Dario Maltese
Il volto del Tg5 delle 13 si racconta ...........................
Èun “mezzobusto”: conduce l’edizione delle 13 del Tg5. Ma è anche un inviato che gira il mondo. Proprio questo rende speciale Dario Maltese, uno dei giornalisti più popolari della tv. E da qui partiamo per conoscerlo meglio.
Maltese, è meglio fare l’inviato o il conduttore?
«Sono due esperienze che si completano. Quando sono inviato perdo la cognizione del tempo, non ho orari, mi dimentico pure di mangiare... è faticoso ma eccitante. La conduzione tira fuori un altro lato di me: devo entrare nelle case degli italiani ed essere chiaro e gradevole».
La notizia più bella che ti è capitato di dare?
«L’arrivo in Italia dei primi vaccini. Venivamo da nove mesi di emergenza, lì abbiamo ricominciato a sperare».
La più drammatica?
«La stagione degli attentati in Francia. Sembrava che non dovesse finire più. Ero inviato a Nizza: la paura si respirava nell’aria. E con quella, la paranoia del sospetto. Cammini per strada e pensi che un camion potrebbe venirti addosso. È stato brutto».
La più difficile da raccontare?
«L’assalto al Congresso di Washington. Tutto è successo in modo caotico. Alle 23 mi chiama il direttore: c’è da preparare un’edizione straordinaria nella notte. Esco di casa di corsa, 30 minuti dopo ero in diretta».
È il tuo record?
«No. Quello l’ho stabilito durante il lockdown, con le strade deserte, beccando l’onda verde dei semafori sul Lungotevere: 13 minuti».
Il primo servizio importante per il Tg5?
«In India, per seguire il caso dei due marò. È stato il primo di molti viaggi».
Gli altri?
«Ho seguito le elezioni in America, Francia e Inghilterra, la Brexit, i matrimoni di William con Kate e poi di Harry con Meghan...».
Quale hai amato di più?
«Il primo. L’ho trovato più “intimo”, anche se c’erano le telecamere di tutto il mondo. Il secondo è stato segnato dalle polemiche sulle tensioni nella famiglia di Meghan».
Ci fai fare un giro virtuale dietro le quinte del
Tg5? Com’è la tua giornata tipo?
«Decisive sono le due riunioni con la direzione, alle 9.30 e alle 16. Lì ho imparato molto dal confronto con i colleghi, specie quelli con più esperienza. A cominciare dal direttore Clemente Mimun, che è un mago della “scaletta”, la sequenza dei servizi: riesce sempre a trovare la combinazione perfetta. Perché non basta mettere una notizia dopo l’altra: conta il mix, e ognuna deve essere raccontata col giusto taglio. Sono dettagli che fanno lo stile di un tg».
E come definiresti lo stile del Tg5?
«Serio e affidabile, ma non paludato. Anzi frizzante, specie nella seconda parte, dove cerchiamo di mettere anche tocchi di leggerezza».
C’è un modello a cui ti ispiri? Da ragazzo volevi diventare come...
«Non avevo un riferimento in particolare: mi affascinava la tv. E poi mi piacevano i network americani. Stimo Jonathan Capehart che lavora per “The Washington Post” e il canale tv Msnbc. Ora siamo amici. È carismatico e buca il video».
Cosa serve per “bucare il video”?
«Spigliatezza, competenza, una certa armonia. E tranquillità. Se la telecamera ti innervosisce, non fa per te».
Chi cura il tuo look?
«Io! Ho un sarto napoletano che mi fa gli abiti su misura (è anche un investimento, durano di più). E mi sbizzarrisco con le cravatte. Ammetto che per gli uomini è più facile: possiamo indossare lo stesso abito e nessuno se ne accorge. Le colleghe invece no».
Altre passioni?
«I viaggi. L’America l’ho girata moltissimo, dormendo nei motel e guidando tra Arizona, Utah, Nevada... forse perché il primo grande viaggio l’ho fatto a New York a 22 anni. E poi il cinema: “Parasite” mi ha sconvolto. E mi commuove sempre “Nuovo Cinema Paradiso”. Sarà che sono siciliano e mi rivedo nel protagonista che se ne va e poi ritorna, travolto dai ricordi. Da poco ho scoperto anche le serie tv».
A proposito, lo sai che nella miniserie “Maltese” il protagonista ha il suo stesso nome? Si potrebbe fare uno speciale: Dario Maltese intervista Dario Maltese...
«Un’altra coincidenza è che è stata girata in Sicilia nei luoghi dove sono nato io, tra Erice e San Vito Lo Capo. All’inizio volevo telefonare a Kim Rossi Stuart, poi ho lasciato perdere. Però sono anni che spero di incontrarlo per fargli questa battuta!». ■