Barbra Streisand
AEROPORTO JFK, NEW YORK, 24 APRILE 1969
Guarda quanta gente è venuta ad accoglierci! Dico così a mio figlio Jason (avuto nel 1966 con l’attore Elliott Gould, ndr) mentre la folla si accalca ai cancelli dell’aeroporto Kennedy per vedere la diva fresca di statuetta. Se da ragazzina mi avessero detto che avrei condiviso un Oscar con Katharine Hepburn mi sarei messa a ridere, e invece dieci giorni fa è successo davvero (miglior attrice ex aequo per il ruolo di Fanny Brice in Funny Girl, 1968,
ndr). «Hello gorgeous!» ho esordito stringendo la statuetta, e il pubblico è esploso in un lungo applauso. Non è forse un segno del destino che la battuta della protagonista all’inizio del film sia quella che mi ripeto da sempre per esorcizzare gli insulti? Ogni volta che qualcuno mi prendeva in giro per il mio aspetto, correvo allo specchio a dirmi cento volte «Ciao bellissima!» finché i difetti svanivano e restava solo una ragazzina con la voce d’angelo e i sogni testardi. Perfino mia madre considerava patetiche le mie ambizioni e il mio patrigno non perdeva occasione per ricordarmi quanto fossi “brutta”. Eppure io lo sapevo che avrei sfondato senza cambiare nulla di come sono, occhi strabici e nasone compresi.
A DISPETTO DI TUTTI
A 16 anni feci il mio debutto trionfale in un club gay del Greenwich Village, ma non mi bastava: volevo recitare prima che cantare, competere con le più belle del pianeta, e a nessuno avrei permesso di demolire il mio sogno. Ho dormito nei sottoscala dei teatri e accettato ogni tipo di lavoro pur di bazzicare i palchi di Broadway e assicurarmi qualche provino, ma per i registi non ero mai abbastanza bella. Stavo quasi per rinunciare e darla vinta a mia madre, quando con una buona dose di faccia tosta ottenni il ruolo di Fanny Brice, l’artista delle Ziegfeld Follies, bruttina e piena di talento: praticamente la mia storia.Al primo ciak fu un gioco da ragazzi avvicinarmi allo specchio e recitare: «Hello gorgeous!». Il brutto anatroccolo era diventato un cigno. Carmen Scotti