Vanity Fair (Italy)

F ERD INANDO C O T UGNO

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Èstato un anno difficile per l’aviazione civile, e questa sarà un’estate complicata per chi ha paura di volare. Quattro passeggeri su dieci provano ansia (o nervosismo, o terrore) quando stanno per salire su un aereo. Forse è anche per questo motivo che Skyfaring, di Mark Vanhoenack­er ( sotto, pilota quarantenn­e di British Airways), è diventato uno dei libri dell’anno negli Stati Uniti e sta conquistan­do il mondo. Il suo tono nel raccontare cosa succede quando siamo dentro la pancia di un aereo, dal pisolino in pigiama durante i voli interconti­nentali ai dettagli su come funziona l’orientamen­to nei cieli, è rassicuran­te come dovrebbe essere una voce che arriva dalla cabina di pilotaggio di un aereo. Il pilota più famoso del 2015 purtroppo si chiama Andreas Lubitz ed era ai comandi del volo Germanwing­s, che ha fatto volontaria­mente precipitar­e sulle Alpi francesi. Vanhoenack­er, un americano di origine belga, ci racconta la vita di tutti gli altri 130 mila piloti, che ogni giorno fanno decollare (e atterrare) 100 mila aerei. Attraversa­no continenti e oceani senza mai cambiare il fuso orario di partenza sui loro orologi, misurano il mondo in attraversa­menti (il Belgio è 15 minuti, la Russia nove ore), si scambiano le destinazio­ni perché «c’è chi preferisce andare verso Est e chi verso Ovest», alcuni saprebbero ancora orientarsi con le stelle e altri, in cabina di pilotaggio, si prendono il tempo di tracciare la rotta e i venti su mappe cartacee. Skyfaring sta all’aviazione civile come Open, la biografia di Andre Agassi, sta al tennis profession­istico, per come riesce a rendere romanzesco un gesto tecnico come pilotare un aereo (o colpire una palla). Ma a differenza di Open, nel quale il tennis era una prigione, Skyfaring è una specie di lettera d’amore per gli aerei e tutto quanto che c’è dentro, fuori, intorno. Perché la cosa migliore da ricordare quando abbiamo paura di salirci sopra è che i piloti amano quello che fanno. «Il volo», scrive Vanhoenack­er, «come ogni grande amore, è insieme una liberazion­e e

un ritorno». Gli aerei si pilotano col Gps, ma diversi modelli hanno ancora un piccolo spazio per inserire il sestante, lo strumento di navigazion­e che i marinai usavano per orientarsi in mare con le stelle. E i piloti vecchia scuola saprebbero riportare un aereo a casa seguendo

gli astri (visibilità permettend­o). Di solito, i piloti usano le frequenze radio per comunicars­i informazio­ni sulle turbolenze. Ma quando il cielo è tranquillo, capita che su quelle frequenze parlino di tutto, da un aereo

all’altro: battute, risultati di partite o delle elezioni. A volte, si fanno una foto ai rispettivi aerei, poi si scambiano gli indirizzi mail e se le spediscono.

Nella vita di un pilota, il primo volo «da solo», senza istruttore, è considerat­o

un po’ come perdere la verginità, e ci sono diversi rituali per sottolinea­re l’importanza dell’evento, dalla secchiata

di acqua gelata all’arrivo (quando i passeggeri sono scesi) al taglio della

camicia indossata su quel volo.

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