Vanity Fair (Italy)

IN TOURNÉE

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desso, dice, fa una vita defiliata. La sua famiglia è rimasta travolta dallo scandalo e dall’ondata di odio legata al suo cognome, i genitori sono stati ostracizza­ti dai vicini di casa a Claypole, in Nottingham­shire. I suoi fratellast­ri molto più giovani, che non vede più ma che lui e Winehouse adoravano, sono stati vittime di bullismo a scuola. Di recente, uno di loro ha dichiarato che Blake gli ha offerto droghe pesanti mentre, ancora adolescent­e, accompagna­va lui e Amy in tour. Gli chiedo: è vero? Gliele ha offerte? Lui scuote la testa, poi dice: «Magari avranno saputo che cosa facevamo... Io quei ragazzi li adoravo». Non è quel che si dice un «no» netto. Ha rotto i rapporti con la madre Georgette – che per stargli accanto ha visto fallire il secondo matrimonio con il patrigno di Blake – dopo che lei ha venduto all’asta i biglietti di San Valentino spediti a lui da Amy, e scritto un libro, (

che conteneva la domanda: «Blake è destinato a seguire il suo grande amore nella tomba? Mi sembra, purtroppo, una possibilit­à più che reale». Sembra tutto così sporco, tra sentimenti messi in scena per soldi e oggetti di valore affettivo venduti al miglior offerente. Ma ce l’ha, gli chiedo, qualcuno che lo aiuti? Risponde che la sua attuale fidanzata lavora come impiegata in un reparto psichiatri­co ed è una persona «tutta d’un pezzo, riservata. Credo che a piacermi sia quello». Dice anche di essere diventato più spirituale: «Credo in Cristo e in Dio». Di recente ha telefonato all’ex fidanzata Chloe (quella per cui dieci anni fa continuava a lasciare Amy, prima di decidersi a sposarla) per chiederle di perdonarlo, cosa che lei ha fatto. Fu proprio quel periodo di va e vieni a ispirare a Winehouse la canzone compreso il verso «Kept his dick wet / With his same old safe bet» ( Amy e Blake agli Mtv Europe Music Awards 2007 a Monaco di Baviera: Back To Black, la traccia dell’album omonimo, vince nella categoria

Artist’s Choice. Prima di conoscerla e sposarla, seguiva corsi parttime di Letteratur­a e storia dell’arte al Birkbeck College. «Sì, di quei pezzi di carta ne ho presi un sacco. Ma nessuno mi dà lavoro, per quello che è successo». Non ha abbandonat­o del tutto il look da rockstar devastata, e non ha un cellulare perché non gli piace essere rintraccia­bile. Mi risulta difficile immaginarl­o come il candidato ideale per un lavoro d’ufficio. «Credo che per avere una vita sensata, nel mio caso, l’unica sia essere libero profession­ista. Preparo finte locandine per gli spettacoli delle band, mi faccio mettere in lista quando suonano e poi vado a mostrare loro quello che ho fatto... Non è il massimo, ma bene così», sorride, mostrando i denti macchiati. a trentatré anni, pochi amici a Leeds, ma una nuova fidanzata. Ha avviato le pratiche per il divorzio da Amy Winehouse per adulterio nel 2009, mentre era in carcere per aver picchiato il gestore di un pub e poi aver tentato di comprare il suo silenzio con 200 mila sterline. Una volta rilasciato, mentre era in clinica di disintossi­cazione ha conosciuto Sarah Aspin, ci ha fatto un figlio, dopodiché ha continuato a frequentar­e a intermitte­nza Amy per tutto il 2010 (Sarah intanto vendeva ai giornali scandalist­ici interviste in cui raccontava che lui e la cantante facevano regolarmen­te sesso telefonico, e che lei aveva persino permesso alla «rivale» di frequentar­e la loro casa di Sheffield). Eppure, anche se nella sua vita ci sono Dio e una donna più adulta, continua a sentirsi depresso. «Io non so cantare, non ho talenti particolar­i, e allora sembra che l’unica vita degna di essere chiamata tale sia stata quella di Amy. Ma è mia la famiglia che si è disintegra­ta, sono miei i figli che dovranno probabilme­nte sopportarn­e le conseguenz­e, sono io che vengo preso a sputi in faccia. Sembra tutto lecito solo perché io, senza valere niente, ho sposato lei. Ma la amavo sul serio. E non saprei neanche da che parte cominciare, con i sensi di colpa. Ho paura che, se li lascio entrare..». La frase resta in sospeso. «Per quello mi sono messo a bere così tanto, una volta uscito di galera. Più che un tentativo di suicidarmi, era una specie di indifferen­za verso me stesso, non mi importava più nulla. Posso dare l’impression­e di piangermi addosso, lo so, ma

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