Un like per Muhammad
UN 15ENNE SIRIANO DELLA GHOUTA ORIENTALE, MUHAMMAD NAJEM, CON I SUOI SCATTI STA RACCONTANDO SUI SOCIAL GLI ORRORI DELLA GUERRA CIVILE
VVoglio bene a tutti i miei amici, finora tutto ok, al momento io e la mia famiglia siamo in un rifugio sotterraneo. Senza acqua, né elettricità, né cibo”. Ovvero: cronache di guerra ai tempi di Instagram. Il testimone in questo caso ha soltanto quindici anni, dice di chiamarsi Muhammad Najem ed è siriano. Lo scorso dicembre ha aperto un profilo su diversi social network, attraverso i quali pubblica selfie con regolarità: fotografie e video in cui i suoi occhi azzurri si fondono con un panorama di case sventrate, corpi di bambini martoriati, macerie, morti, esplosioni. “Il mondo ci ha dimenticati. Ci stanno guardando morire di fame e bombardamenti.Viviamo nel ventunesimo secolo.Aiutateci e non comportatevi come il resto del mon- do”, ha scritto recentemente in un tweet, rivolgendo il suo appello agli Stati Uniti. Muhammad vive nella Ghouta orientale, vasto sobborgo agricolo a pochi chilometri dalla capitale, Damasco, dove nelle ultime settimane si sono intensificati i raid da parte dell’esercito governativo e delle forze armate russe. Una situazione che il segretario generale delle Nazioni Unite,António Guterres, non ha esitato a definire «un inferno sulla Terra».
LO SCENARIO DA INCUBO
Dopo le città di Raqqa e Aleppo, la Ghouta è l’ennesimo, sanguinoso nodo della guerra civile siriana: attualmente nell’enclave si concentrano le truppe ribelli dell’Esercito Siriano Libero, che si oppone al regime del presidente Bashar al Assad. Per questo motivo la regione è diventata l’obiettivo di bombardamenti continui. Una vera e propria trappola per i circa 400mila civili, tra cui lo stesso Muhammad Najem, che vivono qui: secondo l’Osservatorio Siriano per i Diritti Umani, all’inizio di marzo il drammatico conteggio sarebbe di 725 persone uccise, tra cui 275 bambini. Il 24 febbraio scorso il Consiglio di sicurezza dell’Onu ha approvato all’unanimità una risoluzione per una tregua umanitaria di trenta giorni, rimasta sostanzialmente inascoltata. A quel punto il presidente russo,Vladimir Putin, ha imposto un “cessate il fuoco” quotidiano dalle 9 alle 14, ma i bombardamenti sono continuati. Alcuni media occidentali intanto paragonano Ghouta Est a Srebrenica:
come in Bosnia nel 1995, anche qui si sta consumando un massacro di innocenti, in una zona quasi inaccessibile agli aiuti esterni. Recentemente fonti dell’Oms hanno denunciato che un convoglio umanitario formato da 46 camion è stato perquisito dalle forze governative: ai responsabili è stato impedito di consegnare gran parte del carico, composto da acqua potabile, cibo e medicinali. Sullo sfondo, infine, troviamo una situazione politica che si fa ogni giorno più fragile e complicata. Su un fronte Assad, sostenuto dai russi e dagli iraniani; sull’altro, i ribelli anti-Assad, fazioni jihadiste e il gruppo Stato Islamico. In mezzo, donne, bambini e uomini trasformati in scudi umani.
LA SPERANZA IN UN TWEET
“Molti ragazzi di Ghouta Est sono come me. Studiare e scrivere al buio, illuminati solo dalle candele, è molto difficile.A causa del lungo assedio del regime di Assad (…) viviamo in una piccola prigione, ma non ci arrenderemo. Finiremo la scuola e nessuno ci fermerà”. Con i suoi selfie, Muhammad Najem prova anche a raccontare la vita nonostante la guerra: lo vediamo raccogliere delle assi di legno “da portare alla mamma perché cucini il pranzo” con addosso una felpa di Bart Simpson. C’è anche qualche scatto con gli amici e una cuginetta.Accanto alle immagini, i suoi messaggi scritti in arabo e inglese, talvolta corredati da emoticon. Intanto i suoi video e i suoi tweet vengono condivisi da colossi dell’informazione come CNN e The Guardian. Al momento il suo profilo conta circa 6mila follower su Instagram e quasi 18mila suTwitter. E lui dice che da grande vorrebbe fare il reporter. Speriamo tanto che ci riesca.
LO SCONTRO SUL WEB
C’è chi accusa Muhammad Najem di essere un fake, un impostore, creato dalla Cia per screditare l’operato di Putin e Assad. C’è chi insinua che i ribelli, per pubblicizzare la loro causa, si siano fabbricati una nuova “Bana”, riferendosi alla bambina di 7 anni che ha commosso il mondo coi suoi tweet durante l’assedio di Aleppo. A postare questo genere di commenti sono soprattutto cyber-troll russi, tuttavia è vero che nessuno sa molto su questo teenager dagli occhi azzurri: l’unico a parlare è stato un attivista siro-americano, Kenan Rahmani, che ha affermato che l’account è “legittimo”. In questo rebus, una cosa è certa: davanti all’obiettivo dello smartphone c’è una persona che vuole che l’Occidente prenda atto che ci sono 400mila civili affamati, in condizioni di salute disastrose e sotto un atroce, infinito assedio.