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ALBERTO SORDI

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Carlo e io andammo sul set e ci facemmo una foto con Alberto: lui aveva il cappello da cowboy e noi mimavamo con le manine il gesto delle pistole. Da quel momento lui si innamorò di noi e noi di lui. Ogni volta che partiva ci mandava una cartolina. La più bella arrivò da Kansas City, la città di cui il suo personaggi­o Nando Moriconi era innamorato nel film. C’era scritto: “Se fossi arrivato prima… Ma a me m’ha bloccato la malattia”. Anni dopo, quando Carlo faceva l’aiuto regista nel film “Polvere di stelle”, assistetti a qualcosa di incredibil­e. Si girava nel teatro Petruzzell­i di Bari la celebre scena in cui Alberto e Monica Vitti cantano la canzone “Ma ‘ndo Hawaii”. Il film era ambientato durante la guerra e in platea c’erano 1.500 soldati in divisa. Vedemmo arrivare Sordi con un braccio al collo. Carlo rimase senza parole. Andò da lui e gli chiese: “Alberto, che ti sei fatto? Oggi giriamo la scena più importante del film”. Lui rispose: “Che me so’ fatto? Niente. Mica potevo stringe 1.500 mani sudate!”». to di avere lasciato la mia agenda nello studio. Sapevo che dopo di noi era entrato Sordi. Sono rientrato e mi è preso un colpo! La mia agenda era su un termosifon­e al di là della poltrona su cui lui era seduto. Avrei dovuto necessaria­mente passargli davanti e piegarmi sopra di lui... L’ho fatto ma, prima, l’ho salutato con un “Buonasera, Maestro”. Quando ha visto che avevo preso l’agenda mi ha detto: “Ah, pensavo che me volevi da’ un bacetto!”. In seguito so che lui espresse il desiderio di incontrarm­i perché nelle critiche al film di Paolo Virzì “La bella vita” aveva letto che avevo fatto un personaggi­o sordiano. L’incontro, in realtà, è avvenuto dopo un bel po’ di tempo, alla festa per i suoi 80 anni. Io ero seduto al tavolo vicino al suo. Ci ho pensato e ripensato e alla fine sono andato a salutarlo. Sordi sapeva che ero stato protagonis­ta di uno spot pubblicita­rio diretto da Francis Ford Coppola che era un omaggio al film “Lo sceicco bianco” di Fellini, di cui lui era stato protagonis­ta. Così quando l’ho salutato, ha esclamato: “Aho’, ma che me stai a fa’ l’imitazione?”. Gli ho risposto: “Non mi permettere­i mai, era solo un omaggio”. E lui mi ha detto una frase che vale più di qualsiasi premio: “Non te preoccupa’, tu me la puoi fare”».

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Sordi era spesso ospite nelle di trasmissio­ni Pippo Baudo (qui insieme nel 1998).
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I fratelli Carlo ed Enrico Vanzina con Sordi sul set di “Un americano a Roma“(1954).

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