QUANDO INCONTRAI MONSTER ROBINSON
Cresce lo scandalo che ha travolto il comico BILL COSBY dopo la pubblicazione degli estratti di un processo del 2005, in cui ammette di aver acquistato dei sonniferi per stordire e violentare. Lo accusano una cinquantina di donne: ne abbiamo ascoltate alc
Il dottor Robinson che balla guancia a guancia con Claire in salotto mentre i loro cinque ¬gli dormono nelle camere al piano di sopra della casa di¾Brooklyn. Così ricordiamo Bill Cosby, 78 anni, protagonista e ideatore dei Robinson (in America The Cosby Show), una delle serie Tv più di successo degli anni ’80. Ma il 5 luglio, grazie alle insistenti richieste dell’Associated Press, il giudice federale ha reso pubblici gli atti di un patteggiamento del 2005 tra l’attore e Andrea Constand, una dipendente della Temple University di Philadelphia, in cui Cosby ammetteva di aver acquistato un potente barbiturico per abusare di lei e alcune altre donne. Il ricordo si appanna. «Finalmente ci dovranno credere», scrivono su Facebook le 48 donne che a oggi accusano il comico di violenze sessuali - accuse che ¬nora i suoi legali hanno smentito e cercato di insabbiare. Abbiamo provato a contattare queste persone, spesso ex modelle e attrici. Hanno risposto in tante raccontando storie durissime, da cui non emerge una celebrità dedita alle scappatelle e al sesso occasionale (come per esempio sostiene la moglie Camille, al suo ¬anco da 51 anni) ma piuttosto un maniaco del controllo, con una doppia personalità: da una parte il «papà d’America», dall’altra il mostro. La dinamica è collaudata: Cosby le chiama per qualche show, ne diventa il con¬dente, rassicura le famiglie, promette aiuto. Poi, a un certo punto, il fatto: le droga, le violenta. E dopo, non ha bisogno di chiederne il silenzio. Il tutto avviene anche in altri casi di consolidata «amicizia», com’è successo a Marcelle Tate, nel 1975 a
Chicago: «Ci conoscevamo da tanto, un giorno andai a prenderlo all’aeroporto. Mi o»rì un drink e poi ricordo di aver riaperto gli occhi accanto a Bill Cosby nudo, senza che riuscissi a difendermi». O a Beth Ferrier, nel 1986: «Ero la sua amante da due anni. Un giorno andai a trovarlo in camerino, mi offrì un cappuccio e tutto iniziò a girare. Mi risvegliai nel parcheggio mezza svestita». Un racconto, su tutti, colpisce: quello di Jennifer Kaya Thompson, che non è mai stata drogata con barbiturici e tecnicamente non ha subito una violenza ¬sica. La sua storia è quella di una droga che papà Robinson conosce bene: la manipolazione. Ci tiene molto a parlare – anche se il coraggio lo ha trovato da poco – perché è sicura che ci siano decine di donne come lei, ancora spaventate, che restano nell’ombra. «Quando l’agenzia mi ha detto che Bill Cosby voleva incontrarmi per un provino, sono quasi svenuta dalla felicità, per la mia famiglia era un idolo», racconta Jennifer. È il 1988, ha 17 anni, e da poco fa la modella. S’incontrano a New York, al suo show. «Era un uomo brillante e gentile, e sembrava interessato ai miei sogni». Le chiede di conoscere i suoi genitori e due settimane dopo sono tutti invitati a cena. «I miei si ¬davano di lui. Cosby giurò a mia madre che mi avrebbe fatto da “papà” a New York». E così è. Nei mesi seguenti, Jennifer frequenta casa sua. «Mi riempiva di regali: vestiti, biglietti per eventi sportivi, cene. A volte avevo la sensazione che fossero attenzioni eccessive, ma il pensiero che i miei lo amassero mi tranquillizzava». Una sera, dopo una brutta giornata sul set, Jennifer gli telefona. «Cosby mi mandò, per distrarmi, a uno spettacolo di cabaret. Poi mi invitò a casa sua. Una volta soli, mi chiese di riparlare dei motivi per cui mi sentivo triste. Poi mi propose una parte in un ¬lm. E aggiunse: “Stasera dormi qui, non ti lascio andare via in queste condizioni”». Nonostante i suoi 17 anni, Jennifer capisce di essere in pericolo, ¬nge di stare molto male e va a casa. «Dopo quell’episodio cercai di evitarlo in tutti i modi». Ma a Cosby non piacciono i ri¬uti. «Mi chiamava, pretendeva. Era un predatore a»amato e io la vittima perfetta». Lei è sempre più in panico. Scrive una poesia dura ( Receive a phone call from the Big man/Who says he has a plan/He is a thief, a hypocrite and a whore/Who only wants more) e gliela manda via posta. Lui non risponde alla lettera, ritelefona. «Mi disse che ero emotivamente fragile e mi ¬ssò un pranzo con uno psichiatra: quello dello sta» del Cosby Show. Mi vengono i brividi a pensare che ci fosse uno psichiatra a disposizione del cast e mi è chiaro il meccanismo: gli serviva un documento che stabilisse che ero pazza, e chissà con quante lo ha fatto». Cosby insiste che Jennifer deve sottoporsi a cure in un ospedale psichiatrico. «Ma anche che tutto si sarebbe risolto con il suo aiuto, mi avrebbe comprato un’auto e pagato il college». Una volta a casa inizia ad accarezzarla. «Volevo scappare ma ero immobile, la trappola era scattata. Mi disse: “Vai a prendere la vaselina”. Io ero in suo potere, come un robot eseguii l’ordine: voleva che lo masturbassi». Cosby le lascia 700 dollari sul tavolo. Non si rivedranno più. «Uscii da lì e lasciai per sempre New York e la mia serenità accanto a un Áacone di lubri¬cante».