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Andrea Bocelli

«Sono un uomo fortunato perché ho chi mi ama. Senza, il successo non serve a nulla. E per il futuro vi dico che...»

- ANDREA BOCELLI di Paolo Fiorelli foto di Mark Seliger

Il cantante si racconta a Sorrisi .............

Sdraiato sulla poltrona che appartenne a Winston Churchill (una star mondiale potrà pur concedersi qualche sfizio, no?), Andrea Bocelli si abbandona a un fiume di ricordi e di progetti. Siamo a Lajatico, non lontano da Pisa. «Mi dicono che dovrei vivere a Parigi, a Londra o a New York, ma perché? Il centro del mondo per me è qui, nella campagna dove sono cresciuto». E dove oggi l’intero paese gravita attorno al suo successo: a parte i manifesti che costellano le strade, a pochi metri dal cascinale ci sono il museo di Bocelli, il ristorante di Bocelli, il Teatro del silenzio fondato da Bocelli e pure la statua di Bocelli plasmata da Gina Lollobrigi­da e subito donata al borgo (che tra l’altro, grazie a lui, risulta essere il comune più ricco d’Italia).

Andrea, manca poco a una data importante: il 22 settembre compirà 60 anni. Come li festeggerà?

«Mah, si festeggian­o i 20 anni, mica i 60. Anzi, per essere certo di non finire al centro di qualche celebrazio­ne nostalgica mi sono assicurato di trovarmi ben lontano: quel giorno sarò in Brasile per un concerto».

Bella mossa, ma noi il bilancio lo facciamo lo stesso. Si considera più in debito o in credito? La sua vita è straordina­ria, pur

essendo stata segnata dalla perdita della vista quand’era ancora bambino.

«Ma io mi sento fortunatis­simo! E soprattutt­o sono circondato da angeli: mia moglie Veronica e i miei figli Amos, Matteo e Virginia. Cosa chiedere di più? Se non hai chi ti ama puoi essere re Mida ma non serve a niente. Amos ha scelto pure il titolo del mio nuovo disco: “Sì”. Non è bellissimo? È la parola che vorresti sempre sentirti dire».

Il primo disco di inediti dopo 14 anni. Come mai un’attesa così lunga?

«Le note sono sette, le canzoni già scritte milioni. O trovi qualcosa di davvero interessan­te o non ne vale la pena. Qui c’è “Qualcosa più dell’oro”, l’ultimo brano composto da Francesco Sartori e Lucio Quarantott­o, che per me avevano scritto “Con te partirò”. È una canzone difficile, complessa, emozionant­e».

Lei si muove tra la classica e il pop. Qual è la differenza?

«Guardi, pop vuol dire “popolare”, e c’è molta musica classica che è più pop di tanta musica pop che non riesce a essere pop. Preferisco distinguer­e tra musica colta e musica spontanea. La musica colta è quella che ha una storia e regole codificate nei secoli. La musica spontanea è fresca, istintiva, sgorga dall’anima come un grido, e in questo modo possono anche nascere capolavori. L’importante è non avere pregiudizi. E poi dire che la lirica è elitaria significa tradirla: la lirica è nata per il popolo».

Eppure la hit parade non sembra d’accordo. Non è che ci sia molto Verdi...

«Il punto è che la casa della lirica è il teatro, non la tv. Per superare questa barriera ci vogliono personaggi come Pavarotti, che è stato l’Alberto Tomba della lirica: l’ha resa di nuovo popolare».

Poi è venuto lei. E poi «Il Volo».

«Ma ognuno ha la sua storia e sono casi che non si possono confrontar­e. Però Pavarotti mi ha insegnato tanto».

È vero che il suo primo lavoro è stato da avvocato praticante? Non riesco proprio a immaginarl­a in uno studio legale...

«E perché? Io sono molto diligente. Ai miei figli dico: “Cercate di amare quel che fate”. Mi applicavo molto. Poi però ho capito che guadagnavo di più con il pianobar».

Anche lì poco Verdi, immagino.

«Da ragazzo ascoltavo solo classica e quando mi sono proposto al primo locale mi hanno detto: “Puoi cominciare stasera, quante canzoni conosci?”. E io: “Per stasera ne posso imparare tre”. “Ok, ripassa quando ne avrai 200”. Così in un mese ho scoperto il pop: Frank Sinatra, Lucio Battisti, i Beatles. Che palestra ragazzi! Quanto mi sono divertito. Per non parlare degli incontri, le ragazze... Suonavo tutti i giorni tranne il lunedì e prendevo 30 mila lire ( circa 15 euro, ndr) a serata».

Però la popolarità è arrivata con Zucchero e l’incisione di «Miserere». Perché non l’ha più cantata?

«Perché mi rovina la voce. È una questione tecnica. Zucchero è stato un incontro decisivo, come quello con Caterina Caselli, che ha ve-

gliato su tutta la mia carriera. Ma il vero successo l’ho conosciuto con Sanremo. Il giorno prima non ero nessuno, il giorno dopo ero una star. Quando sono tornato a Lajatico hanno organizzat­o un corteo e io non riuscivo a capacitarm­i che mi trattasser­o in maniera diversa dal solito. Mi veniva da dire: “Oh ragazzi, sono io, Andrea!”. Persino mio padre mi trattava con reverenza. Lui che a ogni mio colpo di testa era solito chiosare: “Andrea, sei proprio un cretino”».

Ne ha avuti molti, di colpi di testa?

«Dicono che sono cocciuto. Per esempio, perché mi ostino ad andare a cavallo anche dopo una brutta caduta. Quel giorno i miei figli erano infuriati: “Papà, prima o poi doveva succedere! Adesso giura che smetti!”. Si erano invertite le parti. Ma io non smetterò mai. Il cavallo è la mia bicicletta, da ragazzo ci andavo pure in paese a prendere il caffè al bar».

Ci siamo spaventati anche per la notizia di un furto nella sua casa di Forte dei Marmi, un mese fa...

«Sono entrati due balordi e sono subito scappati, non c’è stato neppure il tempo di avere paura. Io poi in quei casi non ne ho proprio. Una volta ho sentito dei rumori alle quattro di notte, sono sceso e sono saltato addosso alla persona che si aggirava in salotto. Stavo pure per menarla... ma era la baby-sitter. Potevano dirmelo che aveva chiamato un taxi prestissim­o per andare in vacanza!» ( ride).

È la stessa casa dove è venuto a trovarla Ed Sheeran per girare insieme il video di «Perfect symphony». Come è nata quella esperienza?

«Mi ha chiamato lui e io ho subito detto di sì anche per lasciare a bocca aperta i miei figli, che sono fan sfegatati. E poi Ed è una persona simpatica, umile e talentuosa. Abbiamo passato una bella giornata in famiglia e la canzone ha avuto un successo pazzesco... cosa chiedere di più?».

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A OTTOBRE ARRIVA IL «SÌ» Andrea Bocelli (60 anni il 22 settembre) con la famiglia: da sinistra, la moglie Veronica (37) e i figli Matteo (20), Virginia (6)e Amos (23). Amos e Matteo sono nati dal primo matrimonio con Enrica Cenzatti. Sopra, l’album «Sì», che uscirà il 26 ottobre.
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BOCELLI INTERVISTA­TO FIORELLI DAL NOSTRO PAOLO
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LA PASSIONE PIÙ GRANDE Bocelli in sella. I cavalli sono la sua passione più grande insieme con la musica. Un’altra è la poesia: presto uscirà una sua raccolta intitolata «Piccoli versi». 19

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