TI CONOSCO, MASCHERINA!
Tutto cominciò a Venezia. Durante l’epidemia di peste del 1575 non si sapeva ancora nulla di virus e batteri, ma i dottori avevano intuito che respirare i “miasmi“poteva favorire il contagio. Crearono così maschere a forma di becco d’uccello. Nella parte cava contenevano un “filtro” di paglia, garze imbevute di aceto, erbe e sostanze protettive come lavanda, menta, mirra e ambra. Le mascherine “moderne”, però, hanno poco più di un secolo: nel 1897 il chirurgo francese Paul Berger è il primo a indossare, durante un’operazione, «un impacco rettangolare di sei strati di garza, con il bordo superiore tenuto contro il naso da corde legate dietro il collo». Come spesso accade, la novità fu ampiamente contestata. L’idea che il medico potesse infettare il paziente (e non viceversa) pareva ridicola a molti colleghi, tanto che un certo dottor Terrier affermò sprezzantemente: «Non ho mai indossato una maschera, e sicuramente non lo farò mai».
Col tempo le mascherine escono dall’ambito strettamente medico per diffondersi in quei luoghi di lavoro ricchi di polveri o sostanze tossiche. Ma prima della pandemia di Coronavirus il loro uso in Occidente era riservato a pochi ambiti. In Oriente, invece, erano già molto diffuse e popolari. In Giappone, per esempio, è considerato segno di gentilezza e rispetto verso