Quando gli appellativi arrivano dall’orto
In estate mangiamo (o dovremmo mangiare) più verdure. Crude o cotte, da sempre l’uomo se ne nutre, ma le usa anche per denigrare e insultare. Si ispira a madre natura, partendo da caratteristiche attribuite popolarmente ai vari ortaggi per prendere in giro o esprimere disprezzo (sotto, «Vertumno», dipinto di Giuseppe Arcimboldo del 1590).
Un esempio anche in «I Malavoglia»
E così capita di ascoltare frasi come «quello è uno zuccone» per intendere «persona insipida, testarda», definizioni come «sei una rapa, un cetriolo, una peracotta» per dire «sciocco», esclamazioni come «che broccolo!» per «goffo, incapace, che si lascia abbindolare», con l’accrescitivo broccolone, o ancora cavolfiore per «debole, insulso, senza personalità» e carciofo o bietolone per «semplicione, imbranato». Anche nella letteratura se ne trovano esempi: «Quel bietolone di suo figlio Rocco si era lasciato irretire dentro le gonnelle della Mangiacarrubbe» scrive Verga ne «I Malavoglia». Pure la patata è associata a una persona sciocca.
Pignolo? Viene da pinolo
Qualche volta la lingua italiana si evolve e perdiamo le connessioni. Sapevate che pignolo, cioè «pedante, troppo meticoloso, attaccato a princìpi e regole», deriva dal pinolo della pigna? Spiegazione probabile: il confronto tra il pignolo strettamente incastrato nella pigna e la persona che non sa liberarsi da schemi mentali rigidi e minuziosi.