Un ciclone chiamato Billie
Ha sbancato ai Grammy. Ha conquistato la platea degli Oscar. Ha curato la colonna sonora di 007. Ma soprattutto è l’icona della Generazione Z
«non puoi fingere di essere autentica»
Così parlò la diciassettenne Billie Eilish - ricrescita dei capelli verde fluo e felpa oversize - a una platea di giornalisti italiani, ansiosi di conoscere il segreto del suo successo. L’occasione (dell’incontro) era il suo concerto milanese di fine agosto 2019: lei era di spalla ai Twenty One Pilots, in realtà gran parte del pubblico era lì proprio per la cantante di Los Angeles, in tour con il suo album di esordio When We All Fall Asleep, Where Do We Go? Da quella giornata sono passati pochi mesi, ma i record che questa ragazza (che nel frattempo è diventata maggiorenne) è riuscita a mettere insieme sono strabilianti: il suo è stato il disco più venduto in America nel 2019, nonché il disco di debutto più venduto di tutto il decennio (in tutte le categorie, uomini, donne e gruppi) e ha incassato oltre 24 miliardi di stream globali. Agli ultimi Grammy Awards si è portata a casa sette premi, tra cui Record Of The Year, Album Of The Year, Song Of The Year e il Best New Artist, prima donna della storia a vincerli tutti nello stesso anno. «È stata una cosa da pazzi» ha raccontato in una recente intervista, «ed è anche una cosa fantastica per tutti quei ragazzi che fanno musica nelle loro camerette». La cameretta, eccola finalmente: il simbolo della Generazione Z, sempre connessa con il mondo, ma a proprio agio tra le quattro rassicuranti mura domestiche. Esattamente come Billie, che per il momento non ha nessuna intenzione di lasciare mamma, papà e soprattutto quella casa da dove è incominciata la parabola della stella attualmente più splendente dell’intero firmamento musicale.
DALLA CAMERETTA AL RED CARPET
Cresciuta ad Highland Park, anonimo sobborgo di Los Angeles, Billie Eilish Pirate Baird O’Connell ha l’arte nel dna: i genitori sono entrambi attori, mentre il fratello maggiore Finneas O’Connell è un autore, musicista e in passato si è fatto notare come interprete della serie tv Glee. Finneas, in parte, è anche l’artefice del successo della sorellina: insieme hanno scritto moltissimi brani, compreso il singolo Ocean Eyes, pubblicato nel 2016 su SoundCloud, poi diventato fenomeno virale e scintilla di questa impressionante carriera. Popstar (o rockstar? difficile dare definizioni di genere) lontana anni-luce dalla bambola sexy Ariana Grande o dalla fidanzatina d’America Taylor Swift, Billie è diventata così, nel giro di qualche canzone e di parecchi post sui social, l’icona dell’inquietudine dei teenager. Dei loro incubi e dei loro sogni. Lei è la fatina dark dall’aria sghemba che indossa solo vestiti di tre taglie in più: «Quando ho deciso che queste sono le cose che mi piace indossare, tutti a dire “Billie sta facendo una dichiarazione d’intenti con questo suo modo di vestirsi!”. In realtà no, io non voglio dimostrare qualcosa, io mi vesto
come piace a me». Il risultato? Le maison di moda, da Gucci a Chanel, da Louis Vuitton a Prada, fanno a gara per vestirla, mentre le sue coetanee di mezzo mondo comprano T-shirt XXL e la ringraziano per aver creato un modello estetico più libero e inclusivo. Ma lei è anche l’artista che racconta, anzi sussurra, di amori non corrisposti (Wish You Were Gay), di dipendenze (Xanny, pezzo anti-ansiolitici: Eilish ha detto più volte di non aver mai fatto uso di droghe) e dei demoni che popolano la vita dei suoi coetanei, dai social alla paura di essere soli (When the Party’s Over). Tutte canzoni autobiografiche? In realtà no. Come ha spiegato in diverse occasioni, sono storie, personaggi realistici, non necessariamente, o esclusivamente, vicende personali: una bravura narrativa che l’ha resa la voce della sua epoca. «Billie è come i Nirvana. È la prova che il rock non è morto», ha detto Dave Grohl.
E come Cobain & soci portavano avanti gli ideali della Generazione X, lei si schiera per tutto quello in cui crede: i diritti delle donne, ad esempio (ha partecipato alla campagna #BansOffMyBody, per sensibilizzare l’opinione pubblica sul diritto all’aborto). Fino all’ambiente: «L’Amazzonia brucia per fare posto ai pascoli per gli animali. Capisco che il manzo sia delizioso, ma qui si tratta della nostra sopravvivenza!». Lei è vegana, e ovviamente adora Greta Thunberg. E come l’attivista svedese, ha tutta la potenza di fuoco di una teenager prodigio: venerdì 14 è uscito il suo pezzo No Time To Die, intensissimo brano clou della colonna sonora di 007 (in sala dal 2 aprile), mentre il 9 marzo darà il via al suo World Arena Tour, che farà tappa a Milano il prossimo 17 luglio. Stavolta, superfluo dirlo, l’headliner sarà lei.