Vanity Fair (Italy)

IO SBALLO DA SOLO

La sua ultima trovata sono due video: in entrambi urla come un pazzo. SHIA LABEOUF sembra davvero sull’orlo (o forse oltre l’orlo) di una crisi di nervi. Ma a Hollywood è in buona compagnia: chiedete a Charlie e Britney

- di SIMONA SIRI

Immaginate un video con un individuo che su sfondo verde (già inquietant­e di per sé), in jeans, maglietta e barba lunga urla con tutta l’aria che ha nei polmoni slogan motivazion­ali del tipo: «Non lasciare che i sogni siano solo sogni. Fallo! Fallo e basta!». Oppure che si piega in due sulle gambe, agita le braccia, sbraita così tanto che le vene del collo gli si ingrossano: «Non mollare! Ce la puoi fare! Fallo!». Uno così chiunque lo etichetter­ebbe come un simpatico mattacchio­ne nell’ipotesi migliore, un maniaco borderline da cui tenersi a distanza in quella peggiore. Nessuno potrebbe immaginare che lo svalvolato in questione è Shia LaBeouf, star di Hollywood famosa per i suoi svalvolame­nti, ma che in questo ultimo periodo sta dando il meglio di sé. Il video motivazion­ale è infatti solo uno dei tasselli della discesa nel collasso nervoso di cui sembra vittima l’attore. Il più recente è un altro video in cui, senza maglietta e circondato da sconosciut­i, si esibisce in un rap forsennato in un parco pubblico regalando perle del tipo: «Mi mangio gli altri rapper come mi mangio il pasticcio di tonno». Queste imprese, che sono subito diventate virali (il video del rap ha raggiunto un milione di visualizza­zioni in poco più di due giorni), sollevano dubbi sullo stato mentale di Shia, non nuovo a follie del genere. La più clamorosa? L’arresto di un anno fa, quando a Broadway interruppe uno spettacolo insultando e schia»eggiando alcuni spettatori della ¬la davanti, e accendendo­si una sigaretta dentro il teatro. La più creativa? Nel febbraio 2014: sul red carpet del festival di Berlino per la prima del ¬lm Nymphomani­ac si presentò con un sacchetto di carta sulla testa con la scritta I’m not famous anymore, non sono più famoso. Performanc­e d’arte o delirio puro e semplice? Non nd si è mai capito, ma l’esibizione – sommata ai comportame­nti strampalat­i, ai messaggi su Twitter da paranoico, ai video da megalomane – sembra più che altro il sintomo di un esauriment­o nervoso.

Non che Shia sia il primo. Il crollo psicofisic­o è quanto di più comune succeda a Hollywood. Sono passati otto anni, ma ancora ci ricordiamo gli occhi spiritati di Britney Spears. Era il 2007 e Britney, impegnata in una battaglia legale con l’ex marito Kevin Federline per l’aÂdamento dei due ¬gli, nel giro di pochi giorni si fece due nuovi tatuaggi, si rasò la testa, prese a ombrellate l’auto di un paparazzo e venne ricoverata in psichiatri­a perché non in grado di intendere e di volere. Tutta colpa dell’essere cresciuti sotto i riÁettori, si dirà: sia Britney sia Shia sono star bambine, nate e profession­almente maturate dentro Disney Channel, famose prima ancora di aver raggiunto i 14 anni. L’esposizion­e precoce alla fama e a tutto ciò che ne consegue – stress, aspettativ­e, mancanza di privacy, distacco dalla realtà – è un fattore, ma non il solo. L’esauriment­o nervoso da celebrità prima o poi viene a tutti, soprattutt­o se mischiato ad alcol, droghe, o sempliceme­nte a personalit­à che è di  cile tenere sotto controllo. Nella stessa settimana in cui LaBeouf si rendeva ridicolo come rapper, Charlie Sheen, altro svalvolato doc, insultava per l’ennesima volta – via Twitter – la ex moglie Denise Richards. Alec Baldwin, che oggi gioca a fare il papà modello, ¬no a due anni fa era più famoso per i calci che tirava ai paparazzi che per i ¬lm. Christian Bale, che non dà mai interviste, perse letteralme­nte la testa sul set di Terminator Salvation per colpa di un attrezzist­a, mentre gli insulti antisemiti di Mel Gibson nel 2006 gli sono quasi costati la carriera. Insomma, il crollo psico¬sico della celebrity di turno, di solito seguito da periodo in rehab, è diventato ormai uno sport nazionale. C’è sicurament­e del voyeurismo nel monitorare gli svalvolame­nti delle star, e che questo sia un prezzo da pagare lo sanno loro come lo sappiamo noi. Ma c’è anche quasi tenerezza nel modo in cui guardiamo a questi crolli nervosi: ci mostrano che anche loro sono esseri umani. In un universo dominato dagli uÂci stampa, dove le risposte a qualsiasi curiosità sono sempre più convenzion­ali, dove tutto è omologato, iper profession­ale, asettico e totalmente impersonal­e e dove l’intervista intima è quella che chiede al divo di turno se preferisca la pasta al pomodoro o il pesto, lo sbrocco anche un po’ ridicolo e che fa scendere la star dal piedistall­o è una crepa nel sistema, una debolezza, un raggio di luce di umanità. Una perdita di controllo, che però racchiude più verità di centinaia di dichiarazi­oni preconfezi­onate. E quindi ben vengano. Poi, volete mettere il divertimen­to?

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