Farfalle arrabbiate, battagliere e salve
SI INTITOLA HANGRY BUTTERFLIES IL DOCUMENTARIO CHE RACCONTA LA LOTTA DI UN GRUPPO DI RAGAZZE CONTRO L’ANORESSIA. LA REGISTA? È UNA DI LORO
Ragazze di tutta Italia unite da un hashtag: #la rinascita delle farfalle. Sono le adolescenti che soffrono di disturbi alimentari e, grazie ai profili social, hanno scoperto di non essere sole. Si confidano, si sostengono, si nutrono dei successi di quelle che stanno guarendo. Condividono su Instagram i momenti difficili ma anche le piccole grandi conquiste quotidiane, come aggiungere due biscotti alla colazione del mattino o mangiare con gusto una fetta di pizza. Ora un documentario racconta il primo incontro dal vivo, a Firenze, di alcune giovanissime di questa community nata online. Hangry Butterflies di Maruska Albertazzi va in onda su Rai3 il 15 marzo, giornata nazionale del fiocchetto lilla contro i disturbi dell’ alimentazione, e dal giorno successivo sarà su Raiplay. “Hangry” unisce le parole inglesi “hungry” (affamato) e “angry” (arrabbiato) per descrivere il nervosismo di chi ha fame e non può mangiare: tre milioni di italiane lo provano, non perché non abbiano accesso al cibo ma perché se lo negano vedendosi “grasse” pur essendo, invece, sottopeso al punto di rischiare la salute se non la vita.
MARUSKA, UNA EX
Nel film un gruppo tra i 14 e i 22 anni racconta la lotta per uscirne, il picnic con le focacce toscane è già una grande vittoria. Sono magre ma belle, positive, e in cura. Non sono visibilmente divorate dalla malattia ma, diversamente da quanto si immagina, la maggioranza delle persone affette da questi disturbi si ferma un pelo prima di precipitare sotto la soglia del peso accettabile proprio per evitare di affrontare il problema. «Io ero proprio così» racconta Maruska Albertazzi, 45enne sceneggiatrice e documentarista, che ne ha sofferto quando era ancora un male oscuro. «Mi sono ammalata negli anni 90, all’epoca del grunge e di Kate Moss, delle top model filiformi ed emaciate.
Ricordo lo stupore quando, a 13 anni, camminando per strada con una gonnellina a balze che mi scopriva le gambe sottilissime, sentii un gruppetto di ragazzi dire: “Carina, peccato che sia malata”» continua. Nessuna consapevolezza. «Per anni ho pesato 47 chili su 1 metro e 70 di altezza, non sono mai stata da ricovero ma il mio metabolismo funzionava male e, paradossalmente, proprio il fatto di non essere così “grave” mi ha fatto rimandare la cura. Allora, molto più di adesso, avere un disturbo alimentare era uno stigma. Adesso mi rendo conto di quanto sia importante curarsi il prima possibile, per limitare i danni che la malnutrizione provoca al fisico». Oggi Maruska pesa 57 chili, ha due figli di 10 e 4 anni, ma il suo percorso è stato lungo e doloroso, prima verso la consapevolezza e poi attraverso due lunghe psicoterapie. «Con Hangry Butterflies ho scelto di raccontare la guarigione prima della malattia, il gruppo prima del singolo». Perché i casi sono aumentati con la pandemia e coi circa 3000 decessi all’anno, questi disturbi sono la seconda causa di morte tra i giovanissimi dopo gli incidenti stradali.
VOGLIO ALTRE CANDELINE
Vera, una delle testimonianze più toccanti di Hangry Butterflies, ha deciso di salvarsi a 18 anni. «Il giorno del mio compleanno ero a Cagliari con la mia famiglia e non avevo proprio voglia di festeggiare, stavo male da tempo. Ero così debole che, davanti alla torta, non riuscivo neppure a soffiare sulle candeline. È stato allora che mi sono detta: “Se voglio spegnerle anche a 40 o 50 anni devo fare qualcosa”». Spesso anche i genitori restano spiazzati e confusi. «Pensavo che l’anoressia si manifestasse sempre con una magrezza spaventosa ma mia figlia Giulia è una sportiva, ciclista a livello agonistico. Un giorno l’allenatore mi ha detto che era dimagrita troppo, qualcosa non andava» racconta il padre, vigile del fuoco. «Io che vado a spegnere gli incendi senza paure, stavolta mi sentito impotente». E Giulia aggiunge: «Per me era una battaglia interiore, un “me contro me”: volevo uscire dall’ossessione ma quando arrivavo a 45 chili mi sforzavo di scendere a 44... finché ho capito che non è vita». La dottoressa Silvia Della Casa, endocrinologa e pediatra al Policlinico Gemelli di Roma, sottolinea: «È davvero difficile far capire alle ragazzine che un conto è essere magre e un altro è essere sane. Ed è dura convincerle a prendersi cura di sé. Oggi i sintomi si manifestano anche a 6 o 7 anni».
Il 20 per cento dei nuovi casi riguarda ragazzini sotto i 10 anni, anche maschi (in generale il 10% circa dei casi). Agnese è stata ricoverata il giorno dopo la prima comunione: «Sono crollata a terra piangendo, mi sono ritrovata in un reparto di Bologna dove ero la più piccola». A motivarla è stato il profilo Instagram di Nicole, ora ventenne (@nicole. foodblog): «Vedevo i post in cui si dava degli obiettivi quotidiani, un giorno il gelato, un altro il panino. Per me è diventata come una dea».
MOSTRARSI PER DAVVERO
Oggi tanti hashtag uniscono, come perline di un lungo filo invisibile, gli adolescenti di tutto il mondo in lotta per l’alimentazione: #anorexia #recovery #anorexiafighters. «Così esci dal tuo guscio» dice Micaela, che invece prima nutriva la sua ossessione guardando sui social le bellissime e magrissime che sembrano non fare altro che allenarsi e mangiare insalate. «Quando ho individuato questi profili e ho visto raccontare meccanismi identici ai miei, mi sono sentita un po’ come la loro sorella maggiore» conclude Maruska Albertazzi. «E ho capito che potevo aiutare proprio perché ci sono passata. So che dimagrire in quel modo è in realtà un tentativo disperato di mostrare agli altri come sei dentro, come ti senti davvero. So che digiunare è un modo per calmarsi, per riprendersi un potere che altrimenti non hai.
Per questo ho voluto incontrarle e raccontare la storia della loro community, tutti i loro scambi: so che l’anoressia si può riconoscere e vincere. E conquistare una vita dignitosa è possibile».
IL DOC VA IN ONDA SU RAI3 nella giornata nazionale del fiocchetto lilla CONTRO I DISTURBI dell'alimentazione