Senza telefonino
L’altra sera sono andato allo stadio e nell’eccitazione della partita ho dimenticato il telefonino in macchina. All’inizio la cosa mi ha messo un po’ di ansia («e se succede qualcosa, come mi contattano?»). Ma poi ho riflettuto sul fatto che per trent’anni sono andato allo stadio senza cellulare. E non solo allo stadio: dappertutto, visto che non l’avevano ancora inventato. Ma liberarsi da questa abitudine non è semplice, infatti ogni tanto mi frugavo nelle tasche in cerca del telefono e solo dopo un po’ mi ricordavo che era in macchina. Forse. Forse era in macchina, perché poi mi venivano mille dubbi: non è che l’ho lasciato al bar? O mi è caduto al parcheggio? Perché sono fatto così: trovo sempre un modo per mettermi da solo un po’ di paura. Finita (male) la partita, sono tornato alla macchina e per fortuna il cellulare era lì. Ma era pieno di chiamate e di messaggini! Mi è venuto un colpo. Ho letto tremante il primo messaggio: «Ehi, ti hanno inquadrato tra il pubblico della partita!». Più o meno il testo di tutti gli altri sms. Quindi nessuna catastrofe, solo un fatto buffo (per fortuna in quel momento non davo in escandescenze, anzi, sembravo il tifoso perfetto). Lo so, magari pensavate che vi parlassi del Festival, ma su quello ci sono già un sacco di articoli. Ora sto preparando la valigia per Sanremo. E ci metterò una vita: continuo a interrompermi per controllare dove ho messo il telefonino. Quasi quasi lo lascio a casa.