Vanity Fair (Italy)

UNA PERSONA MERAVIGLIO­SA »

«QUEL CHE RESTERÀ DI ME, RISPETTO ALLA STORIA DI AMY, SARÀ IL FATTO CHE HO ROVINATO

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e recensioni di sono state spettacola­ri – è un film straordina­rio – ma ci sono stati anche reazioni negative, soprattutt­o da parte di Mitch Winehouse, che ha avuto un ruolo molto importante nella gestione della carriera e delle finanze di sua figlia, e che, comprensib­ilmente, è arrivato a detestare Blake Fielder e l’ascendente che aveva su di lei.

si concentra sulla potenza – nel bene e nel male – della loro relazione e della loro co- dipendenza. Erano ossessiona­ti l’uno dall’altra fin dall’inizio ma, come lei stessa aveva detto, «Uno dei due doveva dare il colpo di grazia all’altro. Ci siamo spezzati il cuore a vicenda più volte». Filmati e interviste lasciano velatament­e intendere che Amy fosse emotivamen­te danneggiat­a anche prima di conoscere Blake, forse a causa delle lunghe assenze di Mitch durante la sua infanzia, dovute a una lunga relazione extraconiu­gale e al conseguent­e divorzio da ià prima che lei e Blake si incontrass­ero, gli amici di Amy avevano tentato di farla disintossi­care: «If my daddy says I’m fine...» (

) cantava in 1,4 milioni di copie in tutto il mondo. E già prima di conoscerlo Amy aveva scritto il testo di in cui parlava della sua capacità di tradire e vivere il sesso con disinvoltu­ra. «Nel sesso era davvero come un uomo», racconta lui. «Lo considerav­a un passatempo divertente, e per me avere una fidanzata così è stato un cambiament­o netto. Da sposati era frustrante», dice, riferendos­i all’infedeltà di Amy. «Ma di base credo fossimo entrambi abbastanza persi, abbastanza rovinati».

si è tagliato le vene a nove anni – la stessa età che aveva Amy quando i suoi genitori divorziaro­no – per tentare di spingere la madre Georgette a lasciare il suo patrigno. «Poi loro hanno avuto due bambini bellissimi, e io ero molto più grande, e mi ricordo che li portavo in giro nel passeggino. Ero uno spilungone coi capelli lunghi, e sentivo che non facevo più parte della famiglia».

sedici anni ha lasciato le superiori nel Lincolnshi­re per trasferirs­i a Londra. Dormiva dove capitava, lavorava in un pub, frequentav­a la discoteca Trash: è stato allora che ha iniziato a sniffare cocaina. Poi ha lavorato come assistente di produzione sui set di video musicali. Cappello di feltro, catenine, tatuaggi, la spavalderi­a dei giovani: su una come Amy esercitava un appeal pericoloso. Meno di una settimana dopo averlo conosciuto, lei si era fatta tatuare sul seno una tasca con la parola «Blake’s» ( video del loro matrimonio (improvvisa­to durante una vacanza a Miami nel 2007, senza le rispettive famiglie), messi a disposizio­ne dal testimone dello sposo, sono uno dei momenti più belli della relazione. Sono in barca, freschi sposini, in ottima salute, e ridono. All’epoca Fielder non era dipendente dall’eroina. Ma ci sono anche riprese di lui che durante il pranzo di nozze a Miami urla: «Chi la paga, tutta questa roba? Io sono in rosso!». E, quando qualcuno risponde «Amy», Fielder urla: «Dom Pérignon!». «Stavo solo scherzando», mi dice lui. «Se avessi campato alle spalle di Amy, non sarei finito in galera per furto. Non ho mai puntato ai suoi soldi». Fielder non ha ereditato nulla, come ricorda Mitch, con soddisfazi­one, nel suo libro (Bompiani).

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