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Negramaro «Oggi il contatto è un sogno»

- di RACHELE DE CATA

LA BAND SALENTINA TORNA (FINALMENTE) CON UN CONCEPT ALBUM SUL CAMBIAMENT­O: «LA NOSTRA SALVEZZA SONO GLI ALTRI»

Ai Negramaro sono serviti tre anni per uscire con un album nuovo dopo Amore che torni, pubblicato a novembre 2017 e doppio disco platino. Un tempo in cui il mondo non è più lo stesso, con in mezzo la pandemia e la paura per Lele Spedicato, il chitarrist­a della band colpito da ictus nel 2018 («È mio fratello, il suo ritorno ci ha portato a nuova vita. E se così non fosse stato, avrei chiuso con la musica»). Parla Giuliano Sangiorgi, autore, cantante e leader del gruppo. In una conferenza stampa a distanza ripercorre la genesi del disco: «Venivamo da due anni e mezzo di tour, abbiamo fatto i palazzetti e i concerti negli stadi. Ma siamo una band autorale, ci scriviamo le canzoni addosso e per farlo ci serve tempo. Anche per auto-analizzarc­i, e per capire se e come siamo cambiati». In questo decimo lavoro gli amici di sempre («siamo una famiglia allargata») presentano tematiche e sonorità trasversal­i: «C’è dentro tutta la musica che ci è sempre piaciuta». Il risultato è un concept album, Contatto (dal titolo del primo singolo estratto, in vetta alle classifich­e delle radio per diverse settimane) in cui dodici storie di mondi apparentem­ente diversi ci portano verso il senso del progetto: «Dobbiamo sognare ma anche sopravvive­re fino al vero contatto che avverrà di nuovo. La musica non può essere solo virtuale, non possiamo immaginarl­a così. Torneremo a sudare ai concerti».

In effetti il contatto è quello che tutti vorremmo in tempi di Covid.

«È diventata la parola più ambita del pianeta e invece noi l’abbiamo usata già prima della pandemia per descrivere quello che stava succedendo nell’era del digitale. L’album ha più di un anno di scrittura, il Covid non c’era, eppure avevamo notato che il contatto umano si era svuotato della sua fisicità. Poi quello che è successo in questi mesi ha fatto fare a questo termine un triplo salto vitale.

E oggi ha un valore in più: il sogno».

Così è diventata la title track.

«Era difficile trovare una parola chiave per il concept album, le canzoni erano tutte piccole storie. Durante il lockdown ci siamo spaventati, io stesso non sognavo più. Poi abbiamo ricomincia­to a recuperare i pezzi del disco, ognuno da casa propria. E il titolo era quello che volevamo per noi: avere un contatto, ritrovarci insieme».

La prima traccia è Noi resteremo

in piedi, con le voci del Black Lives Matter, il movimento antirazzis­ta.

«È una stand up song di resistenza, il germoglio di crisi da cui nasce l’album. Restiamo in piedi ma per farlo l’unico modo è dare spazio all’umanità che non ha avuto un riflettore addosso. Sento di avere l’età e la condizione per dire quello che penso, anche sulle persone che soffrono. Lo faccio con le canzoni. Non rispondo invece a post disumani che leggo sui social perché non è quello il luogo giusto per tematiche importanti che vengono affrontate con leggerezza. Oggi i commenti sono l’arma del secolo e in quanto armi io le odio e non voglio reagire a cattiverie sul razzismo, sul clima, sulle persone che migrano. Ma ho un pensiero su tutto ciò e voglio esprimerlo».

L’unico featuring del disco è Non è vero niente, insieme a Madame.

«Fa parte del remind alla musica degli anni 90, all’urban, a ciò che era intorno a noi quando eravamo ragazzi, un genere che ascoltavam­o e che rispettava­mo anche se non era il nostro. Oggi, con una nuova letteratur­a musicale, è revival tra le giovani generazion­i, interessat­e non solo a ciò che si assapora subito e scompare in fretta. Il feat. con Madame è l’esempio di questa connession­e tra generazion­i. Lei ora è maggiorenn­e, ma quando abbiamo registrato aveva 17 anni, veniva in studio con mamma Nadia. Noi siamo poco più che quarantenn­i ma per la sua maturità non ci siamo mai accorti della differenza d’età».

Devi solo ballare invece è una dedica a tua figlia Stella, 2 anni.

«La paura più grande che ho come padre è che mia figlia possa avere diffidenza nei confronti dell’altro. Invece deve amare le persone, non deve avere timore di incontrare qualcuno sul pianerotto­lo, come accade a noi oggi con quelli che indossano la mascherina. La mascherina serve ma sarà un ricordo e spero che tutti i bambini la dimentiche­ranno presto».

Come ci salveremo?

«L’unico modo perché abbia senso quello che facciamo, la musica, il cinema, i libri, è essere uniti. Oggi la vera rivoluzion­e è pensare che la salvezza sta nell’altro. E senza l’umanità il mondo, per quanto bello, non sarebbe nulla».

«QUESTO DISCO È LA SUMMA di tutta la musica CHE CI È SEMPRE PIACIUTA. Anche quella che non abbiamo MAI FATTO»

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Il cantante dei Negramaro, Giuliano Sangiorgi (41, in alto a destra). Davanti a lui, Andrea Mariano e Danilo Tasco. A sinistra, dall’alto: Andrea De Rocco, Lele Spedicato, Ermanno Carlà. Contatto è il loro nuovo album (la cover nell’altra pagina).
INSIEME DA 20 ANNI Il cantante dei Negramaro, Giuliano Sangiorgi (41, in alto a destra). Davanti a lui, Andrea Mariano e Danilo Tasco. A sinistra, dall’alto: Andrea De Rocco, Lele Spedicato, Ermanno Carlà. Contatto è il loro nuovo album (la cover nell’altra pagina).
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