TV Sorrisi e Canzoni

Un’impresa alpinistic­a

- di Aldo Vitali av@mondadori.it

Quando vado a Entrèves, un paesino in fondo alla Valle d’Aosta, passo le ore a fissare il Monte Bianco, che è proprio lì davanti, maestoso e misterioso (ne parliamo a pagina 28). Come alpinista riesco a malapena a salire su un muretto, ma come osservator­e non mi batte nessuno: scruto col binocolo i ghiacciai e le cime, imbambolat­o di fronte a tanta bellezza. Quest’estate ho deciso di avventurar­mi fino ai 3.500 metri della Punta Helbronner, dove la vetta della montagna più alta d’Europa è vicinissim­a e l’aria è così sottile che all’inizio ti gira la testa. Direte che faccio il falso modesto: affermo che sono un alpinista scarso e poi conquisto le vette del Bianco... Purtroppo non ho raggiunto la Punta Helbronner con un’ardimentos­a scalata: ci sono arrivato con la funivia. E una volta lì, attrezzato con gli abiti e le scarpe che uso ogni giorno a Milano, ho deciso di avventurar­mi sul cosiddetto “mare di ghiaccio”, lo stupendo ghiacciaio che separa l’Italia dalla Francia. Quanto ci ho messo a scivolare? Tre passi, poi sono rotolato ai piedi di due veri alpinisti, quelli con piccozze, ramponi e facce bruciate dal sole. Sono grato a quei rudi uomini di montagna che mi hanno aiutato a rialzarmi e hanno riso solo dopo essersi accertati che non mi ero fatto male. L’unica conseguenz­a è stata che mi sono strappato i pantaloni e che al ritorno, in funivia, la gente invece di guardare il Monte Bianco guardava un Ginocchio Bianco. Il mio.

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