ELEAZARO ROSSI: «LA LIBERTÀ DI DIRE TUTTO»
Nome: Eleazaro. «È un nome dell’Antico Testamento, i miei genitori erano persone piuttosto religiose quando mi hanno avuto».
Provenienza geografica?
«Romagnolo, nato a Forlimpopoli (FC) e vissuto a Galeata (FC), nella valle del Bidente, fino a 22 anni».
E da lì a fare il comico?
«A 35 anni faccio un pezzo comico in una serata a “microfono aperto” a Bologna e lì vedo che c’è un’inclinazione. Dopo un anno mi hanno preso al canale Comedy Central».
È a “Le Iene” dal 2022.
«Mi chiama Davide Parenti (ideatore di “Le Iene”, ndr) di punto in bianco, io non conoscevo nessuno in quell’ambiente, fino a quel momento avevo fatto tv solo sporadicamente. Mi chiede un pezzo a commento di un servizio e gli piace».
Su di lei si legge: “Il suo stile è irriverente e dissacrante”.
«So solo che prendo a piene mani dai comici americani che fanno i monologhi, è la mia scuola, li divoro, li mangio, li rimangio e provo a farlo».
In tv c’è ancora spazio per il “politicamente scorretto”?
«No, la tv ce la siamo giocata, quello che mi fanno fare a “Le Iene” è una parentesi di libertà impressionante. Restano il teatro e le piattaforme come YouTube, dove c’è un contatto diretto con il pubblico».
Il monologo più riuscito?
«Finora ne ho fatti una sessantina, li scrivo con i miei autori di teatro. Il monologo che mi piace di più è sempre l’ultimo».
Prossimo spettacolo?
«Il titolo è “Grande figlio di p ***** a”, come il brano degli Stadio, è un flusso dove mischio quello che mi succede a opinioni e arrabbiature momentanee».
Il pubblico di cosa ride?
«Delle cose di cui ci si vergogna o di cui non si vorrebbe ridere, cose tremende. Possiamo ridere di tutto. È liberatorio». ■