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Un progettino in cantiere ci salverà

ONDATA 2, LA VENDETTA. PER USCIRNE, MEGLIO GUARDARE DAVANTI, NON DIETRO. E INVENTARSI UN OBIETTIVO, ANCHE PICCOLO. UN FILM CHE VEDREMO, UN VIAGGIO CHE FAREMO. AL SOLITO, LA REGINA INSEGNA

- di MATTIA CARZANIGA

La regina Elisabetta II sta pianifican­do i festeggiam­enti per i suoi settant’anni di regno previsti nel 2022. Io invece ho adottato un cane. Ma cominciamo da lei: per ragioni di età, educazione e soprattutt­o gerarchia. Elisabetta ha 94 anni e pensa a quello che farà tra due anni, cioè quando ne avrà 96. No, 95: il Giubileo di Platino (così si chiama) cade il 6 febbraio, lei è del 21 aprile. A 95 anni non è ancora nella seconda metà della decina che ti porta al secolo: fa bene a sentirsi ancora una ragazzina. I pettegoli della Casa Reale, forse titillati dall’ultima magnifica stagione di The Crown, erano lì a confermare che la sovrana avrebbe abdicato l’anno prossimo per lasciare spazio sul trono all’ormai settantadu­enne Carlo. Figuriamoc­i: Elisabetta ha ancora la vita davanti a sé (cit. dal titolo dell’ultimo film di Sophia Loren, anche lei tornata a lavorare a 86 anni). Elisabetta è una supereroin­a, un kolossal, e infatti ragiona come un film Marvel: quelle produzioni che programman­o le loro uscite con parecchi anni d’anticipo, a maggior ragione ora che sull’industria del cinema è calata la legnata del Covid.

OSARE, CHE EMOZIONE

Ci fosse bisogno di dimostrare ancora una volta che la regina d’Inghilterr­a è l’unico vero faro da seguire, ecco l’ennesima prova. Soprattutt­o in epoca di pandemia: non sarà nulla a fermarci, facciamo programmi, occupiamo il tempo del “qui e ora” horribilis con un pensiero magico per il futuro. Avremo anche noi qualcosa da festeggiar­e, da progettare, da fare. Un’amica mia sta per lanciare un piccolo marchio di una cosa che in Italia ancora non s’è vista. Lo fa nel pieno della crisi economica da virus. «Pazza!», direte voi. E invece, di colpo, s’è trovata davanti un orizzonte più lungo del semplice «Cosa cucino stasera?» (anzi, cosa ordino a domicilio). «Ieri sono andata dal commercial­ista e mi sembrava di essere in discoteca: da quanto non facevo una roba così», mi scriveva l’altro giorno su WhatsApp (le videocall all’ora dell’aperitivo sono passate di moda).

IL NATALE PUÒ ATTENDERE

Il governo è il nuovo Babbo Natale, ci vuole convincere che, se faremo i bravi, avremo in regalo il Natale coi parenti. Ma non è questo il punto. Intanto perché, almeno a questo giro, siamo perfettame­nte in grado di farci da soli tutti i cenoni del caso: mesi e mesi di intingoli fai-da-te ci avranno ben insegnato a mettere su un cappone, no?

E poi perché nella gestione di questo infinito lockdown – che, l’abbiamo capito, è sempre personale ed emotiva – ormai sappiamo che l’obiettivo non può essere comune.

LA NOSTALGIA È FUORI MODA

Dobbiamo trovarci dei piccoli orizzonti privati su cui settarci. Alcuni possono riguardare direttamen­te il semi-isolamento a cui siamo ancora obbligati. Un altro amico ha appena scoperto che su RaiPlay hanno caricato undici film di François Truffaut. «Mi rivedo quelli che ho già visto e guardo quelli che mi mancano», mi diceva. «Devo solo decidere se fare una specie di retrospett­iva di fila o se vederne uno alla settimana. Undici giorni passano troppo in fretta».

Il traguardo dev’essere appena più lontano, purché nel futuro.

Il crogiolars­i nel passato fa molto primo lockdown, quando all’improvviso ci è mancato tutto quello che avevamo (la vita sociale “in presenza”, i concerti sottopalco, gli abbracci coi nonni per chi è ancora giovane) e abbiamo dovuto inventarci dei contorni nuovi, che erano molto simili al passato. L’happy hour si faceva lo stesso, ma su Zoom; il concerto non c’era più, ma si tornava a quelli vecchi su YouTube (io una sera ho messo su un’intera replica del Drowned World Tour di Madonna). Ai nonni si insegnava come stare su Skype.

GETTA L’AMO E POI CHISSÀ

Adesso invece siamo finiti in una fase di mezzo, in una terra di mezzo. Siamo stufi del passato e dei suoi rimpiazzi digitali: le parole chiave di Drowned World, il singolo che dava il titolo al tour suddetto, erano «my substitute for love», «il mio surrogato dell’amore», e a questo punto non credo proprio sia un caso. Ma, al tempo stesso, siamo spaventati dal futuro, perché ci sembra che non potremo fare più nulla. E invece è lì che dobbiamo guardare. Al film di Truffaut della prossima settimana, alla scommessa profession­ale che magari prenderà vita tra qualche mese, all’anniversar­io importante che cadrà tra due anni. E alla passeggiat­a con Zucca che dovrò fare tra dieci minuti. Perché non vi sarete mica dimenticat­i che ho adottato un cane. Era quell’idea eternament­e rimandata che s’è realizzata nella prima settimana da residente di un’eterna zona rossa. È tutto qui e ora – l’addestrame­nto del cucciolo, la selezione del cappottino per l’inverno, i peli sul divano – e insieme è un pensiero che fa guardare lontano. Ora chiedo alla regina cosa farà con i suoi corgi, per il Giubileo del 2022. Elisabetta è un role model pure su quello.

FACCIAMO PROGRAMMI, occupiamo il tempo del “QUI E ORA” HORRIBILIS con un pensiero magico PER IL FUTURO

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Gisele Bündchen e Scott Barnhill fotografat­i da Arthur Elgort nel 1999.
GIOIA! Gisele Bündchen e Scott Barnhill fotografat­i da Arthur Elgort nel 1999.

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