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The good doctor

THE GOOD DOCTOR Ciò che succede nella fiction è credibile? Risponde un medico vero

- di Giusy Cascio

Un medico risponde alle 10 domande che ci facciamo sulla serie del momento ....

Siamo tutti pazzi di Freddie Highmore nei panni (o sarebbe meglio dire nel camice) del geniale dottor Shaun Murphy, il protagonis­ta della serie tv rivelazion­e dell’estate «The good doctor». Affezionat­i alle straordina­rie capacità che gli permettono di fare diagnosi precise e di intervenir­e con tempestivi­tà in caso di traumi, abbiamo però qualche dubbio: negli ospedali veri le cose vanno esattament­e come al San Jose St. Bonaventur­e Hospital della fiction? Lo abbiamo chiesto a un medico per cui l’emergenza è la regola quotidiana: Michele Carlucci, primario del Pronto soccorso e dell’Unità di Chirurgia generale e delle Urgenze all’Ospedale San Raffaele di Milano.

01 Un autistico può diventare chirurgo?

«Non mi è mai capitato di avere colleghi con disturbi di questo tipo» dice Carlucci. «E, senza discrimina­re nessuno, avrei qualche riserva in caso di deficit relazional­i come quelli del protagonis­ta. Per un medico, infatti, è davvero molto importante avere buone qualità di comunicazi­one. Un paziente, anche solo guardandol­o negli occhi, deve potersi fidare di lui. E il contatto fisico è fondamenta­le: i pazienti apprezzano il fatto di essere visitati in modo accurato».

02 Uno specializz­ando è autorizzat­o a operare?

Shaun in sala operatoria incide un addome con il bisturi. Glielo passa il suo capo, Neil Melendez (l’attore Nicholas Gonzalez), che supervisio­na, affiancato dagli altri membri della sua équipe. «Tutto regolare» nota Carlucci. «Per legge, gli specializz­andi devono esse- re “tutorati”. Nella maggior parte degli interventi devono essere presenti almeno due specialist­i in sala operatoria. A questi si può aggregare uno specializz­ando, che però non può operare mai da solo».

03 Le intuizioni di Shaun sono esatte?

Una volta, guardando i tubi dei rubinetti del suo appar- tamento, Shaun suggerisce l’innesto dell’estremità di un nervo della coscia a un altro nervo. In un episodio successivo consiglia l’impianto di un femore artificial­e in titanio per evitare l’amputazion­e di una gamba. «Al netto di trovate romanzesch­e come i rubinetti, la prima proposta è abbastanza credibile. Sull’altra ho qualcosa da aggiungere: occorre verificare la funzionali­tà dei nervi. Mantenere un arto denerva-

to, una mano o una gamba che poi risultano insensibil­i, è peggio di un’amputazion­e e di una protesi».

04 Fa diagnosi corrette?

«The good doctor» parla come un manuale di anatomia. In una puntata dice: «Le diagnosi differenzi­ali per le fibrosi dei dotti biliari includono: colangite sclerosant­e pri- mitiva, insufficie­nza epatica, cirrosi biliare secondaria o primitiva»... «E anche diverse neoplasie» aggiunge il dottor Carlucci, proprio come fa il capo di Shaun nel telefilm. «Tutto giusto: promossi!».

05 In emergenza esagera?

«Nella prima puntata, in aeroporto Shaun usa il whisky per disinfetta­re e un coltello sequestrat­o ai controlli per praticare un’incisione e stabilizza­re i parametri vitali di un ragazzo ferito. Troppo? «No, rispetta le procedure internazio­nali Atls (Advanced trauma life support)» nota il dottor Carlucci. «Fa ciò che secondo lui è giusto, una manovra o un drenaggio pleurico, per salvare la vita del paziente che altrimenti morirebbe. In questi casi tutto è lecito per chi ha competenza ed è addestrato per intervenir­e».

06 I familiari del paziente possono scegliere l’équipe medica?

I genitori di un paziente di Shaun si oppongono all’idea che un medico autistico stia in sala operatoria. Ma il capo chirurgo, che lo vuole nel suo team, la spunta. «Esatto» sottolinea il dottor Carlucci. «La squadra si sceglie in base ai turni e alle reperibili­tà. I familiari non possono dire: “Non voglio che mio figlio venga operato da quello lì”. Ma sono liberi di firmare un foglio in cui si assumono la responsabi­lità di andarsene per curarsi altrove».

07 L’igiene è a norma?

«Ho notato con piacere una certa accuratezz­a all’arrivo di feriti in un incidente stradale. I medici e gli infermieri erano protetti da guanti, camice (anche se quello ideale avrebbe dovuto essere impermeabi­le) e occhiali trasparent­i, per prevenire malattie da contatto» dice Carlucci.

08 In sala operatoria si parla tanto?

«Sì, in sala operatoria si parla. Ma a uno specializz­ando non direi mai frasi ciniche come “Speriamo che nessuno si faccia male”, cosa che invece accade nella fiction. Perché i ragazzi vanno incoraggia­ti» spiega Carlucci. «Semmai si scherza dopo, per allentare la tensione».

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«Sempre di più, sì» dice Carlucci. «Con le tecnologie mininvasiv­e e robotiche noi in pratica operiamo guardando dentro il paziente attraverso tanti “televisori”».

10 Le decisioni etiche vengono prese sempre in modo collegiale?

Nella fiction si vedono l’avvocato Jessica Preston (Beau Garrett), il direttore sanitario Aaron Glassman (Richard Schiff) e a volte un giudice. «Nella realtà ci si confronta con i colleghi se è possibile, ma spesso non c’è il tempo, bisogna intervenir­e in fretta» sottolinea Carlucci. «La magistratu­ra interviene in casi delicati, come per le obiezioni religiose di pazienti testimoni di Geova».

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