Le vespe che vivono solo a Bologna
C’È UN FAZZOLETTO di terra, nel cuore della “cittadella universitaria” di Bologna, dove vive una colonia di vespe parassite originarie della Persia. Vivono solo lì e non si trovano in tutto il resto d’Europa. La loro storia inizia più di 2.500 anni fa, quando Alessandro Magno, passeggiando nel giardino del re di Persia Dario III, rimase incantato di fronte a un albero di pesco in fiore. Una pianta a lui sconosciuta e che, perdipiù, forniva frutti dolci e succosi. Ecco perché in seguito arrivò anche in Italia. Il pesco, però, non arrivò nel nostro Paese da solo. Ad accompagnarlo c’era anche la Cydia
molesta, una falena dannosa ai frutti. In Persia pesco e falena avevano un loro equilibrio, mentre da noi le cose sono diverse. Qui, infatti, la Cydia non ha limitatori naturali, e quindi le sue popolazioni crebbero a dismisura e gli agricoltori erano, e sono, costretti a spruzzare insetticidi nei frutteti. All’inizio del Novecento, il famoso entomologo Guido Grandi volle fermare quest’onda chimica e si recò in Asia alla ricerca di un limitatore naturale della Cydia. Trovò una vespa parassita capace di uccidere le larve del lepidottero e la portò in Italia. Ma prima di liberare la vespa tra i campi, lo scienziato fece alcuni lanci preliminari nel giardino del suo istituto: proprio quel fazzoletto di terra nel cuore della “cittadella universitaria”. La vespa orientale si adattò, tanto che Guido Grandi decise di passare alla fase operativa: liberare milioni di vespe nei frutteti italiani. Finì malissimo: neanche una vespa sopravvisse e l’operazione si rivelò un fallimento. I motivi del disastro sono sconosciuti. Un mistero reso ancora più fitto dalle bis-bis-bis-nipoti delle vespe asiatiche che ancora volano nel giardino di Bologna. Solo lì si sono acclimatate e ancora raccontano il sogno di un entomologo: ottenere pesche mature senza l’uso degli insetticidi, ma solo grazie alla natura.