Liliane Bettencourt
Guarda papà com’è elegante in divisa! Così mi dice FranÇoise mentre guarda ammirata suo padreAndré (Bettencourt, politico e marito di Liliane, ndr) che sale sul palco per essere eletto membro dell’Accademia di Francia. Nei suoi occhi rivedo quell’adorazione che provavo io per mio padre (Eugène Schueller, fondatore di L’Oréal, ndr). So bene che era un amore unilaterale, che mio padre a malapena mi notava, ma a me non importava, perché non avevo che lui, dopo che mia madre morì quando avevo cinque anni. Fin da giovanissimo, il suo sogno era stato quello di inventare una tintura innovativa da vendere agli acconciatori parigini: quando ci riuscì, si rese conto che avrebbe potuto rivoluzionare il mondo della bellezza. Giorno e notte si dedicava ai suoi alambicchi che ribollivano nella cucina del nostro bilocale, e a 14 anni cominciai anch’io la mia gavetta, etichettando bottiglie di shampoo durante le vacanze estive. Nel 1939 la “Società francese per la colorazione inoffensiva dei capelli” cambiò il suo nome in L’Oréal e da un giorno all’altro ci ritrovammo ricchi sfondati.
L’IMPERO DELLA BELLEZZA
Nessuno conosceva i segreti dell’azienda come li conoscevo io, eppure per mio padre era inconcepibile che una donna lavorasse. Per anni mi sono sottomessa alle sue direttive stando sempre un passo indietro, facendo la bella statuina nelle foto di rappresentanza, tailleur color pastello e messa in piega impeccabile, ma quando lui morì (nel 1957, ndr) ereditai l’azienda e ne divenni la principale azionista. E adesso eccomi qui, un marito, una figlia e più soldi di quanti potrei spenderne in dieci vite. Per questo ho creato la Fondazione Bettencourt-Schueller, per sostenere progetti umanitari e aiutare chi possiede il talento ma non i mezzi. Madame L’Oréal, la donna più ricca di Francia è finalmente uscita dall’ombra di un padre ingombrante per dimostrare al mondo quanto vale.