Quattro opzioni per una donna sola
Sono una giovane donna tra i 30/40 anni, colta, di bell’aspetto, glamour&smart, solare, che ama la vita, gli amici, ma SOLA. Sola, dopo una relazione di quasi sei anni con un uomo più grande, conclusasi all’inizio dello scorso anno per la sua anaffettività che mi faceva sentire rifutata. Da un lato sono soddisfatta, ma a quale prezzo, e cosa me ne faccio di questa libertà se sono sola?! Finora si sono presentate solo possibilità di storie tristi o proposte di uomini dai quali non sono minimamente attratta, oppure sono stata rifutata perché «impegnativa». Ma come fanno le altre a entrare e uscire così facilmente da una storia in un’altra? Sono confusa. Le sole opzioni disponibili per me sembrano queste: 1) ritornare con il mio ex, un’ottima persona che mi offrirebbe non l’amore ma una vita agiata e tranquilla (cosa rara di questi tempi, da valutare!); 2) provare a uscire con un uomo che non mi attrae, pensando che magari potrà nascere qualcosa; 3) decidermi a frequentare i siti di incontri, sperando di non incrociare il nipote di Jack the Ripper; 4) essere meno impegnativa e più disponibile e vedere cosa succede. Dottoressa mia, mi dica che cosa può fare questa ragazza alle soglie dei 40 che non vuole proprio invecchiare sola? Mille grazie! Un abbraccio, — LONELY Cara Lonely, ho perso l’ultima mezz’ora compulsando i vari strumenti grafci di Word per impaginare le tue «opzioni» come un test a risposte multiple. Hai presente quei quadratini dove apporre le crocette? Non ci sono riuscita. E forse è meglio così: forse non meriti il sarcasmo che mi ispirava. Però quel tuo modo così pragmatico, «glamour&smart», per dirla a modo tuo, di declinare le possibili vie d’uscita da una condizione di single, di cui non godi la libertà e patisci la solitudine, mi aveva fatto venir voglia di prenderti neanche troppo bonariamente in giro. Volevo far fnta di essere l’autrice di uno di quei manualetti all’americana ( know how and be happy) che avrei intitolato «Come raccattare un uomo purché sia e vivere felici». Il sottotitolo: «Basta che respiri». Parlando sul serio (perché sotto quel tono frivolo si capisce che c’è malessere vero, che merita rispetto): che cosa intendi per libertà, che lato è, di te, quello che ti fa sentire soddisfatta? Mi par di capire che la soddisfazione viene dall’aver scelto di uscire da una situazione di compromesso, da una relazione comoda, per così dire, ma facca sotto il proflo, reciproco evidentemente, del sentimento. La soddisfazione di aver avuto il coraggio di sottrarti a una condizione frustrante e rinunciataria. Hai scelto te stessa, i tuoi desideri, le tue aspirazioni, la tua idea di amore. Chapeau! E poi che cosa fai, snoccioli una serie di astratte «opzioni», una più frustrante e rinunciataria dell’altra? Della serie «purché mi girino un paio di pantaloni per casa»? Io le tue opzioni le crocetterei tutte, o nessuna: quel che conta sei tu, i tuoi desideri, le tue aspirazioni, la tua idea di amore. Sennò si fnisce come per i disperanti personaggi di Raymond Carver, in quella feroce raccolta di racconti che s’intitola, appunto, Di cosa parliamo quando parliamo d’amore. Già, di cosa parliamo, di cosa parli, Lonely?