Lincoln, un padre ferito
GEORGE SAUNDERS RACCONTA DEL PRESIDENTE USA E DI SUO FIGLIO. E DELL’AMORE CHE LI LEGA OLTRE LA VITA
Willie muore a 11 anni per un raffreddore degenerato in tifo. Ma continua a svolazzare con altre anime in pena nel purgatorio buddista, il Bardo, dialogando col padre. Il suo non è un papà qualunque ma Abramo Lincoln, 16esimo Presidente Usa, che alla veglia non riesce a staccarsi dalla bara del figlio e non si rassegna al terribile lutto. Lincoln nel
Bardo del texano George Saunders, tra i più grandi autori contemporanei, è una storia corale sulla perdita di chi ci è più caro, sul filo di ironia e commozione. Lo abbiamo incontrato al Festival Letteratura di Mantova, in occasione della presentazione del romanzo. È possibile rassegnarsi alla morte di un figlio? «No. Le cose finiscono, ma noi umani siamo nati per amare e quindi il nostro cuore non si arrende mai. Infatti Abramo Lincoln continua a parlare con il figlio e ad amarlo nello stesso modo. E il piccolo Willie non si rassegna a lasciare il padre solo sulla-Terra con quella grave ferita». Il Presidente però deve pensare alle enormi responsabilità della sua carica politica... «Il Presidente Lincoln, nonostante la tragedia personale, è riuscito a portare gli Stati Uniti fuori da uno dei periodi più bui: quello della Guerra Civile e della schiavitù. È un esempio di come il dolore, se ribaltiamo la prospettiva, può renderci più saggi e più forti».