Andrea Carpenzano
Se vi agitate non combinerete niente
Se gli chiedi com’è accaduto, lui mica lo sa bene. Eppure, in soli tre anni, Andrea Carpenzano ha infilato cinque film uno più carino dell’altro. Lui non è il tipo di attore che pianifica la carriera; coglie le occasioni e le vive fino in fondo, questo sì, ma senza ansia perché, parole sue, «più ti muovi, più ti agiti e più resti fermo». Da qualche settimana è al cinema con Guida romantica per posti perduti, con Jasmine Trinca e Clive Owen. Lui è l’innamorato straromantico - corrisposto malissimo di Jasmine Trinca, che gli racconta un sacco di bugie.
E lui è tipo da bugie? «Solo quelle bianche che non fanno male a nessuno, sempre siano benedette».
Si dice che tu sia molto autocritico. È ancora così?
«Mi piaccio a tratti. Ma non si tratta di questo o quel film, mi piaccio e mi dispiaccio molte volte anche nello stesso personaggio, ma alla fine mi dico che va bene così. Però sul set sono sempre a mio agio, mi piace quello che faccio».
Fare l’attore era il tuo sogno o avevi altri programmi?
«Non avevo proprio nulla in mente, prima di arrivare qui. Sono stato un ragazzino musone, mia nonna mi
chiamava “bel tenebroso” e dai 13 ai 19 anni ho vissuto un periodo molto delicato, ero proprio fuori di me».
In che senso?
«Ho sempre avuto bisogno dei miei tempi, che sono particolari. A quell’età andavo a scuola, non sempre, ma non mi fregava niente di niente. Il venerdì non ci andavo proprio, mi serviva il “ponte”. Spesso preferivo andare a passeggiare per i fatti miei, lunghe passeggiate a piedi in cui guardavo le persone, i paesaggi, senza musica nelle orecchie per non essere distratto. Non perdevo tempo, mi prendevo il mio tempo.
Gli insegnanti un po’ l’avevano capito e mi lasciavano fare».
Ti piacciono i “vuoti”.
«Esatto. Ho bisogno di tempo per annoiarmi, per non essere assolutamente ispirato. Ti faccio un esempio: mia sorella fa l’illustratrice, è bravissima. A un certo punto ha trovato un lavoro e io mi chiedo: come può una persona che lavora dalla mattina alla sera trovare l’ispirazione per una buona illustrazione? Non è possibile, lì ci vorrebbe un “vuoto”. È così che nasce un artista vero. Artista, che parola abusata».
Trovi?
«Chiunque sappia fare un disegnino oggi si fa chiamare artista. E poi c’è quest’ansia di “lanciare un messaggio”. Prendi Banksy, usa l’arte per parlare di problemi sociali: io non so che farmene dei messaggi “spiegati”, delle didascalie, un artista vero è quello che passa a te la palla. Nella sua opera leggi quello che sei».
Fammi il nome di qualche artista vero, allora.
«Uno dei miei film preferiti in assoluto si intitola Appuntamento a Belleville, un film d’animazione di Sylvain Chomet (presentato a Cannes nel 2003, è stato anche candidato all’Oscar, ndr). Poi mi piace il cinema di Harmony Korine, la musica di Paolo Conte e Franco Battiato. Io vedo immagini quando la sento».
Che cosa ti è rimasto del lockdown?
«Lo dico senza vergognarmi: il lockdown è stato il periodo più bello della mia vita. L’ho passato a casa di mio padre, in 40 metri quadri, ed è stato perfetto. Mi svegliavo la mattina mentre lui al computer faceva esami ai suoi studenti all’Università, mangiavo, dormivo e aspettavo le sei di sera, quando aprivo una bottiglia di vino. Con mio padre abbiamo raggiunto l’equilibrio perfetto, ci siamo mandati a quel paese solo due volte: una volta io e una lui. Non ho letto libri né visto film, L’unica distrazione è stato il Grande Fratello, una vera lavatrice per la mente».
Ti piace il Grande Fratello?
«È talmente finto che non può non piacere. E comunque lo trovo più divertente di molti film pseudo intellettuali. Soprattutto non sopporto gli pseudo intellettuali che parlano male del Grande Fratello. Se spendi del tempo a fare ragionamenti su un programma così, allora sei proprio un cretino».
Il tuo profilo Instagram è anomalo. Niente selfie, molte foto di persone anziane e animali. «Quello che vedo quando vado a passeggiare, le persone che incontro. E tanti animali morti, è vero. Non è gusto per il macabro, io certe immagini le trovo irresistibili».
È vero che le ragazze ti confondono con Damiano, il frontman dei Måneskin? «Ora non succede più spesso, ma all’inizio sì, è stato molto divertente».
Damiano ha un sacco di fan adoranti, tu come sei messo?
«Piaccio alle ragazze tra i 24 e i 70 anni. Quelle più giovani si innervosiscono davanti a uno che fotografa animali morti».
Se un giorno dovessi smettere di fare l’attore?
«È un casino, perché non ho nessuna manualità, sono un disastro. Però potrei fare l’oste, oppure rubare bici, vedremo».
«NON HO FATTO NULLA PER DUE MESI ma guardavo il Grande Fratello,UNA LAVATRICE per la mente»