’anno per 334mila residenti su tutta l’isola, ma rispetto ad altre realtà sono relativamente sostenibili. Quello che non è sostenibile, in questo caso, sono le percentuali di incremento, che stanno cogliendo l’Islanda impreparata (e forse impossibilitata) a rispondere sia dal punto di vista infrastrutturale, sia di accoglienza. Il risultato è che l’esperienza di viaggio nell’isola di fuoco e ghiaccio diventa quella di una insostenibile ressa per un luogo che nell’immaginario collettivo è deserto, aspro e spopolato.
Possibili soluzioni
Le diverse mete del mondo hanno scelto di battere ognuna la propria strada, e non sempre questa si è orientata verso l’accoglienza. È il caso di Amsterdam, che dopo aver tentato la delocalizzazione dei flussi, è arrivata alla conclusione che l’unico modo per sollevare il centro storico dalla pressione turistica sia imporre una city tax da 10 euro a notte,che si va ad assommare alla tassa di soggiorno calcolata in percentuale sul costo dell’hotel. Una bomba,che fa il paio con l’aumento delle tasse di soggiorno alle Baleari, che tentano di spostare il turismo verso zone più periferiche. Parigi sta provando a limitare le notti che i proprietari di case in affitto su Airbnb possono offrire, mentre in Italia le città d’arte stanno stabilendo protocolli comuni per affrontare la situazione.