Gael García Bernal Outsider e ribelli, a me!
GAEL GARCÍA BERNAL DIVO (E SEX SYMBOL) IN AMERICA LATINA, ANTIDIVO A HOLLYWOOD. ALLA VIGILIA DEI 40 ANNI, CON FILM E SERIE CHE L’HANNO RESO CELEBRE NEL MONDO, È DECISO A RESTARE NEL SUO MESSICO. DA PASIONARIO DEL CINEMA, TRA DIVERTIMENTO E IMPEGNO
G«Gli attori hanno la fortuna di vivere molte vite, a volte trovano quella che avrebbero voluto per davvero». Così dice Gael García Bernal del suo eccentrico direttore d’orchestra nella serie Mozart in the Jungle, ma per il (quasi) 40enne attore messicano sembra esserci un filo rosso che annoda, nel profondo, le vite di molti personaggi alla sua. Ribelli, outsider e folli sono la sua specialità. Dal giovanissimo Che Guevara de I diari della motocicletta del 2004 alla prossima attesa versione (politicizzata) del mito di Zorro (Z di Jonás Cuarón) fino allo svitato che vedremo in Museo - Folle rapina a Città del Messico, dal 31 ottobre nei cinema. È la storia vera di due trentenni di buona famiglia incapaci di finire gli studi che, una notte di Natale del 1985, decisero di svoltare appropriandosi dei tesori più iconici della tradizione Maya. Per Gael il cinema non è solo divertimento, ma un crocevia di racconto sociale e impegno politico. Ha anche ideato una serie tivù, Aquì en la Tierra, sul tema del potere e della corruzione, di cui ha parlato alle Nazioni Unite.
Il personaggio di Juan in Museo è anche un ribelle?
«Involontario, è più un folle. Nessun messicano, per giunta di famiglia borghese, ruberebbe un patrimonio di cui anche il più ignorante va fiero. Perché fa parte dell’identità di tutti noi».
È questo che l’ha attratta della storia?
«Sì, rispetto ai film americani che raccontano colpi spettacolari, questo fa pensare alle nostre radici, a quanto la storia faccia parte di noi. Il museo di Città del Messico, poi, è uno dei posti più belli del mondo».
Emozionante girare lì dentro?
«Restare lì dentro di notte è stato uno dei momenti più magici della mia carriera. E anche nel sito di Palenque, con Leonardo Ortizgris (il coprotagonista, ndr). Sotto le stelle, soltanto noi e le scimmie tra i reperti.Ti senti connesso spiritualmente con le origini della civiltà».
Lei ha mai rubato, anche solo per gioco, da bambino?
«Una volta, confesso, uno yogurt... e mi sono sentito così male! È troppo contrario ai miei valori». Da figlio di attori, ha sempre voluto recitare? «Ho iniziato a lavorare a 11 anni nelle serie tivù ma da adolescente pensavo che avrei fatto tutt’altro, il medico, lo scrittore, il calciatore. Ma l’esperienza dei miei, che facevano teatro in modo molto libero e creativo, e avevano intorno un melting pot di gente interessante, è quella che alla fine ha lasciato l’impronta più forte». Ora ha ideato e prodotto Aquì en la Tierra, una serie sulla corruzione. Per lei i film sono sempre politica? «Assolutamente sì. Sono un modo per cercare la verità, sentirsi responsabili, difendere la libertà di tutti».
Le piacerebbe che i suoi figli (li ha avuti dall’ex compagna, l’attrice argentina Dolores Fonzi, ndr) ereditassero il suo stesso desiderio di creatività e impegno? «Lazaro e Libertad hanno solo 9 e 7 anni. Per ora penso a crescerli come cittadini del mondo: sono mezzi argentini, mezzi messicani, e viaggiano con me ovunque».