TUTTO INIZIÒ PENSANDO AL PADRE BROWN DI RASCEL
Le radici di “Don Matteo” affondano nella Rai del 1970, quando viale Mazzini poteva offrire al pubblico solo due canali. Sul primo, il Canale Nazionale, in quell’anno va in onda lo sceneggiato “I racconti di padre Brown”, adattamento per la tv degli omonimi scritti dell’inglese Gilbert Keith Chesterton. Un successo che sfiorò i 21 milioni di spettatori, con Renato
Rascel come protagonista, e come artefice l’allora direttore generale della Rai Ettore Bernabei. E proprio Bernabei, 30 anni dopo e non più dirigente Rai ma presidente della società di produzione Lux Vide (da lui fondata), ripensando a padre Brown capisce che in tv c’è posto per un nuovo preteinvestigatore. Detto fatto: viene scritto un progetto intitolato provvisoriamente “Il diavolo e l’acquasanta” che ha come protagonista un certo Teodoro. Inizialmente Bernabei pensa di proporre il ruolo del protagonista a Lino Banfi, poi un’intuizione della figlia Matilde pone l’attenzione su Terence Hill, che casualmente sta lavorando a un’idea simile per Mediaset. Convinto della bontà del progetto, Terence accetta, negoziando però alcune modifiche. «Terence ha avuto ragione. Don Teodoro era un nome più “favolistico” mentre Matteo è decisamente più realistico» osservano i produttori Matilde e Luca Bernabei. A Enrico Oldoini, tra i “papà” della serie, va invece il merito di avere identificato in Nino Frassica l’attore ideale per prestare il volto al maresciallo Cecchini. «In quel momento nessuno aveva pensato a Nino che, invece, si è rivelato una scelta perfetta, sorprendendo noi per primi» ricordano i Bernabei. Il resto è storia, con una fiction che è arrivata alla 12a stagione, rinnovandosi continuamente senza mai snaturare se stessa.