Lorenzo Zurzolo «Il mio privato non è pubblico»
RECITA DA QUANDO AVEVA 7 ANNI E SI DIVERTE UN MONDO. SOCIEVOLE? SÌ, MA ALLE FAN SUGGERISCE DI NON ESAGERARE, SUI SOCIAL. E DI SVELARSI POCO, COME FA LUI
Mancava proprio, a Lorenzo Zurzolo, un ruolo dark per coronare un anno che, dal punto di vista professionale, non è stato niente male. Il ruolo perfetto arriva con Weekend, su Amazon Prime da qualche giorno, in cui Lorenzo interpreta Alessandro, che è morto già dalla prima scena. Non è uno spoiler: il thriller diretto da Riccardo Grandi racconta di una morte misteriosa (quella di
Alessandro) con cui, anni dopo, i suoi 4 amici devono fare finalmente i conti. Il film è un continuo va e vieni tra il faccia a faccia tra loro e il momento, anni prima, in cui Alessandro è scomparso.
Invidie, segreti, bugie. Qui nessuno è buono né cattivo fino in fondo.
«Vero. È stata un’esperienza emotivamente forte, è un film di sentimenti complessi. Dura anche fisicamente: giravamo in Sila, un freddo assurdo, la scena della mia morte è stata lunghissima».
Ce l’hai anche tu una crew di amici così?
«Tendo a pensare che i miei amici siano un po’ meglio di questi (ride). Però sì, e riconosco le dinamiche. Anche i tradimenti. Sono capitati anche a me, ovviamente una storia di ragazze».
L’amicizia tra questi cinque è piena di non detti e segreti. Tu segreti ne hai?
«Sì e no. Mi considero una persona sincera, dico quello che penso, ma non mi piace condividere tutto di me. Anche sui social: molte informazioni di lavoro, poche cose private. Non è complicato essere riservato, basta volerlo».
Già, nel milione di follower di Instagram ci saranno molte ragazze, immagino.
«Sì, e scrivono molto, ma io rispondo solo a quelle che non esagerano. Alcune sono pazzesche, da “ban” immediato».
Hai appena vent’anni e lavori da quando ne avevi sette (primo impegno, uno spot con Francesco Totti, il suo idolo). Fai tutto da te o c’è qualcuno che ti guida?
«Mi fido molto del mio agente ma vado anche a istinto. Se mi metto in mente di fare o rifiutare qualcosa è difficile che cambi idea. I miei genitori non sono mai intervenuti nel mio lavoro, ma io mica gli racconto tutto...».
Il solito rapporto problematico coi genitori?
«No affatto, andiamo d’accordo. Lavoriamo un po’ tutti nel campo della comunicazione: papà è giornalista e lavora al Tg regionale, sta a Milano, mamma invece organizza eventi. Ho anche una sorella che vive a Londra: tra un po’ mamma si trova con la casa vuota».
Mediti di andartene anche tu?
«Sì, nei prossimi mesi sicuramente mi trasferirò. Resto a Roma, dove di preciso è meglio non dirlo».
Qual è stato per te lo scoglio più duro da superare in questi stranissimi mesi?
«Non sono tipo da feste e assembramenti. Non mi ritengo noioso, solo moderato. Durante il lockdown, che ho passato con i miei, ho ripreso in mano la chitarra, ho letto molto e ho visto una montagna di film. Lo scoglio vero è l’obbligo, l’impossibilità di vedere le persone a cui vuoi bene ma che non vivono con te. Io non posso lamentarmi, sono riuscito a lavorare ugualmente, anche se l’ultimo film l’abbiamo fatto “a puntate”. Certo è che questo periodo ha lasciato degli strascichi».
Cosa intendi?
«Ci ho messo un po’ a riabituarmi ad uscire, non ne avevo voglia. Tenevo la guardia altissima, un po’ di preoccupazione c’era ancora».
Strano, la tua generazione è quella “colpevole” della movida, un po’ incosciente...
«Credo ci siano molti talenti, in questa generazione. Ci sono delle leggerezze dovute all’età, è chiaro, ma è anche vero che sono sempre tutti pronti ad attaccarci. Personalmente avverto la responsabilità di essere tra quelli che domani dovranno lavorare e prendere le redini della situazione, ma non fateci troppe pressioni».
Hai appena finito di girare con Zampaglione, che film è?
«Si intitola Morrison ed è una specie di romanzo di formazione, interpreto un ragazzo un po’ insicuro che fa amicizia con una vecchia leggenda della musica».
Cosa faresti se non fossi attore?
«Ho una passione per la psicologia e sono stato un bravo studente. Mi sono iscritto anche all’università, volevo approfondire, ma il lavoro mi ha monopolizzato, sono stato distratto».
Hai un rapporto stretto anche con la moda. Quella potrebbe essere un’altra strada, no?
«Fare uno shooting di moda per me è come recitare: diventi un’altra persona, interpreti, è molto divertente. Ma è solo un gioco, io quando recito sono proprio felice».
MI PIACCIONO GLI SHOOTING DI MODA, è come recitare. MA NIENTE È PIÙ DIVERTENTE di stare su un set