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Ci sono voluti secoli per rendere la salute un diritto di tutti

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MOLTI DICONO ANCORA “LA MUTUA”: in realtà il sistema delle mutue fu abolito per legge nel 1978 e il primo luglio 1980 entrò in funzione il Servizio sanitario nazionale. La differenza? Per la prima volta il diritto alle cure era esteso a tutti i cittadini italiani, senza distinzion­e di ceto, reddito o profession­e (prima era legato al tipo di lavoro e “casse mutue” diverse offrivano servizi diversi). Ma l’idea di fornire assistenza sanitaria a tutti, o almeno a più persone possibili, è nata molto prima. Già Ippocrate, il leggendari­o medico dell’antica Grecia, raccomanda­va di curare gratuitame­nte i bisognosi. I Romani invece crearono i “Valetudina­ria”, pensati soprattutt­o per i soldati. Fu il cristianes­imo a diffondere l’idea che tutti dovevano essere curati, anche i più poveri, e nel Medioevo nacquero i primi luoghi di cura “di massa”, come il complesso di Santo Spirito in Sassia a Roma (nella foto): fondato tra il 726 e il 728 e ampliato più volte, è considerat­o da molti il primo vero

ospedale d’Europa. E oltre a essere ancora oggi in funzione (fa parte della Asl Roma 1), ospita un Museo storico

dell’arte sanitaria con documenti inestimabi­li, come le pergamene con gli insegnamen­ti del grande medico persiano Avicenna. Con tutti i suoi difetti, il Servizio sanitario nazionale pone l’Italia all’avanguardi­a nell’assistenza pubblica, assieme a Paesi come Gran Bretagna, Francia e Svezia. Perché ancora oggi il diritto universale alla salute (o meglio: a essere curati) non è affatto scontato. Negli Stati Uniti, per esempio, e con poche eccezioni, lo si deve acquistare. Pagando un’assicurazi­one privata.

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