Le previsioni del tempo? Una volta se ne occupavano... i maghi
FIN DALLA PREISTORIA
l’uomo ha cercato di prevedere i mutamenti del tempo basandosi sull’osservazione dei fenomeni naturali, come il movimento delle nuvole o il comportamento degli animali, ma anche con la magia. Per tutto il Medioevo, per esempio, si credette ai
“Tempestarii”, maghi che possedevano la capacità di prevedere (e scatenare!) le tempeste.
La strada per trasformare le previsioni del tempo in una scienza era ancora lunga e l’Italia vi contribuì in maniera decisiva grazie a Leonardo da Vinci, che alla fine del XV secolo progettò l’igrometro, a Galileo Galilei, che costruì il suo termometro nel 1607, e a Evangelista Torricelli, che nel 1643 creò il barometro. Ma fu il telegrafo che, permettendo di trasmettere le condizioni del tempo a centinaia di chilometri di distanza, rese possibili analisi su larga scala. E nel 1860, sul quotidiano Times, apparve la prima rubrica di previsioni. In Italia a renderle popolari fu
Edmondo Bernacca (19141993; nella foto),
a partire dal 1957: celebri le sue rubriche in tv “Il tempo in Italia” e “Che tempo fa”. A lui è dedicato un intero museo a Fivizzano (MS),
il colonnello
in Lunigiana. A quei tempi le previsioni si basavano sulla paziente interpretazione “umana” dei dati raccolti da migliaia di stazioni meteo e di palloni-sonda; poi sono arrivati i satelliti a mostrare dall’alto correnti e perturbazioni; oggi ci sono i supercomputer capaci di elaborare milioni di dati al secondo. E così, fino a quando riusciamo davvero a prevedere il tempo? Risponde un altro grande meteorologo come Mario Giuliacci: «Fino a 6-7 giorni. Oltre, è più corretto parlare di “tendenze” e “probabilità”».