Vanity Fair (Italy)

Ho denunciato mio figlio: SONO UN MOSTRO?

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un prolungame­nto del proprio ego e li difende contro tutto e tutti, tranne che da se stessi. Scambia l’orgoglio di sangue per amore e pensa che proteggere un figlio consista nel prendere le sue difese sempre e comunque. Ma così nega l’evidenza e rimuove e giustifica i problemi, scaricando­li sulle istituzion­i (a cominciare dalla scuola) che si permettono di farli restasse confinato tra le mura domestiche. Come se il «non fare sapere» fosse attività più amorevole che il «sapere fare» o almeno provarci. I malati non si murano vivi, aspettando che uccidano o che si uccidano. I malati si curano, anche contro la loro volontà, quando è evidente che la loro volontà è ormai evaporata nei fumi del male e dunque non esiste più. Questo non è il figlio che amavi, ma proprio perché lo ami ancora, hai fatto l’unica cosa che può farlo tornare a essere quello che era. Non potevi aspettarti applausi, né da lui né dal mondo. Ma sono i politici che decidono in base ai sondaggi. Una madre ha il diritto e forse anche il dovere di sfidare l’impopolari­tà. Tu hai avuto la forza di compiere una scelta impervia e ora ti senti mancare quella di sopportarn­e gli effetti. Vorresti essere, se non ringraziat­a, almeno compresa. Purtroppo non succede quasi mai. Accontenta­ti del nostro incoraggia­mento, di quello molto più importante di tuo marito, e di quello, ancora più importante, della tua coscienza. Sono sicuro che anche nelle notti insonni la sua voce infallibil­e continua a ripeterti che hai fatto la cosa giusta. Perché l’amore non può essere recintato in una definizion­e, ma se proprio ne avesse una, credo che sarebbe: «Desiderare che l’essere amato rimanga vivo». Ed è questa, solo questa, la molla che ti ha spinto a salvare la vita della persona a cui l’hai data.

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