TV Sorrisi e Canzoni

Che la libertà non ha prezzo

- (59 anni, ndr)

15 SETTEMBRE 1986: IL GIORNO DELLA SUA ASSOLUZION­E TORTORA ALLA FINESTRA DI CASA TRA LE FIGLIE

GAIA (OGGI 53, A SINISTRA) E SILVIA (1962-2022)

neanche le piccole cose che affrontano i ragazzi. Poi è arrivata l’assoluzion­e di papà. Ma la solitudine è una voragine che non ti lascia mai. Perché un “dopo” con papà non l’ho avuto: è morto troppo presto, alla stessa età

di mia sorella, morta l’anno scorso. Mi mancano tantissimo».

Come fa ad andare avanti «a testa alta», come diceva suo padre?

«Sono una persona curiosa, vado alla ricerca di un senso a ciò che ci è capitato. Mi aiutano il buddismo e la

psicoterap­ia. Ma a tenersi tutto dentro, prima o poi si esplode. A me è successo a 40 anni, quando il mio direttore, Enrico Mentana, mi ha chiesto di condurre l’edizione serale del telegiorna­le. Lì sono iniziati gli attacchi di panico. E ora so che sentirsi fragili non è una colpa».

Nel libro fa un ritratto asciutto di suo padre: sincero, vegetarian­o, andava a letto presto, mercoledì tappa fissa dal barbiere...

«E i nostri viaggi insieme, ne ricordo uno bellissimo a Bruges, in Belgio. E le cene al ristorante. Lui ordinava spesso i fagioli all’uccelletto. Poi ricordo la telefonata che faceva a me e a Silvia ogni venerdì dopo “Portobello”, per sapere se la puntata ci era piaciuta».

E a voi piaceva?

«Sì, ma eravamo giovani per capire la portata rivoluzion­aria del programma. Quella telefonata era una tassa da pagare: poi la serata era libera per uscire, ma alla fine non andavamo da nessuna parte».

Il ricordo più tenero?

«Quando ai colloqui in carcere mi chiedeva di Falcao. Io sono tifosa della Roma, mentre a lui il calcio non interessav­a. Cercava di distrarmi e strapparmi un sorriso».

Il 20 febbraio 1987 suo papà tornò a “Portobello” e disse: “Dunque, dov’eravamo rimasti?”. Lo vide?

GAIA TORTORA A “OMNIBUS”. LA GIORNALIST­A ROMANA È VICEDIRETT­ORE DEL TG DI LA7

Costanza 21, ma fanno tutt’altro: una studia Psicologia, l’altra frequenta l’Istituto europeo di design».

LA7 tutti i giorni ore 7.00

«Certo, ero a casa davanti al televisore come sempre. Ma i suoi occhi non erano quelli di prima, erano spenti. Lui era uscito dal carcere, ma il carcere non è mai uscito da lui».

Cosa le ha insegnato papà e in cosa siete uguali?

«A lavorare con scrupolo e con coscienza. Papà detestava i cialtroni. Anch’io, come lui, dico sempre ciò che penso a ogni costo, perché la libertà non ha prezzo».

Il libro “Testa alta, e avanti” di Gaia Tortora (Mondadori, pp. 144, 17,50 euro) esce il 21 marzo.

Lei ha due figlie, cosa sanno del nonno?

«Tutto».

OMNIBUS

STORIA DI FAMIGLIA Seguiranno le sue orme?

«Beatrice ha 23 anni e

C’è un oggetto suo che custodisce gelosament­e?

«Le lettere: le conservo in una scatola di metallo e ogni tanto le rileggo».

Scriveva frasi dolcissime, come: “Metti le ali, tortorella, e vola lontana!”.

«Quando le leggevo da piccola erano come carezze. Rileggendo­le adesso, provo un senso di vuoto: senza di lui è come se mancasse il secondo tempo del film». ■

circondata, a casa?». La prima domanda che faccio a Giorgia nasce dopo aver visto la sua ultima storia su Instagram: lei in macchina con il compagno, l’insegnante di “Amici” Emanuel Lo, ascoltando un brano del rapper Mostro. Un destino, quello di avere familiari che ascoltano musica diversa dalla sua, reso noto prima di Sanremo, quando disse che suo figlio, il 13enne Samuel, avrebbe tifato per Lazza e non per lei. «Io lo lascio libero in ogni scelta» spiega. «Lui già ha detto che gioca a calcio perché noi due genitori non ci capiamo niente. Quindi ascolta ciò che vuole, soprattutt­o rap e hip hop. Questo mi fa piacere perché io sentivo rap americano già 30 anni fa. Lo stereo della macchina è monopolizz­ato da lui. Ora però a volte entra qualche brano di “Blu”, il mio ultimo album».

E lui cosa fa, ascolta?

«Per pietà, secondo me! Non è sdolcinato, è ironico e pure adolescent­e».

Questo monopolio musicale continua a casa?

«Io tengo le cuffie e sento quello che mi pare La mattina quando vado a correre per allenare il fiato sento playlist Anni 70, 80, 90, fino ai giorni nostri. Mi piacciono anche le sonorità arabe e africane, mi danno ispirazion­e».

Qualche nome della scena rap che ascoltava da ragazza?

«Busta Rhymes, Tupac Shakur e The Notorius B.I.G. C’è da dire che mio padre

da buon musicista, mi permetteva di sentire solo le grandi voci del blues e del soul. Io aspettavo che uscisse per mettere a tutto volume i Duran Duran, che mi erano vietati in quanto “cattive influenze”. Adoravo conservare le cassette che facevano gli amici: il rock, il soul... Non è come seguire la musica sulle piattaform­e che ora ti propongono solo brani affini ai tuoi gusti. Era procedere per diversità».

Qualche altra nostalgia?

«Decifrare i testi! Gli americani li inventavo, per gli italiani c’era Sorrisi! Ritagliavo tutti quelli di Sanremo e li tenevo da parte, conservand­o una cartellina per i momenti in cui i miei genitori uscivano di casa e io... potevo cantare».

Parlando di Sanremo,

quanto tempo ci ha messo per riprenders­i da quella fatica e dallo stress?

«Sono ancora in ripresa! Sono tornata con la febbre, come nel 1995. Ma è normale, la pressione è altissima. Poi non dormi mai e alla fine della giornata il posto più sicuro in cui andare è il palco dove ti senti “nel tuo”».

Abbiamo notato l’amicizia con Elisa, quando avete duettato su “Luce” e “Di sole e d’azzurro”.

«Per noi è stato emozionant­e. Festeggiav­amo entrambe i 22 anni di quei brani, che abbiamo cantato proprio lì nel 2001. Ci siamo divertite e ognuna voleva che l’altra facesse bene, abbiamo messo in pratica la vera sorellanza».

Da quando siete amiche?

«Dal 2001, da quel palco. Ora abbiamo i figli che sono coetanei, andiamo in vacanza insieme. Diciamo che il Festival è stato un bel mix di sentimenti».

GIORGIA (51)

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