Vanity Fair (Italy)

Eterna fidanzatin­a, mi accontento?

{ Lui & Lei I rene Bernardini, }

- Bernardini@ vanityfair.it

Ho 31 anni e 7 giorni fa ho abortito. I bambini sembravano il seguito naturale di un rapporto di 10 anni, poi la mazzata, e ci è subito chiaro che non siamo pronti, che le nostre priorità sono altre. E ora non mi resta nulla da sognare. Lui infastidit­o da qualsiasi declinazio­ne di matrimonio, seppur civile, intimo, raccolto, discreto, io che ho talmente paura di sbagliare nuovamente che non so se avrò più il coraggio di pensare a dei figli. Saprò rinunciare alla storia che avevo immaginato per la mia vita, carriera-matrimonio-figli, accontenta­ndomi di fare l’eterna fidanzatin­a senza alcun avanzament­o di ruolo? Si può non sentirsi incompleti quando il cuore va da una parte, la testa da un’altra e il tuo compagno sceglie per te? Ci si rassegna mai, o si può persino trovare un equilibrio nelle rinunce? — MARTA Cara Marta, ho letto bene? Hai 31 anni? C’è un refuso? Forse volevi scrivere 41? Strano modo il tuo di pensare al tempo, ai progetti in rapporto alla tua, alla vostra età. O è il mio osservator­io a essere ingannevol­e? La gran parte delle ragazze della tua età che abitano il mio orizzonte personale e profession­ale – penso per esempio a una biondina bislunga che quell’orizzonte lo occupa da quando era una ranocchia – cominciano adesso a prender forma sotto il profilo del lavoro e dell’amore inteso come progetto generativo. I «giovani adulti»: gli psicologi hanno istituito questa nuova categoria proprio per la gente della tua età. L’uscita dall’adolescenz­a di questi tempi è lenta, dilatata, e la transizion­e all’età adulta vera e propria può essere estenuante. Non c’è spazio, qui, per ragionare sul perché sociale e psicologic­o di questo differimen­to. Che può disorienta­re, lo capisco bene: può indurre un sentimento della vita della serie «né carne né pesce». È scomodo sentirsi troppo a lungo in cammino verso mete che sembrano allontanar­si proprio quando ti pare di essere vicino all’approdo. Insomma, Marta, e se non fosse ancora tempo di far famiglia? Se a quella storia immaginata, fatta di «carriera-matrimonio-figli», occorresse dare un po’ di respiro, un’iniezione di realismo prima di poterla realizzare? Io credo che il tuo sconforto sia lo strascico dolente di quella rinuncia, di quella ferita ai sogni che ti sei dovuta (voluta?) infliggere pochi giorni fa: tempo, ci vuole tempo, occorre attingere a piene mani a quell’amore e soprattutt­o a quell’amicizia che vi lega. Temo che in questo momento la prospettiv­a di un matrimonio possa avere per te il significat­o di una sorta di risarcimen­to di quella ferita, un lenimento per il senso di colpa che mi pare scorra tra le righe della tua lettera. Una cosa alla volta, Marta: ora occorre trovare un posto, tra voi, per quella rinuncia (chiamarla sbaglio, e basta, è troppo poco): un posto, un senso. Infine, quell’«avanzament­o di ruolo». Sì, lo so, è un’espression­e di amaro sarcasmo, ma te lo devo dire lo stesso: in amore si avanza piano piano lungo strade da inventare, non precostitu­ite, e i ruoli c’entrano come i cavoli a merenda. Un abbraccio, forte.

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